Speciale pollo: Regionali: Dolci Il riso: Altre risorse:
|
|
1 PRINCIPALI FRODI AGRO-ALIMENTARI ORGANI DI CONTROLLO E MODALITÀ DI ACCERTAMENTO ROMA SETTEMBRE 2008 2 PRESENTAZIONE Fin dal nostro insediamento, il Ministero delle Politiche agricole e forestali si è impegnato a perseguire una politica di tutela della qualità e della sicurezza delle produzioni agroalimentari, nella convinzione che proprio queste siano le sfide che il settore deve vincere, a fronte del continuo inasprimento della concorrenza internazionale e del peso crescente che simili temi stanno assumendo nellambito della Politica Agricola Comune, anche in vista dellallargamento dellUnione Europea. LItalia ha dunque deciso di puntare su una politica volta a favorire la diffusione di una produzione di altissimo livello, rispettosa dellambiente e capace di garantire appieno gli interessi e la salute dei consumatori. In prima linea, rispetto a tale obiettivo, opera con capacità e rapidità dintervento lIspettorato Centrale Repressione Frodi, diffuso su tutto il territorio nazionale e presente in tutti i segmenti della filiera produttiva. In questi ultimi anni lIspettorato ha ulteriormente intensificato lazione di contrasto di frodi ed illeciti nel campo agroalimentare, attuando inoltre unattività ispettiva sul fronte della produzione biologica ed avviando già dal 2002 un programma mirato per la tutela dei prodotti tipici e a denominazione protetta. Un lavoro importante, che ora viene illustrato da questa pubblicazione: un manuale di facile lettura, che presenta una sintetica descrizione di tutti gli organi di controllo operanti in Italia nel comparto agroalimentare e delle procedure di effettuazione dei controlli. Si tratta di un primo, tangibile contributo che lIspettorato intende dare alla conoscenza del proprio operato, nella consapevolezza che il potenziamento dellattività preventiva e di quella repressiva passa anche attraverso la migliore circolazione delle informazioni. Questa pubblicazione vuole essere un utile strumento a disposizione di tutti: degli ispettori, che hanno necessità di svolgere lattività di vigilanza e di controllo in maniera uniforme, trasparente ed imparziale, ma anche dei produttori e dei consumatori, che da oggi possono consultare una guida chiara e completa delle norme che regolano lintero comparto agroalimentare. GIANNI ALEMANNO MINISTRO DELLE POLITICHE AGRICOLE E FORESTALI 3 INTRODUZIONE La pubblicazione curata da un gruppo di funzionari dell Ispettorato centrale repressione frodi ha lo scopo di fornire indicazioni sintetiche sulla normativa che disciplina il comparto agroalimentare sulle modalità che sono alla base dell attività dell Ispettorato, ad uso del personale stesso e degli operatori. La sintesi delle norme, delle frodi più comuni e delle modalità operative per l effettuazione dei controlli fornisce al corpo ispettivo importanti linee guida per lo svolgimento dell attività; ma nello stesso tempo rappresenta per gli operatori che vengono sottoposti ai controlli un altrettanto utile riferimento, a garanzia della trasparenza ed uniformità all attività ispettiva. Obiettivo principale è, quindi, quello di assicurare che tutti gli Ispettori dell ICRF, a qualsiasi ufficio periferico siano assegnati in organico, operino secondo schemi uniformi. Il volume costituisce pertanto un moderno strumento di gestione del sistema dei controlli. L Ispettorato centrale repressione frodi, organo di controllo posto alle dirette dipendenze del Ministro delle politiche agricole e forestali, ha come funzione istituzionale quella della prevenzione delle frodi nel campo delle produzioni agricole e alimentari e nei mezzi di produzione, nonché di repressione delle frodi stesse che possono essere perpetrate in tali settori. Questo servizio di tutela dei produttori e dei consumatori, può essere meglio svolto se i soggetti controllati e tutelati conoscono bene le norme che disciplinano, rispettivamente, l attività produttiva e quella di rivendicazione dei diritti di consumatori. L Ispettorato Centrale repressione frodi si pone oggi come il garante della qualità e sanità dei prodotti agroalimentari attraverso i controlli che è in grado di effettuare in tutte le fasi di ciascuna filiera produttiva. Questa prima pubblicazione ha necessariamente un carattere sintetico, in quanto comprende sia la descrizione degli organi di controllo oggi esistenti, e sia una presentazione generale dei singoli settori merceologici. Il volume è completato da una descrizione degli aspetti relativi alla disciplina sanzionatoria sia a carattere amministrativo che penale. Le pubblicazioni che seguiranno, con cadenza bimestrale, avranno invece un carattere più settoriale in quanto affronteranno in maniera monografica specifici argomenti. La redazione di questa pubblicazione è stata affidata ad un gruppo di ispettori in servizio presso gli uffici periferici e ciò ha 4 consentito di avvalersi della professionalità e dell esperienza acquisita per conferire al contenuto di tale pubblicazione un carattere estremamente operativo e frutto di una attività vissuta. E con vivo piacere, quindi che esprimiamo i nostri complimenti agli estensori di questa pubblicazione per la capacità di sintesi adoprata nel trattare la complessa e ponderosa attività dell Ispettorato. Un particolare ringraziamento va al Dr. Giuseppe Fraggetta che ha coordinato il gruppo di lavoro apportando alla trattazione di molti argomenti, la sua approfondita esperienza di esperienza maturati in tanti anni di laboriosa attività presso l Ispettorato centrale repressione frodi. L ISPETTORE GENERALE CAPO (DR. GIOVANNI LO PIPARO) 5 PREMESSA Le infrazioni che si riscontrano in campo agroalimentare attraverso i controlli ispettivi ed analitici sono in larga misura riconducibili ad inosservanze di alcuni obblighi imposti dalla normativa vigente in materia, complessa ed in continua evoluzione. La maggior parte delle violazioni accertate sono, infatti, imputabili all insufficiente conoscenza da parte degli operatori delle norme di settore e talora a ritardi e/o difficoltà nell adeguamento a nuove regolamentazioni, così come le irregolarità riscontrate all analisi dei prodotti sono generalmente dovute a fenomeni quali l alterazione, per inidonea o troppo prolungata conservazione, la contaminazione da parte di microbi o di agenti inquinanti, la non corretta manipolazione o lavorazione del prodotto. Le vere e proprie frodi sono invece eventi dolosi, ovvero intenzionali, più rari e gravi, che trovano la loro principale motivazione nel desiderio di profitto, da realizzare rapidamente ricorrendo a mezzi illeciti. Nella pratica vengono attuate tramite operazioni fittizie, falsificazioni documentali ed altri raggiri ed espedienti diretti ad eludere i controlli e ad ingannare l altrui buonafede. La globalizzazione del mercato e l evoluzione delle conoscenze scientifiche hanno determinato la progressiva riduzione delle frodi semplici e grossolane e la comparsa di quelle ad alto contenuto tecnologico, a volte organizzate anche a livello internazionale, molto difficili da scoprire sul prodotto finito, tendenti ad influire su quel complesso di caratteristiche che determinano la qualità dei prodotti e che, a volte, possono avere anche ripercussioni sulla sicurezza alimentare. In Italia, Paese caratterizzato da un prestigioso patrimonio enogastronomico, dovuto all uso di materie prime di qualità eccellente abbinate a tecniche di produzione strettamente connesse al territorio ed al rispetto della tradizione, le frodi in campo alimentare consistono spesso nella falsificazione di prodotti di qualità con prodotti ordinari (es, l impiego di vino da tavola per la produzione di vino a denominazione di origine). La convenienza economica di tali illeciti costituisce, infatti, un incentivo per gli operatori disonesti, nei confronti dei quali l attuale sistema sanzionatorio, in alcuni casi inadeguato, mostra di non avere sufficiente potere deterrente. Inoltre molti aspetti della normativa agroalimentare, spesso farraginosi o soggetti ad interpretazione o non aggiornati rispetto all evoluzione della tecnologia, o ancora di problematica verifica attraverso il controllo, possono anchessi contribuire alla commissione di frodi. 6 La disponibilità delle materie prime, l andamento della campagna produttiva e tutti i fattori congiunturali che influenzano in genere i prezzi di mercato possono concorrere a determinare situazioni che favoriscono la realizzazione di varie fattispecie dolose (es. in concomitanza con l accresciuta richiesta in estate di mozzarella di bufala campana, proprio nel periodo dell anno in cui è minore la disponibilità di materia prima, si registra un aumento degli illeciti dovuti all impiego di latte vaccino, di minor costo, in sostituzione del latte di bufala). 7 CAPITOLO I LE FRODI E GLI ORGANI DI CONTROLLO 1. CLASSIFICAZIONE DELLE FRODI ALIMENTARI Le frodi alimentari vengono classificate secondo gli effetti esercitati sulla composizione e/o gli aspetti esteriori dell alimento in: 1. Adulterazione:Variazione volontaria della naturale composizione dell alimento senza peraltro effettuare aggiunta di altre sostanze (latte scremato e/o parzialmente scremato venduto come latte intero). Questa frode ha riflessi negativi sia commerciali che nutrizionali; 2. Alterazione: Fenomeno solitamente accidentale che modifica la composizione chimica ed organolettica di un alimento (vino acescente, irrancidimento degli oli , ecc..); 3. Sofisticazione: Modifica volontaria della composizione naturale o legale di un alimento mediante l aggiunta di una sostanza estranea (aggiunta di olio di semi agli oli di oliva; aggiunta di saccarosio al vino); 4. Contraffazione: Sostituzione di un alimento con un altro di minor pregio ma che presenta caratteristiche macroscopiche assai affini ( vino da tavola con vino ottenuto da uve da mensa; margarina spacciata per burro). 8 2. ORGANI PREPOSTI ALLA REPRESSIONE DELLE FRODI AGRO-ALIMENTARI IN ITALIA L attività di prevenzione e repressione delle frodi agro-alimentari in Italia è demandata a numerosi organi di controllo ufficiale, variamente articolati e diversificati nelle finalità che l azione di vigilanza si prefigge. I controlli possono essere distinti in due tipologie: 1) controlli indirizzati alla prevenzione e repressione delle infrazioni di natura merceologica, igienico-sanitaria e fiscale in tema di produzione e di commercializzazione dei prodotti agroalimentari e dei mezzi tecnici di produzione, che mirano cioè a garantirne genuinità e sicurezza e ad assicurare la lealtà degli scambi commerciali e della concorrenza nel rispetto della normativa vigente; 2) controlli diretti alla tutela del bilancio comunitario, finalizzati a verificare il corretto utilizzo dei fondi erogati dalla Comunità Europea, a titolo F.E.O.G.A , in numerosi settori del comparto agroalimentare, allo scopo di garantire la salvaguardia degli interessi finanziari comunitari. I principali organismi incaricati dei controlli ufficiali sui prodotti agroalimentari ed i mezzi di produzione, sulle attività di produzione, commercio, somministrazione di alimenti e bevande, nonché in materia di igiene, profilassi e vigilanza veterinaria sugli animali destinati all alimentazione umana, fanno capo sostanzialmente a: § Ministero delle politiche agricole e forestali § Ministero della salute § Ministero dell economia e delle finanze § Regioni e Province autonome § Comuni. 9 2.1 MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE E FORESTALI: 2.1.1 ISPETTORATO CENTRALE REPRESSIONE FRODI: I.C.R.F. Riferimenti normativi: § Legge 7 agosto 1986, n. 462 (art. 10); § Legge 9 marzo 2001, n. 49 (art. 3); § D.M. n. 44 del 13/02/2008; competenze: prevenzione e repressione, anche mediante l esercizio di funzioni di polizia giudiziaria (a norma dell art. 18 della L. 15 dicembre 1961 n.1304), delle frodi nel comparto agroalimentare, tutela economica dei consumatori e tutela dei produttori onesti, mediante controlli articolati lungo tutta la filiera, diretti ad accertare la qualità merceologica e la genuinità dei prodotti agroalimentari (vitivinicoli, oli e grassi, lattiero-caseari, cereali e derivati, conserve vegetali, miele, agrumi) e dei mezzi tecnici di produzione agricola (mangimi, sementi, fertilizzanti e prodotti fitosanitari). compiti accessori: irrogazione di sanzioni amministrative pecuniarie principalmente in materia di: frodi a danno della Comunità (legge n. 898/86) e della finanza nazionale, violazioni nei settori oleario e vitivinicolo (legge n. 460/87 e successive modificazioni, D. Lgs. n. 260/2000); vigilanza sui prodotti a DOP,IGP e AS di cui ai Regg. CEE 2081/92 e 2082/92 da espletarsi anche in collaborazione con i Consorzi di tutela autorizzati; L art. 3 della L. 9 marzo 2001, n. 49 (legge BSE) ha posto l Ispettorato alle dirette dipendenze del Ministro delle politiche agricole e forestali, riconoscendone la piena autonomia organizzativa ed amministrativa. L I.C.R.F. si articola in 6 uffici centrali, con funzioni di indirizzo, coordinamento programmazione e monitoraggio dell attività, gestione economica e del personale e irrogazione di sanzioni amministrative, 11 Uffici periferici ispettivi dirigenziali con 16 sedi distaccate, 5 laboratori dirigenziali, 4 sezioni distaccate, oltre a 3 sezioni temporanee operative fino al 31.12.2005. 10 Uffici centrali: UFFICIO I: programmazione delle attività istituzionali; monitoraggio e valutazione dei programmi annuali di attività; rapporti con gli altri organismi di controllo nazionali e comunitari; attività di studio nelle materie di competenza dell Ispettorato; UFFICIO II: indirizzo e coordinamento operativo dell attività ispettiva svolta dagli Uffici periferici nei vari settori merceologici; elaborazione ed aggiornamento periodico dei dati riguardanti l attività ispettiva svolta; UFFICIO III; indirizzo e coordinamento operativo dell attività dei laboratori; aggiornamento delle metodiche ufficiali di analisi; armonizzazione, per glia aspetti tecnico-analitici, delle norme interne in materia di prevenzione e repressione delle frodi agro-alimentari con quelle degli altri Paesi; UFFICIO IV: trattamento giuridico ed aggiornamento professionale del personale; mobilità; contenzioso del lavoro; relazioni sindacali; UFFICIO V: affari generali; gestione capitoli di bilancio; trattamento economico del personale; conto annuale delle spese sostenute per il personale; tenuta della contabilità analitica; controllo di gestione; stipula di convenzioni; informatizzazione; UFFICIO VI: irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniaria nelle materie di competenza; indirizzo e coordinamento dell attività sanzionatoria svolta dagli Uffici periferici; esame delle problematiche giuridiche nelle materie attinenti all attività istituzionale dell Ispettorato. Uffici periferici ispettivi dirigenziali e sedi distaccate: 1) Ufficio di Torino con sedi distaccate ad Asti e Genova. Circoscrizione operativa nelle province di: AL, AO, AT, BI, CN, NO, TO, VB, VC, GE, IM, SP, SV; 2) Ufficio di Milano con sede distaccata a Brescia. Circoscrizione operativa tutto il territorio della Regione Lombardia; 3) Ufficio di Conegliano Veneto con sedi distaccate ad Udine e Verona. Circoscrizione operativa nelle province di BL, PD, RO, TV, VE, VR, VI, BZ, TN, GO, PN, TS, UD; 4) Ufficio di Bologna con sede distaccata Modena. Circoscrizione operativa nelle province di: BO, FE, FO, MO, PR, PC, RA, RE, RN; 11 5) Ufficio di Firenze con sedi distaccate a Pisa, Ancona e Perugia. Circoscrizione operativa nelle province di: AR, FI, GR, LI, LU, MS, PI, PT, PO, SI, AN, AP, MC, PS, PG, TR; 6) Ufficio di Roma con sede distaccata Pescara. Circoscrizione operativa nelle province di: FR, LT, RI, RM, VT, AQ, CH, PE, TE; 7) Ufficio di Napoli con sedi distaccate a Salerno, Potenza e Campobasso: Circoscrizione operativa nelle province di AV, BN, CE, NA, SA, MT, PZ, CB, IS; 8) Ufficio di Bari con sede distaccata Lecce. Circoscrizione operativa tutto il territorio della Regione Puglia; 9) Ufficio di Cosenza. Circoscrizione operativa tutto il territorio della Regione Calabria; 10) Ufficio di Palermo con sede distaccata Catania. Circoscrizione operativa tutto il territorio della Regione Sicilia; 11) Ufficio di Cagliar i. Circoscrizione operativa tutto il territorio della Regione Sardegna. Laboratori di analisi dirigenziali e sedi distaccate: 1) Laboratorio di Conegliano Veneto con sezione staccata a Milano; 2) Laboratorio di Modena con sezioni distaccate Bologna (attiva fino al 31/12/2005) e Genova; 3) Laboratorio di Perugia con sezioni distaccate Cagliari, Firenze e Roma, queste ultime due attive fino al 31/12/2005; 4) Laboratorio di Salerno con sezione distaccata Bari; 5) Laboratorio di Catania. 2.1.2 DIREZIONE GENERALE PER LE POLITICHE AGROALIMENTARI Riferimenti normativi: § Reg. CEE n. 4045/89, modificato dal Reg. CEE n. 3094/94; § Decreto Interministeriale 1 aprile 1996; § D.P.R. 28 marzo 2000, n. 450. competenze: servizio specifico di cui al Reg. 4045/89: coordinamento dei controlli FEOGA Garanzia nel settore degli interventi di mercato e delle restituzioni alle esportazioni. Detti controlli sono diretti alla verifica della realtà e della regolarità delle operazioni finanziate dal FEOGA Garanzia (controlli contabili a posteriori) attraverso la verifica contabile di tutta la documentazione commerciale posta in essere in relazione alle operazioni 12 FEOGA, sia dalle imprese beneficiarie dei finanziamenti, sia da terzi (fornitori, clienti, vettori o altro) che abbiano avuto rapporti con loro; elaborazione della relazione annuale sull applicazione del Reg. CEE n. 4045/89; mutua assistenza agli altri Stati membri per controlli da effettuarsi su ditte o terzi stabiliti in Paesi diversi da quello in cui il pagamento del beneficio è stato percepito. Ai citati controlli collabora la Guardia di Finanza, tramite i Nuclei di Polizia tributaria competenti per territorio, per la verifica della documentazione fiscale. Rapporti con l OLAF (Ufficio europeo per la lotta alle frodi) per quanto concerne le comunicazioni sui casi di irregolarità inerenti i controlli effettuati dai vari organismi deputati ai controlli sugli interventi di mercato. 2.1.3 DIREZIONE GENERALE DELLA PESCA Capitanerie di porto, che espletano presso i por ti italiani controlli sulle merci e sulle derrate provenienti da altri Paesi (soprattutto extracomunitari). 2.1.4 CORPO FORESTALE DELLO STATO (C.F.S.) Riferimenti normativi: § Decreto Legislativo 12 marzo 1948, n. 804; § Decreto Interministeriale 1 aprile 1996; § Legge 9 marzo 2001, n. 49; § D.M. 9 maggio 2001. competenze: controllo del territorio; polizia forestale ed ambientale (con particolare riferimento alla repressione dei reati ambientali); sorveglianza delle cosiddette aree protette; attività di controllo diretta alla prevenzione e repressione degli illeciti relativi all applicazione di taluni Regg. CEE che disciplinano la concessione di contributi comunitari: aiuto per il ritiro dei seminativi dalla produzione, aiuto all estensivizzazione della produzione agricola, misure di accompagnamento (Reg. 2078 e 2080) nonché verifica della correttezza di alcune operazioni rientranti nel sistema di finanziamento del F.E.O.G.A.- Garanzia, ai sensi del Reg. CEE n. 4045/89. Inoltre, per conto di AGEA, espletamento di controlli, in materia di tabacco e di zucchero. Infine svolge controlli in materia di sicurezza alimentare (tramite il Nucleo Agroalimentare e Forestale N.A.F.). Attualmente il Parlamento sta esaminando un progetto di legge che prevede la riforma dell ordinamento del C.F.S.. 13 2.1.5 COMANDO CARABINIERI POLITICHE AGRICOLE Riferimenti normativi: § Legge 4 dicembre 1993, n. 491; § D.P.R. 28 marzo 2000, n. 450; § D.M. 20 agosto 2001. competenze: controlli straordinari diretti alla repressione degli illeciti commessi in violazione di norme comunitarie nei settori agricolo ed agroalimentare, con particolare riferimento all indebita percezione di aiuti erogati dalla Comunità; attività di controllo sulle operazioni di ritiro e vendita di prodotti agroalimentari, compresi gli aiuti destinati ai Paesi in via di sviluppo; verifica, a livello generale, della corretta applicazione delle norme comunitarie nel settore specifico, spesso in concorso con l I.C.R.F. 2.2 MINISTERO DELLA SALUTE : 2.2.1 DIPARTIMENTO DEGLI ALIMENTI, NUTRIZIONE E SANITÀ PUBBLICA VETERINARIA Riferimenti normativi: § D.P.R. 7 dicembre 2000, n. 435. competenze: programmazione, coordinamento ed indirizzo delle azioni di spettanza statale, anche derivanti da obblighi comunitari, da esercitarsi su tutta la filiera alimentare, a tutela dell igiene e della salute sia umana che animale; polizia veterinaria, profilassi delle malattie degli animali, disposizione di controlli sulla salute e sul benessere degli animali;smaltimento e trasformazione di rifiuti di origine animale; sicurezza alimentare; autorizzazione alla produzione ed immissione in commercio di prodotti fitosanitari e dei prodotti destinati ad unalimentazione particolare; autorizzazione alla produzione di additivi, integratori per mangimi, specialità medicinali e dispositivi per uso veterinario. 14 2.2.2 ISTITUTO SUPERIORE DI SANITÀ (I.S.S.): Riferimenti normativi: § D.P.R. 20 gennaio 2001, n.70 competenze: funzioni e compiti tecnico-scientifici e di coordinamento tecnico in materia sanitaria, attività di ricerca, sperimentazione e controllo e di formazione per quanto concerne la salute pubblica. Svolge inoltre attività di revisione danalisi per conto dell Amministrazione sanitaria. l I.S.S., ente di diritto pubblico, dotato di autonomia scientifica, organizzativa, amministrativa e contabile, opera a livello centrale sotto la vigilanza del Ministero della salute 2.2.3 UFFICI PERIFERICI DI SANITÀ MARITTIMA ED AEREA ED UFFICI DI CONFINE TERRESTRE: competenze: vigilanza sull importazione di merci, specie di origine vegetale, destinate all alimentazione umana ed animale, ovvero su animali e prodotti di origine animale provenienti da Paesi terzi; rilascio di autorizzazioni sanitarie per l esercizio di stabilimenti di produzione, preparazione, confezionamento e deposito all ingrosso di prodotti alimentari; vigilanza sull igiene degli alimenti in generale e sul personale addetto alla preparazione, manipolazione e vendita di sostanze destinate all alimentazione umana; per l attività analitica, questi Uffici si avvalgono dei laboratori pubblici che effettuano accertamenti ufficiali sui prodotti alimentari (Presidi Multizonali di Prevenzione (P.M.P.), Istituti Zooprofilattici Sperimentali (I.Z.S.), Agenzie Regionali per la Protezione dell Ambiente (A.R.P.A.); 2.2.4 POSTI DI ISPEZIONE FRONTALIERA (P.I.F.): competenze: vigilanza di carattere veterinario su animali e prodotti di origine animale provenienti da Paesi terzi e destinati al mercato comunitario, ovvero solo in transito nel territorio della Comunità, al fine di verificare il rispetto delle garanzie di sanità fornite dal paese esportatore; 15 2.2.5 UFFICI VETERINARI PER GLI ADEMPIMENTI COMUNITARI (U.V.A.C.): competenze: controlli sugli animali e sulle derrate alimentari di origine animale di provenienza comunitaria, con determinazione delle percentuali di controllo a seconda del tipo della merce e del luogo dorigine; applicazione dei provvedimenti restrittivi adottati in materia dal Ministero (in collaborazione con le AA.SS.LL.); verifica dell uniformità delle attività di controllo effettuate dai servizi veterinari delle AA.SS.LL. (in collaborazione con le Regioni); gestione dei flussi informativi concernenti le merci oggetto di scambi all interno della Comunità. 2.2.6 COMANDO CARABINIERI PER LA SANITÀ (N.A.S.) Riferimenti normativi: § Legge 13 marzo 1958, n. 296; § Legge 30 aprile 1962, n. 28; § Legge 26 febbraio 1963, n. 441; § D.M. 25 gennaio 1979 I Nuclei antisofisticazione e sanità (N.A.S.), dell Arma dei Carabinieri, funzionalmente dipendenti dal Ministero della Salute, operano, principalmente nell ambito della prevenzione e repressione delle frodi agroalimentari, con competenza su tutto il territorio nazionale e con strutture articolate a livello periferico competenze: controlli ordinari e straordinari, esercitati su tutto il territorio nazionale, diretti a vigilare sulla disciplina igienico-sanitaria della produzione, commercializzazione e somministrazione di sostanze alimentari e bevande, a tutela dell igiene e della salute pubblica; lotta alle sofisticazioni nel settore dei prodotti destinati all alimentazione (sia umana che animale), dei prodotti dietetici, dei fitofarmaci, delle specialità medicinali e veterinarie. 2.3 MINISTERO DELL ECONOMIA E DELLE FINANZE: 2.3.1 AGENZIA DELLE DOGANE 16 competenze: espleta controlli per le restituzioni alle esportazioni e collabora, per quanto concerne i pagamenti inerenti gli interventi di mercato, con la Direzione generale delle Politiche Agroalimentari del MIPAF; effettua la verifica delle merci in entrata e uscita dal territorio nonché tiene rapporti con l OLAF per la comunicazione dei casi di irregolarità sui settori inerenti le restituzioni all esportazione. Nell ambito dell Agenzia operano gli uffici tecnici di finanza UU.TT.FF., ai quali sono demandati atti di vigilanza, accertamenti e verifiche tecnico-amministrative ed i laboratori chimici delle Dogane che espletano controlli analitici per conto della Pubblica Amministrazione sulla natura e sulle caratteristiche delle merci sia nazionali che dimportazione, concorrendo alla repressione delle frodi anche in campo agroalimentare. 2.3.2 GUARDIA DI FINANZA Riferimenti normativi: § Legge 23 aprile 1959, n. 189; § Legge 6 febbraio 1996, n. 52 (art. 55); § Legge 21 dicembre 1999, n. 526 (art. 30); § D. Lgs. 19 marzo 2001, n. 68. competenze: in generale, controlli diretti alla tutela degli interessi economici e finanziari nazionali ed alla prevenzione e repressione delle violazioni in materia di: imposte, tasse ed ogni altro ti po di tributo di spettanza erariale o locale, diritti doganali ed altre risorse proprie, demanio e patrimonio dello Stato, mercato valutario e movimentazioni finanziarie, diritti dautore, marchi e brevetti; a seguito della creazione del Mercato Comune ed all abbattimento delle barriere doganali, compiti di controllo diretti alla repressione delle frodi agroalimentari comunitarie connesse allo svolgimento di operazioni doganali e/o fiscali, nonché alle indebite percezioni di aiuti comunitari (art. 640 bis c.p. ed art. 2 della legge n. 898/86), anche attraverso gli interventi di un apposito gruppo specializzato (Nucleo Speciale Repressione Frodi Comunitarie), che tiene i rapporti con l Organismo comunitario (O.L.A.F.) deputato a coordinare l azione di tutela degli interessi finanziari della Comunità. 17 2.4 GLI ORGANI REGIONALI E LOCALI DI CONTROLLO L organizzazione amministrativa delle Regioni e Province autonome prevede, per quanto riguarda i controlli sull igiene degli alimenti e delle bevande, l istituzione di appositi uffici all interno di strutture organizzative facenti parte degli Assessorati dell area sociosanitaria, che si occupano dell esercizio delle competenze regionali in materia di igiene pubblica e di veterinaria. I compiti dei suddetti Uffici sono quelli di programmazione, indirizzo, coordinamento e controllo dell attività dei servizi e presidi delle Aziende sanitarie locali che operano nel campo dell igiene alimentare. 2.4.1 AZIENDE SANITARIE LOCALI (AA.SS.LL.): SERVIZI DI IGIENE PUBBLICA E SERVIZI VETERINARI competenze: verifica del rispetto delle norme digiene nelle fasi di produzione, lavorazione, distribuzione e commercio degli alimenti e delle bevande; profilassi e polizia veterinaria; ispezione e vigilanza veterinaria sugli animali destinati all alimentazione umana, sugli impianti di macellazione e di trasformazione delle carni animali, sull alimentazione zootecnica (mangimi) e sugli alimenti dorigine animale, sugli allevamenti e la salute animale, sui farmaci duso veterinario A livello territoriale operano inoltre i seguenti laboratori pubblici di controllo: Presidi multizonali di prevenzione, che svolgono accertamenti analitici per il controllo e la tutela dell igiene ambientale ed alimentare, gli Istituti Zooprofilattici sperimentali, che effettuano esami di laboratorio su alimenti di origine animale e mangimi e le Agenzie Regionali per la protezione dell ambiente A.R.P.A.. 2.4.2 OSSERVATORI FITOSANITARI REGIONALI espletano attività di vigilanza sulla corretta applicazione delle norme in materia fitosanitaria; 2.4.3 STRUTTURE REGIONALI INCARICATE DI ESERCITARE LA VIGILANZA SUGLI ORGANISMI DI CONTROLLO espletano attività in materia di agricoltura biologica e sugli Organismi di certificazione delle produzioni a D.O. P. ed I.G.P.; 18 2.4.4 SERVIZI DI REPRESSIONE FRODI IN MATERIA VITIVINICOLA presenti solo in alcune Regioni, come il Piemonte e la Sicilia ed operanti a livello provinciale ad esempio, nella zona di Cuneo, Vercelli e Verbania; 2.4.5 ISPETTORI ANNONARI dipendenti dall Assessorato all Annona dei Comuni, svolgono controlli di tipo metrologico (temperatura di frigo-conservazione), sui prezzi e sull etichettatura dei prodotti alimentari; 2.4.6 VIGILI SANITARI con competenze inerenti alla verifica della corretta applicazione delle norme igieniche e sanitarie relative agli alimenti ed alle bevande; 2.5 AGECONTROL S.P.A. Riferimenti normativi: § Legge 23 dicembre 1986, n. 898. competenze: l Agenzia cofinanziata dalla Comunità Europea è incaricata della verifica della corretta applicazione delle norme comunitarie relative alla O.C.M. del settore oleario ed alla classificazione degli oli, attraverso controlli a carico di Associazioni ed Unioni di produttori olivicoli, singoli produttori, frantoi riconosciuti, raffinerie, aziende di confezionamento, sansifici, rivendite commerciali; verifiche agronomiche, tecniche, fisiche e documentali al fine di accertare tutte le operazioni di acquisto, magazzinaggio, confezionamento, vendita e stoccaggio concernenti l olio di oliva e l olio di sansa di oliva; accertamento e contestazione di frodi commesse nel settore oleario mediante l indebita percezione e/o richiesta di aiuti comunitari alla produzione ed al consumo dell olio di oliva (fino alla soppressione di tale ultimo regime di contributi), nonché allo stoccaggio. 19 CAPITOLO II I CONTROLLI E LE FRODI PIÙ FREQUENTI NEI PRINCIPALI SETTORI AGROALIMENTARI SETTORE VITIVINICOLO Riferimenti normativi: § Reg. CE n.1493/99;Reg. CE 1227/00; § Reg. CE 1607/00 ; Reg. CE1622/00; § Reg. CE 1623/00; Reg. CE 2729/00; § Reg. CE 883/01; Reg. CE 884/01; § Reg. CE 1282/01; Reg CE 753/02 § D.P.R. 12.02/1965 n. 162; § Legge 10/2/1992 n.164; § D.M. n. 768 del 19/10/1994; § D.L.vo n. 260 del 10/8/2000; § D.M. 14/09/2001. La vigente normativa comunitaria (allegato I del Reg. CE n. 1493/99) detta in modo rigoroso e dettagliato le definizioni e le caratteristiche merceologiche che i prodotti vinosi devono possedere per potersi fregiare della relativa designazione. I PRODOTTI Vini atti a produrre vini di qualità prodotti in regione determinata Si tratta dei vini a D.O.C e a D.O.C.G. che non sono ancora stati sottoposti all analisi chimico-fisica e organolettica ma che possiedono tutte le altre caratteristiche per potersi fregiare della denominazione di origine. I vini atti a produrre D.O.C. o D.O.C.G. possono circolare solamente all interno della zona di produzione/vinificazione delimitata dal disciplinare di produzione. Salvo che i disciplinari non prescrivano diversamente, la circolazione di tali vini fuori dalla zona di produzione determina la perdita del diritto di rivendicare la D.O.C. o la D.O.C.G. 20 Vini a denominazione di origine V.Q.P.R.D. Questa categoria comprende vini a D.O.C. e i vini a D.O.C.G., incluse le tipologie frizzante, spumante e liquoroso, se previsti dai relativi disciplinari di produzione. I vini a D.O.C. o D.O.C.G., per potersi fregiare della relativa denominazione di origine, devono essere prodotti da uve provenienti da vigneti iscritti all albo e devono assicurare una gradazione alcolometrica minima; inoltre, la resa di uva/ha non deve superare i limiti stabiliti dal disciplinare di produzione. La vinificazione fuori zona delle uve o dei mosti non da diritto alla rivendicazione della D.O.C. o D.O.C.G., tranne nei casi in cui il disciplinare di produzione ne prevede la possibilità o a seguito di specifica autorizzazione ministeriale. Tali vini, per potersi fregiare della relativa denominazione, debbono essere sottoposti ad analisi chimico-fisica-organolettica (art. 13. legge 10/02/1992 n. 164) da parte di Commissioni di degustazione, istituite presso le competenti Camere di Commercio, che rilasciano il previsto parere di idoneità. Ottenuta l idoneità, i vini possono essere imbottigliati anche fuori dalla zona di produzione, salvo i casi i cui disciplinari prevedano l imbottigliamento nella zona di produzione. I vini a D.O.C.G. devono essere imbottigliati entro 90 giorni dal rilascio del certificato di idoneità; trascorso tale periodo, è obbligatorio ripetere le suddette analisi, cui è subordinato il parere di idoneità. In sintesi per rivendicare una denominazione di origine occorre: § denunciare i vigneti (iscrizione all albo dei vigneti) (art. 15 della legge n. 164/1992 e dell art. 5 del D.M. 27/03/2001; - denunciare le uve (art. 16 della legge n. 164/1992); - presentare la dichiarazione vitivinicola ai sensi del Reg. CE n. 1282/01; - che la C.C.I.A.A. competente rilasci le ricevute frazionabili (art. 16 L.n.164/92); - che le partite siano sottoposte a controllo sistematico certificati di idoneità alla D.O.C. / D.O.C.G. rilasciati dalla competente C.C.I.A.A. /Reg. CE n. 1607/00, art. 13 legge 164/92, circolare MIPAF n. 28 del 26/11/1993); 21 - annotare tutte le operazioni previste dalle vigenti disposizioni. Vini spumanti di qualità prodotti in regione determinata (V.S.Q.P.R.D.) Per V.S.P.R.D. si intendono i vini spumanti a Denominazione di Origine Controllata e quelli a Denominazione di origine Controllata e garantita. Per potersi fregiare della denominazione di origine di tali prodotti vinosi si seguono le regole innanzi descritte per i vini DOC o DOCG. Nella produzione dei vini spumanti è consentito l utilizzo del saccarosio, sia per l arricchimento della partita (cuvée) sia per la presa di spuma (operazione che permette la produzione di anidride carbonica, con fermentazione in recipienti chiusi, al fine di produrre la spuma all atto dell apertura delle bottiglie). In questo caso, qualora l aggiunta di saccarosio comporti un aumento di volume tale da superare la resa uva/vino prevista dal disciplinare di produzione, il quantitativo eccedente tale resa non può essere commercializzato con la denominazione di origine. La lavorazione dei vini spumanti può essere effettuata in stabilimenti o cantine che producono vini speciali o vini tranquilli (prodotti ai quali non è stato aggiunto zucchero , anidride carbonica o alcool). In questultimo caso, poiché l art. 17 vieta la detenzione nelle cantine di sostanze zuccherine, la produzione di vini spumanti può avvenire soltanto alla presenza di funzionari dell Ispettorato centrale repressione frodi ed è necessario che la ditta presenti allo stesso Ufficio una dichiarazione preventiva di lavorazione. Tutte le lavorazioni di spumanti, a prescindere dal luogo dove sono effettuate, devono essere annotate dalle ditte in apposito registro di preparazione vini spumanti, preventivamente vidimato dall ICRF o dal Comune dove è ubicato lo stabilimento. Le produzioni di vino spumante DOC o DOCG possono essere effettuate fuori zona di produzione, purché il relativo disciplinare lo consenta. Vini frizzanti di qualità prodotti in regione determinata (V.F.Q.P.R.D.) Sono i vini frizzanti a D.O.C. e a D.O.C.G. e, pertanto, per potersi fregiare di tali denominazioni, è obbli gatorio seguire tutte la procedura innanzi indicata per i v.q.p.r.d. Nella produzione dei vini frizzanti, per la produzione della presa di spuma, è consentito l utilizzo di mosto concentrato e/ mosto concentrato rettificato. In questo caso, qualora i prodotti aggiunti comportano un aumento di volume eccedente la resa uva/vino prevista dal disciplinare di produzione, il 22 quantitativo eccedente tale resa non può rivendicare la denominazione di origine. La produzione di vini frizzanti può essere effettuata negli stabilimenti o cantine dove si producono o si detengono solo vini tranquilli. Negli stabilimenti in cui vengono elaborati i vini frizzanti non può essere detenuta anidride carbonica, a norma dell art. 9 del DPR n. 162/1965. Le ditte che intendono preparare i vini frizzanti debbono inviare, preventivamente, al competente Ufficio dell ICRF, una dichiarazione di lavoro e aver denunciato, ai sensi del decreto prefettizio, le materie prime fermentescibili e i vini che intendono utilizzare nelle lavorazioni. Tutte le operazione di lavorazione e produzione dei citati vini debbono essere singolarmente annotate sul prescritto registro di preparazione dei vini frizzanti, preventivamente vidimato dall ICRF o dal Comune territorialmente competente. Per l elaborazione dei vini frizzanti effettuata nel periodo vendemmiale non occorre effettuare dichiarazioni preventive di lavorazione. Vini da tavola ad indicazione Geografica Tipica (I.G.T) Sono vini da tavola la cui zona di produzione è stabilita da un disciplinare che prevede le varietà di viti che possono concorrere alla produzione di tali vini, la gradazione alcolometrica minima delle uve e del vino, nonché la resa di uva per ettaro. Per potersi fregiare dell indicazione geografica, i vini debbono soddisfare i limiti minimi previsti dal disciplinare di produzione e non devono essere sottoposti alle analisi sistematiche e di degustazione previste per i VQPRD. Vini novelli La produzione dei vini novelli è riservata ai VQPRD ed ai vini I.G.T. i cui disciplinari di produzione prevedano la tipologia novello. Debbono essere imbottigliati, prodotti e commercializzati entro il 31 dicembre della stessa annata di trasformazione delle uve, ai sensi del D.M. 13/07/1999. I vini novelli debbono obbligatoriamente riportare in etichetta l annata di produzione. 23 I CONTROLLI Ispezione nello stabilimento vinicolo L ispezione nello stabilimento vinicolo comporta, generalmente, l esecuzione di operazioni di verifica di tipo fisico e documentale. Vengono, pertanto, verificati (cioè rilevati nella loro identità e consistenza) i locali e le attrezzature esistenti, nonché i prodotti vitivinicoli e le altre sostanze detenuti, sia allo stato sfuso che confezionati (in questultimo caso sono controllate le modalità di presentazione del prodotto e le indicazioni riportate sulle etichette). Si procede, quindi, all esame della documentazione giustificativa (generalmente tenuta in cantina a disposizione degli Organi di controllo). In particolare, sono esaminati i seguenti documenti: Planimetria della cantina: art. 40 del D.P.R. 12/2/1965 n. 162. In essa debbono essere riportati l ubicazione dei vasi vinari di capacità superiore a 10 hl con la specificazione della loro capacità; Documenti di accompagnamento e registri: Reg. CE n. 884/2001 del 24/04/2001 e D.M. n. 768 del 19/12/1994. Documenti di accompagnamento: Tutti i prodotti a monte del vino e i vini trasportati in contenitori superiori a 60 litri, quando vengono posti in circolazione debbono essere scortati da un documento di accompagnamento (DA) preventivamente vidimato o dagli Uffici periferici dell I.C.R.F. (Ispettorato centrale repressione frodi) competenti o dai Comuni e, prima dell inizio del trasporto essere sottoposti a convalida o dal Comune (al quale viene consegnata fotocopia del documento) o mediante apposita macchina microfilmatrice preventivamente autorizzata dall Ufficio periferico dell ICRF. Nel caso che detti prodotti siano destinati ad altri Paesi dell Unione Europea devono essere scortati dal D.A.A. (documento di accompagnamento amministrativo) sottoposto a preventiva timbratura dagli Enti innanzi menzionati e successivamente convalidato con le stesse modalità del D.A.. Nel caso di trasporto nel territorio nazionale di vini in contenitori fino a 60 litri, questi devono essere scortati dal documento di trasporto previsto dal 24 D.M. 14/04/1999 o da altro documento utilizzato anche per altri fini, a condizione che riportino i seguenti dati: - nome ed indirizzo dello speditore; - nome ed indirizzo del destinatario; - numero di riferimento destinato ad individuare il documento; - data di redazione nonché la data di spedizione se diversa da quella di redazione; - designazione del prodotto trasportato, come stabilito dalla vigente normativa nazionale e comunitaria; - quantità del prodotto trasportato. Se il vino è destinato ad un Paese dell U.E. deve essere scortato dal D.A.A., preventivamente timbrato o dagli Uffici periferici dell I.C.R.F. o dai Comuni o dagli Uffici Tecnici di Finanza competenti per territorio. Questo documento non deve essere sottoposto a successiva convalida. I piccoli produttori, cioè coloro che producono meno di 1.000 ettolitri di vino l anno, sono tenuti ad informare gli U.T.F., competenti per territorio, delle operazioni intracomunitarie effettuate, presentando entro il quinto giorno successivo al termine di ciascun mese in cui sono state effettuate le suddette operazioni, una distinta delle medesime, contenente, per ciascun destinatario, i quantitativi di vino spediti e gli estremi della documentazione di accompagnamento. Tutti i documenti devono essere compilati a macchina o con scrittura leggibile ed indelebile e non devono riportare raschiature o soprascritte. Ogni errore di compilazione li rende inutilizzabili e nel caso che non siano stati preventivamente sottoposti a timbratura da parte degli Enti abilitati si considerano come non emessi. Registri di cantina: negli stabilimenti vinicoli o nelle cantine si debbono tenere i seguenti registri: Registri di carico e scarico: debbono essere tenuti dalle persone fisiche e giuridiche o Associazioni di tali persone che posseggano a qualsiasi titolo, per la loro attività professionale o commerciale, un prodotto vitivinicolo. Sono esclusi da tale obbligo i rivenditori al minuto, che effettuano vendite di vini condizionati in recipienti di volume nominale non superiore a 60 litri e non più di 3 ettolitri per ogni cessione ed a condizione che nella stessa cantina non si detengano quantità di vini superiore a 50 ettolitri, escludendo dal computo i vini condizionati in recipienti di volume nominale fino a 5 litri. 25 Termini per le registrazioni: Devono essere effettuate entro il giorno lavorativo successivo per le entrate ed entro il terzo giorno lavorativo per le uscite. Se la contabilità di magazzino è computerizzata, le registrazioni possono essere effettuate entro 30 giorni, tenendo, comunque, a disposizione degli Organi di controllo, anche per tale periodo, tutti i documenti di acquisto e di vendita dei vari prodotti e sottoprodotti vinosi. Registri di lavorazione e di elaborazione relativi a: - acidificazione, dolcificazione, imbottigliamento, elaborazione vini spumanti, arricchimento od aumento della gradazione alcolometrica, vini liquorosi, produzione di mosto concentrato rettificato e non, trattamento con carbone ad uso enologico, trattamento con ferrocianuro di potassio, elaborazione di vini alcolizzati, elaborazione di vini aromatizzati, aggiunta di alcool. Termini per le annotazioni nei registri di lavorazione e di elaborazione: Operazioni di arricchimento: appena ultimata l operazione stessa. Operazioni di trattamento con carbone, ferrocianuro ed acido tartarico: entro il giorno stesso dell utilizzazione di tali prodotti. Operazioni di imbottigliamento, di produzione di mosti concentrati, di vini liquorosi e di elaborazione vini spumanti: entro il giorno lavorativo successivo. Dichiarazioni di raccolta, di produzione e di giacenza Reg. CE n. 1282 del 28/06/2001. Dichiarazioni di raccolta devono essere presentate da tutti i produttori di uva, eccezion fatta per coloro che hanno una superficie vitata inferiore a 10 are purché l uva prodotta venga destinata, sotto qualsiasi forma, esclusivamente per il proprio consumo. Dichiarazioni di produzione vengono presentate dalle persone fisiche e/o giuridiche che producono vino e/o detengono prodotti vinosi diversi dal vino alla data del 10 dicembre di ogni anno. Termini di presentazione delle dichiarazioni di giacenza devono essere presentate entro il 10 agosto di ogni anno da tutti coloro, compresi commercianti all ingrosso, importatori, produttori e titolari di depositi, che alla data del 31 luglio di ogni anno detengono mosti, mosti concentrati e/o 26 rettificati, vini (compresi i vini a denominazioni tutelate), liquorosi, aromatizzati e spumanti. La dichiarazione di giacenza deve essere presentata al Comune ove i prodotti sono detenuti. La dichiarazione di raccolta e di produzione viene presentata al Comune della stessa provincia dove è ubicato l impianto a maggiore produzione. Bilancio di cantina I registri di carico e scarico dei prodotti vitivinicoli devono essere chiusi al 31 luglio di ogni anno (bilancio annuo di cantina): deve essere, inoltre, effettuato l inventario delle giacenze dei prodotti vitivinicoli esistenti e queste ultime devono essere iscritte in entrata nei registri al 1 agosto. Nei registri di carico e scarico devono, quindi, essere annotate anche le eventuali perdite o esuberi verificatesi nella campagna in corso (1 agosto-31 luglio) e che non superino l 1,5% del prodotto movimentato nel corso dell anno. Eventuali perdite o esuberi superiori all 1,5% verificatesi accidentalmente dovranno essere tempestivamente denunciati al competente Ufficio periferico dell ICRF. (art. 10 D.M. n. 768/1984). LE FRODI PIÙ COMUNI Riguardano, in qualche modo, sempre la composizione chimica e/o organolettica di mosti e vini e/o l etichettatura del vino . Nella produzione e commercializzazione dei prodotti vinosi possono essere realizzati i seguenti illeciti: - A) Adulterazione: Aggiunta di acqua; - B) Sofisticazione: 1) Impiego di zuccheri e/o alcoli estranei; 2) Impiego di additivi, aromi e coloranti non consentiti; 3) Impiego di prodotti vinosi derivanti da uve da mensa; -C) Contraffazione: 1) Vini ottenuti integralmente da mosti e/o uve da mensa commercializzati come prodotti derivanti da uve da vino; 2) Vini detenuti e commercializzati con le denominazioni tutelate (DOC e/o DOCG) senza averne i requisiti fisicochimico- organolettici e documentali prescritti. 27 DESCRIZIONE DELLE FRODI A) L adulterazione dei vini per annacquamento viene perpetrata per aumentare i volumi e allo stesso tempo diminuire il titolo alcolometrico volumico dei vini. B) La sofisticazione dei vini: 1 l aggiunta di zuccheri estranei all uva (saccarosio di barbabietola, di canna), realizzata per aumentare il volume e innalzare la gradazione alcolica del vino. Tale pratica, attualmente permessa in gran parte dei Paesi della UE (all. V del Reg. CE n. 1493/99) perché riconosciuta dalle singole legislazioni come pratica enologica tradizionale vigente alla data dell 8/5/1970, è, invece, assolutamente vietata In Italia per ragioni di protezione sia della viticoltura meridionale, produttrice (soprattutto nel passato) di vino ad alto grado alcolico, sia della viticoltura delle zone rinomate del Centro e del Nord. I prezzi e la richiesta di mercato dei vini nonché la differenza fra il costo del grado alcolico derivato dal saccarosio e il costo derivato dallo zucchero naturale delle uve (con 1,8 Kg. circa di zucchero per Hl. si aumenta di ununità il grado alcolico di un vino), sono parametri presi in considerazione dai sofisticatori vinicoli per valutare la convenienza economica di praticare illecitamente lo zuccheraggio. E' opportuno precisare che l impiego di zuccheri estranei all uva è ammesso dalla nostra legislazione solo nella preparazione di vini spumanti per l arricchimento e per la presa di spuma della partita cuvée e che, per fronteggiare meglio la frode in argomento, la legislazione italiana (art. 74 del DPR 12/2/1965 e successive modifiche) ha stabilito l obbligo della tenuta di uno specifico registro di carico e scarico delle sostanze zuccherine, per produttori, commercianti all ingrosso ed utilizzatori industriali di zucchero, preventivamente vidimato dai Comuni di competenza. Attraverso l applicazione di tecniche analitiche avanzate, quali la spettroscopia di risonanza magnetica nucleare e la spettrometria di massa isotopica, si è ottenuto un significativo progresso nell accertamento delle sofisticazioni per zuccheraggio e/o l annacquamento, a volte praticate contemporaneamente. Queste tecniche (analisi multisotopica ) si basano sulla misura del contenuto in alcuni isotopi stabili quali idrogeno, carbonio, ossigeno, azoto coinvolti nei processi biosintetici, ed anche di alcuni derivati 28 della fotosintesi (zuccheri) e dell acqua vegetativa. Esse consentono di ottenere informazioni sull origine botanica e geografica dello zucchero e del mezzo di fermentazione. L affinamento di tali tecniche e lo studio delle variazioni minime naturali dei rapporti isotopici di alcuni elementi (caratteristiche isotopiche) in aree geografiche climaticamente diverse interessate alla viticoltura, ha permesso la costituzione della banca dati NMR vitivinicola nazionale, basata su campioni di uve di sicura origine, raccolti direttamente dall Ispettorato e vinificati in laboratorio, provenienti da zone viticole note dell intero territorio nazionale e distinti per annualità di produzione. Tale banca dati multisotopica, ottenuta implementando nel tempo i valori NMR (rapporti deuterio/idrogeno) con quelli di massa isotopica (rapporti isotopici del carbonio e dell ossigeno), viene aggiornata e validata ogni anno (da una specifica commissione della CE Regg. CEE 2348/91, 1932/97), confluisce nella banca dati comunitaria e funge da riferimento per il controllo dei prodotti vitivinicoli. La sua applicazione alla verifica dei derivati dell uva consente di individuare l illecito impiego in vinificazione di zuccheri estranei, provenienti ad esempio da mais, canna e bietola, nonché le frodi per annacquamento, perpetrate per aggiunta diretta di acqua al vino o per ridiluizione del concentrato, destinato ad essere poi fermentato. Inoltre nel caso di alcuni vini di qualità, legata all origine geografica, tali tecniche consentono, entro certi limiti ed areali geografici definiti, di verificarne la dichiarata provenienza da particolari vitigni e/o da determinate zone geografiche e costituiscono un importante mezzo di controllo dell origine dei vini a difesa delle produzioni di qualità. Per individuare frodi sempre più complesse attraverso l utilizzo di tecniche all avanguardia, si sta dimostrando utile anche la gascromatografia in spettrometria di massa, che permette la verifica di particolari componenti, quali ad esempio le sostanze aromatiche utilizzate per conferire a prodotti vinosi gusti graditi ai consumatori. 2 L impiego di additivi, aromi e coloranti non consentiti dalla vigente legislazione (allegato IV del Reg. CE n. 1493/99 ed art. 17 del DPR n. 162/1965 e D.M. 27/2/1996) è una frode frequentemente praticata per migliorare (a costi più contenuti ed in tempi ridotti) le caratteristiche chimiche ed organolettiche dei prodotti vinosi o per nascondere i difetti più evidenti o per adeguarli alle contingenti richieste di mercato. Così ad esempio, ai fini della stabilità e della conservabilità dei prodotti vinosi stessi si fa uso di sostanze chimiche con azione antifermentativa o di specifici conservanti; per armonizzare il gusto si ricorre spesso alla glicerina; per sopperire a particolari carenze cromatiche si utilizzano vari tipi di coloranti; per conferire particolari 29 gusti (vaniglia, fruttato, invecchiato in barriques) graditi ai consumatori, si impiegano specifiche sostanze aromatiche, tra le quali trucioli o polvere di legno di rovere. L alcolizzazione dei vini è realizzata per aumentare fraudolentemente il loro grado alcolico, generalmente tramite l aggiunta di alcool etilico o di altri alcoli, quali il propilico e l isopropilico. Negli anni 80 si verificò, con pesanti ripercussioni sul mercato vinicolo nazionale e tragiche conseguenze per i consumatori (alcuni decessi) la sofisticazione di alcuni vini con metanolo, componente naturalmente presente in minime quantità nel vino, che concorre in modo assai limitato alla costituzione del grado alcolico (mediamente 0,15 ml per ogni 100 ml di alcol complessivo). La premessa per il suo criminale impiego fu l emanazione nell agosto del 1984 di un provvedimento legislativo che, abolendo l imposta di fabbricazione e la sovrattassa di confine per l importazione, ne ribassò notevolmente il prezzo. Per scongiurare il ripetersi di simili eventi, con legge 07/08/1986 n. 462, fu espressamente vietato l impiego nella produzione di alimenti e bevande del metanolo e degli alcoli similari, anche come coadiuvanti tecnologici, e furono dettate norme per il controllo della produzione, del deposito, della circolazione e dell impiego dei succitati alcoli, prevedendo pene severe (da 1 a 5 anni di reclusione) per i trasgressori. 3 L impiego di prodotti vinosi derivanti da uve da mensa è tra i fenomeni più rilevanti di sofisticazione e contraffazione vinicola, nonché di indebita percezione di aiuti comunitari previsti per il settore vitivinicolo. C) La contraffazione 1 La vinificazione delle uve da mensa, vietata dalle norme comunitarie; è praticata illecitamente in considerazione dell affinità e della difficoltà di distinguerle dalle uve da vino; il loro contenuto zuccherino ed aromatico (frequentemente assai apprezzato e quindi utilizzato nella illecita produzione di particolari vini soprattutto spumanti aromatici) e la loro massiccia disponibilità quantitativa sul mercato (i vigneti vengono di solito coltivati a tendone con rese produttive anche di 400 q.li/ha) le rendono un materiale delezione per la realizzazione di tale frode. Il fenomeno, in effetti, può assumere rilievo poiché ad esso sono sempre connessi i seguenti aspetti: - condizioni di concorrenza sleale per gli operatori onesti (cioè per chi vende uve da vino e per chi produce e commercializza vini genuini, cioè ottenuti dalle uve da vino); 30 - pregiudizi al bilancio nazionale e comunitario in ordine all evasione dimposte dirette ed indirette, nonché all indebito percepimento di aiuti erogati dal F.E.O.G.A. in relazione ai prodotti ottenuti dalle uve da mensa; - frodi ai danni del consumatore, soprattutto per le produzioni di vini di qualità illecitamente ottenuti. E invece consentita soltanto la trasformazione delle uve da mensa in prodotti base (mosti muti) per ottenere succhi d'uva, in stabilimenti diversi da quelli dove si introducono e si trasformano uve fresche da vino, ovvero si detengono prodotti da queste derivanti. 2 La commercializzazione di comune vino da tavola come vino con denominazione di origine, I.G.T. (ad indicazione geografica tipica) o D.O.C.(denominazione di origine controllata ) o D.O.C.G. denominazione di origine controllata e garantita; Inottemperanze agli obblighi per fregiarsi delle denominazioni tutelate (stabiliti dalla legge 10/2/1992 n. 164 e dai decreti di riconoscimento e relativi disciplinari di produzione); Etichettatura realizzata in modo palesemente ingannevole o comunque equivoco, o incompleto, o inesatto e difforme ai regolamenti comunitari. PRATICHE E TRATTAMENTI ENOLOGICI ARRICCHIMENTO: Consiste nell aumentare, mediante impiego di mosti concentrati o rettificati, il titolo alcolometrico volumico dei prodotti a monte del vino. Condizioni: - deve essere preventivamente autorizzata dallo Stato mediante apposito Decreto Ministeriale; - l Ufficio periferico competente dell ICRF deve essere preventivamente informato, con apposita dichiarazione preventiva compilata su apposito modulo stabilito dall AGEA, entro il secondo giorno precedente l inizio delle operazioni; - l operazione può considerarsi correttamente eseguita se si verificano le seguenti condizioni: 31 a) l aggiunta di mosto concentrato e/o rettificato non deve fare aumentare il volume del prodotto iniziale (mosto o vino nuovo ancora in fermentazione) più del 6,5%; b) l aumento del titolo alcolometrico volumico totale non può superare di 2 gradi il titolo alcolometrico volumico totale del prodotto da arricchire; c) il titolo alcolometrico volumico totale, per i vini da tavola, non deve superare 13,5 gradi nella zona viticola C3b (Sicilia, Calabria, Lucania, Puglia e Sardegna), 12 gradi nella zona viticola C1b (province di Sondrio, Trento, Bolzano e Aosta) e 12,5 gradi nelle restanti regioni italiane appartenenti tutte alla regione viticola CII. SOTTOPRODOTTI DELLA VINIFICAZIONE Dalla trasformazione delle uve fresche, provenienti esclusivamente da vitigni autorizzati o raccomandati (Reg. CE n. 3800/81, e successive modificazioni), oltre ad ottenere mosti e successivamente vini, si ottengono anche vinacce e fecce. Tali sottoprodotti, debbono essere obbligatoriamente avviati alla distillazione (art. 27 del Reg. CE n. 1493/99), al fine di evitare l illecita produzione di vinelli (prodotti idonei alla preparazione di vini sofisticati). Le vinacce possono essere anche avviate in stabilimenti, all uopo autorizzati, per la estrazione di enocianina. E esonerato da tale obbligo chi produce fino a 60 ettolitri di vino che può effettuare il ritiro delle fecce e vinacce sotto controllo avviando le stesse ad altri usi diversi dalla distillazione. ATTESTATO PRESTAZIONI OBBLIGATORIE Su richiesta del produttore vitivinicolo viene rilasciato dal competente Ufficio periferico dell ICRF l attestato assolvimento prestazioni obbligatorie, a condizione che: - le vinacce ottenute siano state consegnate ad un distillatore riconosciuto o ad uno stabilimento per l estrazione dell enocianina; nel caso della consegna ad un distillatore riconosciuto, l alcool contenuto nelle 32 vinacce deve essere almeno pari a 2,8 litri di alcool puro per ogni 100 kg di vinaccia; - le fecce ottenute siano state consegnate ad un distillatore riconosciuto ed abbiano un contenuto in alcool almeno pari a 4 litri di alcool puro per ogni 100 kg di feccia; - l alcool consegnato alla distilleria, sotto forma di sottoprodotti della vinificazione e, se del caso, di vino di propria produzione, sia pari al 10% dell alcool del vino prodotto (esistono tuttavia alcune deroghe e riduzioni). Ad esempio, se sono stati prodotti 1.000 hl di vino nella zona CIII, questi avranno un grado alcolico forfettario pari a 10° (art. 46 del reg. CE n. 1623/2000), cioè saranno stati prodotti (100.000 x 10° = 10.000) 10.000 litri di alcool - il 10% di 10.000 è 1.000, cioè l obbligato deve consegnare 1.000 litri di alcool ottenuto dalla distillazione dei sottoprodotti (vinacce e fecce). Qualora dalla distillazione delle vinacce e delle fecce non si raggiunga tale quantitativo di alcool, bisogna consegnare alla distilleria o ad un acetificio una quantità di vino di propria produzione fino a raggiungere (come nell esempio) 1.000 litri di alcool. ETICHETTATURA VINI Le indicazioni riportate su unetichetta si considerano come un messaggio che il produttore o il confezionatore inviano al consumatore e con il quale lo informano sulla tipologia del prodotto,sulle caratteristiche che lo stesso deve avere e sul ruolo che le persone partecipanti al circuito commerciale hanno avuto. Pertanto tale messaggio deve essere chiaro e in modo che il consumatore lo possa subito recepire aiutandolo nella scelta del prodotto da acquistare. Considerata l importanza che riveste l etichettatura dei vini e tenendo conto delle nuove esigenze derivanti da un mercato globalizzato e liberalizzato, la materia è stata nuovamente disciplinata dal Reg. CE n. 1493/99 e dal o regolamento di applicazione n. 753/2002. La commercializzazione di vini con etichette irregolari, oltre all applicazione della sanzione amministrativa da € 516,00 a € 5.164,00, prevista dal D.L.vo n. 260/2000, comporta nei casi più gravi anche il sequestro amministrativo del prodotto, con aumento di ulteriori costi per il produttore e la conseguente perdita di credibilità nei confronti del consumatore. Per etichettatura secondo la UE si intende tutto il complesso delle indicazioni o delle menzioni che caratterizzano il prodotto e che figurano sullo 33 stesso recipiente, compreso il sistema di chiusura e l eventuale pendaglio attaccato alla bottiglia. Le indicazioni obbligatorie devono essere raggruppate nello stesso campo visivo e presentate in caratteri chiari, leggibili, indelebili e sufficientemente grandi, in modo che risaltino bene sullo sfondo su cui sono stampigliate e che siano nettamente distinguibili dall insieme delle altre indicazioni e dai disegni. L etichettatura è obbligatoria per i recipienti di volume nominale non superiore a 60 litri e deve essere effettuata prima che il prodotto venga posto in commercio. Di seguito si riportano le indicazioni obbligatorie e quelle facoltative per l etichetta delle diverse tipologie del vino (vino da tavola e vino a denominazione di origine) INDICAZIONI OBBLIGATORIE 1. Denominazione del prodotto; 2. Nome e ragione sociale dell imbottigliatore; 3. Sede e Stato membro dell imbottigliatore; 4. Volume nominale del recipiente; 5. Titolo alcolometrico volumico effettivo; 6. Numero di lotto; 7. Indicazioni ecologiche. INDICAZIONI FACOLTATIVE REGOLAMENTATE 1. Marchio; 2. Colore particolare del vino; 3. Annata di produzione; 4. Vitigni; 5. Menzioni complementari tradizionali; 6. Riconoscimenti concorsi ecologici, ecc; 7. Tipo di prodotto; 8. Persone fisiche o giuridiche che hanno partecipato al circuito commerciale; 9. Termini Castello o Abbazia; 10. Menzione comunitaria Vino di qualità prodotto con uve da agricoltura biologica; 11. Menzione indicante l imbottigliamento nell azienda viticola; 34 12. menzione comunitaria vino di qualità prodotto in una regione determinata; INDICAZIONI FACOLTATIVE LIBERE (esempi) 1. Raccomandazioni rivolte al consumatore; 2. Storia del vino e della ditta; 3. Numerazione della bottiglia; 4. Riferimento al vino prodotto con uve da agricoltura biologica; 5. Riferimento alle caratteristiche organolettiche; 6. Riferimento alla certificazione ISO. 35 SETTORE CASEARIO Riferimenti normativi - R.D.L. 15 ottobre 1925 n.2033 (art. 32); - Legge 19 febbraio 1992 n.142; - Legge 10 aprile 1954 n.125; - D.P.R. 18 novembre 1953 n.1099; - Legge 23 dicembre 1956, n.1526; - Legge 11 aprile 1974, n.138; - D.P.R. 14 gennaio 1997, n.54; - Reg. CEE 2081/92 sulla protezione delle indicazioni geografiche e denominazioni dorigine dei prodotti agricoli ed alimentari relative ai formaggi a D.O.P. (denominazione dorigine protetta) e S.T.G. (Reg. CEE 2082/91 attestazione di specificità o specialità tradizionale garantita); - Regg. CE 1107/96, 1263/96, 2527/98. I PRODOTTI - Formaggio: a norma dell art. 32 del R.D.L. 15/10/1925 n. 2033 per formaggio si intende il prodotto che si ricava dal latte intero o parzialmente o totalmente scremato, oppure dalla crema in seguito a coagulazione acida o presamica anche facendo uso di fermenti lattici e di sale da cucina; - Prodotto a base di latte: l art.2 del D.P.R. 54/97 concernente la produzione ed immissione sul mercato di latte e prodotti a base di latte comprende in tale dizione i prodotti lattiero caseari ed i prodotti composti di latte, specificando che per prodotti lattierocaseari, ad es. i formaggi, si intendono quelli derivati esclusivamente dal latte, con l aggiunta eventuale delle sostanze necessarie alla loro fabbricazione, purché non utilizzate per sostituire totalmente o parzialmente un qualsiasi costituente del latte, e per prodotti composti di latte (es i gelati contenenti latte) si intendono i prodotti in cui il latte o un prodotto lattierocaseario è parte essenziale caratterizzante e nessun elemento sostituisce un costituente qualsiasi del latte. - Formaggio fuso: a norma dell art. 7 del protocollo aggiuntivo della Convenzione internazionale di Stresa del 1951 sull uso dei nominativi di origine e denominazione dei formaggi, tale espressione è riservata al prodotto della fusione di un formaggio o di una miscela di formaggi con eventuale aggiunta di altri prodotti lattieri, ivi compreso latte in polvere 36 e/o caseina e con aggiunta o non di sali minerali (per la fusione) e/o aromi; - Caseina: è la sostanza proteica ottenuta dal latte scremato per precipitazione mediante aggiunta di acidi, caglio o enzimi coaugulanti del latte; - Caseinati: prodotti ottenuti mediante essiccazione delle caseine; L impiego di caseina e caseinati, come stabilito dal Reg. CE n. 2204/90 del 24/7/1990, è consentito solo nei formaggi fusi ed è sottoposto ai seguenti obblighi: 1. preventiva autorizzazione da parte del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali; 2. obbligo di annotare su appositi registri di carico e scarico i quantitativi di caseina e caseinati impiegati nella produzione di formaggi fusi; 3. impiego massimo consentito nella produzione di formaggi fusi non superiore al 5%; 4. controlli periodici presso i caseifici autorizzati da parte degli Uffici agricoli regionali. - Preparati alimentari: sono ottenuti con impiego di formaggi, formaggi fusi, caseina, latte in polvere, burro e/o grassi vegetali. Trovano largo impiego nel settore della ristorazione e nelle pizzerie. Appartengono ai formaggi numerosissimi prodotti estremamente diversi per aspetto, caratteristiche organolettiche, contenuto in grasso, tecnologia di lavorazione, tempi di maturazione, tutti ottenuti in base allo stesso principio: la coagulazione della caseina, (complesso proteico tipico del latte) per azione di fermenti (detti caglio o presame) in una massa granulosa la cagliata, contenente oltre alla caseina, grasso, in quantità variabile in relazione al tenore lipidico del latte utilizzato quale materia prima, sostanze minerali e vitamine. La cagliata viene poi sottoposta a tecniche di lavorazione diversificate in relazione al formaggio da ottenere e, in alcuni casi (es. formaggi a pasta dura) può essere sottoposta a cottura. Il siero che residua dalla lavorazione della cagliata viene utilizzato per produrre ricotta, ottenuta riscaldando il siero inacidito a temperature di 80- 100C°. La normativa nazionale in materia prevede il divieto di utilizzare latte in polvere per la produzione di latte alimentare e prodotti lattiero-caseari (art. L.138/74). 37 Il DPR 54/97 prevede la possibilità di utilizzare , per la produzione di prodotti a base di latte, compresi i formaggi, anche latte crudo, a condizione che nell etichetta sia apposta la dicitura ottenuto con latte crudo. I formaggi di pregio per origine geografica e particolare tecnica di produzione, già tutelati in ambito nazionale dalla l.125/54, sono attualmente rappresentati da 30 prodotti a D.O.P. (denominazione di origine protetta), riconosciuti a livello comunitario ai sensi del Reg. CE 2081/92 e da 2 prodotti S.T.G. (specialità tradizionale garantita). Tra i 30 formaggi D.O.P. vi sono le principali produzioni casearie nazionali quali il Parmigiano Reggiano, il Grana Padano, la Mozzarella di Bufala Campana, il Taleggio, l Asiago, la Fontina, il Gorgonzola, il Provolone Valpadana, il Pecorino Siciliano, il Pecorino Sardo, il Pecorino Romano, il Pecorino Toscano, il Valtellina Casera, la Casciotta dUrbino, il Caciocavallo Silano, il Ragusano, ecc. Detti formaggi a denominazione tutelata (D.O.P. e S.T.G.) devono essere prodotti in conformità al relativo disciplinare di produzione, depositato in sede comunitaria e rispondere ai requisiti prescritti dal Reg. 2081/92 per i prodotti che godono di riconoscimento comunitario a D.O.P. o I.G.P.. I produttori che beneficiano del riconoscimento devono essere assoggettati al controllo di organismi autorizzati dal MIPAF, che certificano la conformità del prodotto ai requisiti previsti dal disciplinare. La vigilanza sul corretto sistema di certificazione, la tutela di tali produzioni dalla sleale concorrenza di altri prodotti o dalle imitazioni, la valorizzazione di tali produzioni, l informazione del consumatore è affidata a Consorzi di tutela riconosciuti dal MIPAF tramite appositi decreti ministeriali. Come tutti gli altri prodotti anche quelli a DOP e IGP sono soggetti a verifiche da parte degli organi pubblici incaricati del controllo ufficiale dei prodotti alimentari. In particolare nell esercizio dell attività di vigilanza interviene anche l ICRF, sia autonomamente che in collaborazione con i Consorzi di tutela riconosciuti. La differenza tra un prodotto a DOP ed uno ad IGP sta nel legame con la zona geografica di produzione, più vincolante per il prodotto a DOP, per il quale tutte le fasi di produzione e delaborazione devono necessariamente avvenire all interno dell area territoriale delimitata e le caratteristiche del prodotto devono essere strettamente correlate con l ambiente geografico dorigine, comprensivo dei fattori naturali ed umani. Nel caso di un IGP, invece, una almeno delle fasi deve avvenire all interno della zona dorigine ed essere collegata a tali fattori. 38 La legge non prevede una classificazione univoca dei formaggi, distinti, a seconda delle caratteristiche considerate, in: formaggi crudi, semicotti e cotti; formaggi a pasta filata, (sottoposti al processo di filatura che consiste in una particolare lavorazione con acqua calda a 85-90C°); formaggi a pasta molle ( con più del 40% di acqua), semimolle, semidura e dura (con meno del 40% di acqua); formaggi grassi, leggeri e magri. La legge 19/02/1992 n. 142, prevede la possibilità di indicare sull etichetta dei formaggi la dicitura leggerose hanno un contenuto in sostanza grassa sul secco compreso tra 20 e 35%; magro con contenuto in sostanza grassa fino al 20%. Per i formaggi a D.O.P. e S.T.G. il contenuto minimo della sostanza grassa è stabilito nel disciplinare di produzione. - Burro: è il prodotto ottenuto dallo sbattimento della crema ricavata dal latte di vacca e/o dal siero di latte di vacca; - Burro tradizionale: tale dicitura indica il burro ottenuto direttamente dal latte o dalla crema di latte o panna. La legge 1526/56 sulla difesa della genuinità del burro ha disciplinato la produzione ed il commercio di questo prodotto, Successivamente con il Reg. CE n. 2921/94 e con il Reg. CE n. 577/97 il termine BURRO, a determinate condizioni può essere utilizzato per un prodotto composto di cui il burro costituisce una parte fondamentale. LE FRODI PIÙ COMUNI RELATIVE AI FORMAGGI E AL BURRO Sofisticazione: - preparazione di formaggi con impiego fraudolento di latte in polvere, o con caseina e caseinati in sostituzione di latte liquido naturale; - impiego di latte diverso (di minor costo) da quello dichiarato in etichetta (latte vaccino invece di latte di bufala o di pecora o di capra); - impiego di formaggi scaduti nella preparazione di formaggi freschi a pasta filata; - impiego di caseina e burro per produrre formaggi a pasta filata; Contraffazione: - impiego di latte di origine animale e/o geografica diversa da quella prescritta nei disciplinari di produzione dei 39 formaggi a denominazione di origine o a denominazione protetta; - produzione di burro dal siero di latte di bufala, di pecora e di capra e commercializzarlo come burro ottenuto dalla crema o dal siero di latte di vacca. - impiego di additivi e coloranti non consentiti; - impiego di grassi animali e/o vegetali e/o burro comunitario nella produzione di burro. ISPEZIONE NELLO STABILIMENTO CASEARIO E' indispensabile l ispezione di tutti i locali dello stabilimento per accertare l eventuale presenza sia di materie prime idonee alla produzione di formaggi sofisticati (latte in polvere, caseina ecc..) che di additivi e coloranti non consentiti dal D.M. 27/02/1996 nella preparazione di formaggi. Come per tutti gli altri settori agro-alimentari è importante effettuare verifiche documentali per controllare la compatibilità dal punto di vista legale delle sostanze introdotte in caseificio (materie prime, semilavorati, altre sostanze) con i formaggi prodotti (es. potrebbe emergere l introduzione di prodotti che è vietato detenere ed impiegare negli stabilimenti caseari e/o l acquisto di latte di origine animale e/o geografica diversa da quella lecitamente impiegabile nei formaggi a denominazione tutelata o di latte proveniente da animali non registrati). Per quanto concerne la produzione di determinati formaggi a denominazione di origine protetta, è necessario verificare l attrezzatura impiegata, perché non sempre è compatibile con quella consentita nel relativo disciplinare di produzione di tali formaggi. 40 SETTORE OLEARIO Riferimenti normativi - Legge 13/11/1960, n.1407; - Reg. CE n.136/66 e successive modificazioni (Regg CE nn. 1915/87, 356/92, 2568/91, 2472/97, 455/2001 1513/2001 e, da ultimo, Reg. 796/02, che sostituisce il metodo per la valutazione organolettica degli oli di oliva vergini (panel test); - legge 27/1/1968 n. 35; - Legge 5/2/1992 n.169; Reg.Ce n.2815/98; - D.L.vo 19/10/1999, n.426; - D.P.R. 27/10/1999 n.458; - D.M. 3/4/2001; - Reg. CE 1019/2002. I PRODOTTI: OLI DI OLIVA Gli oli di oliva vengono definiti e classificati in base ad alcuni criteri fondamentali: A) processo tecnologico di ottenimento: - 1) spremitura meccanica delle olive senza alcuna manipolazione chimica (oli vergini); - 2) raffinazione olearia; - 3) estrazione con solventi; - 4) loro eventuale miscelazione; B) acidità (espressa come percentuale di acido oleico in 100 g di olio); C) rispondenza a determinati parametri chimico-fisici, compreso l esame organolettico (panel-test). Per quanto riguarda la dettagliata classificazione degli oli di oliva, originariamente stabilita nel Reg. CE n. 136/66, attualmente si deve fare riferimento a quanto stabilito dall allegato al Reg. 1638/98, ed inoltre, relativamente al punteggio alla valutazione sensoriale ed organolettica degli oli di oliva vergini (panel test), al Reg. CE n. 796/02 . Infatti gli oli di oliva vergini devono avere determinate caratteristiche organolettiche che si riferiscono sia ad attributi positivi (es. fruttato), che negativi (es. difetti quali rancido, riscaldo, metallico ) e si esprimono al panel test come mediana del fruttato e mediana dei difetti. 41 A decorrere dal 1° novembre 2008 entrano in vigore le seguenti descrizioni e definizioni degli oli di oliva stabilite dall allegato al Reg. CE n. 1513/2001, che sostanzialmente differiscono per i valori di acidità fissati per le varie categorie. INDICAZIONI OBBLIGATORIE SULLE ETICHETTE Tutti gli oli di oliva destinati al consumatore finale debbono essere confezionati in imballaggi di capacità non superiore a 5 litri e, nel sistema di etichettatura (eccezion fatta per l acidità), oltre alla denominazione merceologica prevista dovranno essere completate dalle diciture: 1) Olio extra vergine di oliva: (acidità libera massimo g 0,8) olio doliva di categoria superiore ottenuto direttamente dalle olive e unicamente mediante procedimenti meccanici; 2) Olio di oliva vergine (acidità libera massimo 2g) olio di oliva ottenuto direttamente dalle olive e unicamente mediante procedimenti meccanici; 3) Olio di oliva (acidità libera massimo 1 g) composto da oli di oliva raffinati e da oli vergini olio contenente esclusivamente oli doliva che hanno subito un processo di raffinazione e oli ottenuti direttamente dalle olive; 4) Olio di sansa di oliva (acidità libera massimo 1 g) olio contenente esclusivamente oli derivati dalla lavorazione del prodotto ottenuto dopo l estrazione dell olio di oliva e oli ottenuti direttamente dalle olive; oppure olio contenente esclusivamente oli provenienti dal trattamento della sansa di oliva e oli ottenuti direttamente dalle olive. La designazione dell origine (indicazione di una denominazione di origine protetta o denominazione geografica protetta o la designazione di uno Stato della Comunità) può figurare sull etichetta unicamente per gli oli extra vergine di oliva e gli oli di oliva vergini. INDICAZIONI FACOLTATIVE Tra le indicazioni facoltative che possono figurare sull etichetta di un olio quelle di seguito citate sono soggette ai seguenti obblighi: - prima spremitura a freddo è riservata agli oli doliva vergini o extra vergini ottenuti a meno di 27 °C con una prima spremitura meccanica 42 della pasta di olive, con un sistema di estrazione di tipo tradizionale e con presse idrauliche; - estratto a freddo è riservata agli oli doliva vergini o extra vergini ottenuti a meno 27 °C con un processo di percolazione o centrifugazione della pasta dolive; - caratteristiche organolettiche possono figurare, esclusivamente se sono basate sui risultati di un metodo di analisi previsto dal Reg. CE n. 2568/91; - acidità o acidità massima può figurare unicamente se accompagnata dalla menzione, in caratteri delle stesse dimensioni e nello stesso campo visivo, dell indice dei perossidi, del tenore delle cere e dai valori dell assorbimento nell ultravioletto, stabiliti a norma del Reg. CE n. 2568/91. - miscela di oli vegetali (o nomi specifici degli oli vegetali) e di olio di oliva seguita immediatamente dall indicazione della percentuale di olio di oliva nella miscela. La dizione Olio di Oliva può essere fatta unicamente se la percentuale dell olio di oliva supera il 50%. Oli doliva a D.O.P. (Denominazione di origine protetta) e ad I.G.P. (Indicazione geografica protetta) Gli oli extravergini di oliva D.O.C. di qualità legata all origine, erano già riconosciuti a livello nazionale dalla Legge 5/2/1992 n. 169. Successivamente, con l entrata in vigore del Reg. CE 2081/92, che disciplina, in generale, i prodotti a denominazione di origine protetta (ad eccezione dei vini), i prodotti ad indicazione geografica protetta (I.G.P.) e quelli con attestazione di specificità (S.T.G.) e ne riconosce la protezione su tutto il territorio comunitario, molti oli a D.O.C. sono divenuti a D.O.P. ed altri hanno ottenuto il riconoscimento come olio a D.O.P. o a I.G.P. previa, naturalmente, la conformità al disciplinare di produzione notificato in sede europea e ad altri requisiti stabiliti nel predetto regolamento (obbligo di sottoporsi al regime di controllo da parte di un Organismo di controllo e di certificazione, all uopo autorizzato dal Paese membro. Dove sono stati costituiti, operano i Consorzi di tutela ed in collaborazione con i competenti uffici periferici dell ICRF svolgono attività di sorveglianza in base ad un annuale protocollo operativo. Gli oli a DOP o a IGP come tutti i prodotti a denominazione tutelata, provengono da determinate zone geografiche italiane e da specifiche varietà di olivi, i cui disciplinari di produzione sono stabiliti da appositi Decreti Ministeriali. 43 OLI DI SEMI E LORO CLASSIFICAZIONE - Olio di semi greggio: olio ottenuto dalla estrazione a mezzo solventi dei semi oleosi o dalla loro pressione meccanica; - Olio di semi: Olio di semi greggio successivamente sottoposto a raffinazione e la cui acidità espressa in acido oleico non supera g. 0,5 per 100 g (art. 18 del D.L. 22/12/1954, n. 1217). I CONTROLLI ISPEZIONE NEGLI STABILIMENTI OLEARI E' indispensabile l ispezione di tutti i locali dello stabilimento e della documentazione detenuta, al fine di accertare l eventuale presenza di sostanze e/o prodotti idonei alla fraudolenta produzione di oli e la verifica dell osservanza degli obblighi di legge, tenendo presente che.: a) Frantoi oleari: qualora in questi opifici si effettua soltanto l estrazione dell olio dalle olive e quindi né confezionamento e né commercializzazione di oli, è' vietata la detenzione di oli diversi da quelli della categoria degli oli vergini di oliva ottenuti dalla spremitura meccanica delle olive; b) Depositi e stabilimenti di confezionamento di oli alimentari: - deve essere indicata su tutti i recipienti la natura merceologica degli oli contenuti (legge 13/11/1960 n.1407); - non possono essere detenuti quantitativi rilevanti di oli non destinabili al consumo alimentare (la detenzione di oli di oliva vergini lampanti potrebbe favorire la illecita miscelazione con altri oli vergini aventi bassa acidità). La eventuale detenzione di oli lampanti dovrebbe riferirsi soltanto a modesti quantitativi di oli che si sono irranciditi o nei quali è aumentata l acidità; - vi è obbligo di tenere apposito registro di carico e scarico, vidimato dall Ufficio periferico dell ICRF (D.M. 3/4/2001), qualora nello stabilimento si confezionano oli vergini ed extra vergini di oliva riportanti la denominazione di origine (prodotto italiano o D.O.P. o I.G.P.); - le imprese di confezionamento che intendano riportare in etichetta l origine degli oli con la dicitura "Prodotto Italiano", debbono essere preventivamente autorizzate dall organismo regionale (Assessorato 44 Agricoltura) che assegna loro un codice di identificazione alfanumerico da riportare obbligatoriamente in etichetta; - è opportuno effettuare verifiche, soprattutto presso i depositi dei commercianti all ingrosso di oli, dirette ad impedire l illecita miscelazione di olio di nocciola con oli di oliva provenienti soprattutto dalle zone del Salento e di Gioia Tauro (RC) ; c) Raffinerie - in questi stabilimenti la raffinazione degli oli di oliva vergini lampanti, degli oli di sansa greggi e degli oli di semi greggi avviene secondo il seguente procedimento tecnologico: 1) neutralizzazione; 2) decolorazione; 3) deodorazione; 4) filtrazione; - nello stabilimento di raffinazione potrebbero verificarsi, soprattutto nei giorni prefestivi e festivi, illecite lavorazioni illecite lavorazioni, quali la desterolizzazione di oli di semi per poterli rendere miscibili con gli oli di oliva, o la deodorazione di oli di oliva lampanti per eliminarne i difetti e spacciarli per oli di oliva di categoria merceologica superiore. CAMPIONAMENTO DEGLI OLI DI OLIVA E DI OLIO DI SANSA DI OLIVA CONFEZIONATI IN IMBALLAGGI NON SUPERIORE A 100 LITRI Qualora la partita sia costituita da più di 125.000 litri, essa viene suddivisa in sottopartite di quantità approssimativamente pari o inferiore a 125.000 litri. Il metodo in questo caso si applica a ciascuna partita così definita 1) Contenuto del prelievo elementare Il prelievo elementare è costituito: a) qualora gli imballaggi immediati abbiano una capacità superiore a 5 litri, ripartito in almeno 8 recipienti da 0,75 litri; b) qualora gli imballaggi immediati abbiano capacità superiore o uguale a 2 litri ma inferiore a cinque litri, ripartito in almeno 8 imballaggi immediati; c) qualora gli imballaggi immediati abbiano capacità superiore o uguale a 0,75 litri ma inferiore a 2 litri, da almeno 8 imballaggi immediati; d) qualora gli imballaggi immediati abbiano una capacità inferiore a 0,75 litri, dal numero minimo di imballaggi immediati, la cui capacità totale superi almeno 6 litri; 45 e) dall olio di un imballaggio immediato 2) Numero dei prelievi elementari Il numero minimo dei prelievi elementari è fissato in funzione della dimensione della partita secondo la seguente tabella PARTITA (litri) Numero minimo dei prelievi elementari 7.500 2 25.000 3 75.000 4 125.000 5 Si precisa che gli imballaggi immediati facenti parte dello stesso prelievo elementare devono essere scelti tra gli imballaggi contigui della partita. Per il campionamento degli oli sfusi si osservano le disposizioni del Reg. CE n. 379/1999 che recepisce le norme UNI EN ISO 661 ed EN ISO 5555. LE FRODI PIÙ COMUNI Sofisticazione degli oli di oliva: - Miscelazione di olio di oliva con olio di semi tal quale o preventivamente sottoposto (in raffineria) a particolari trattamenti (desterolizzazione,) per nasconderne i componenti che lo renderebbe riconoscibile al controllo analitico; - oli dichiarati extra vergini di oliva ottenuti illecitamente per miscelazione di oli raffinati con oli vergini (anche lampanti); Contraffazione: - Olio di semi colorato con clorofilla venduto come olio vergine di oliva; - Olio vergine ed extra vergine di oliva non di origine italiana venduto come olio extravergine di oliva made in Italy o addirittura come denominazione di origine tutelata; Adulterazione: - Gli oli di oliva vengono illecitamente sottoposti, in raffineria, a processi di deodorazione (allontanamento di odori sgradevoli per iniezione di vapore sottopressione) e disacidificazione (riduzione dell acidità operando a bassa temperatura e sotto vuoto) per ottenere oli privati dei difetti organolettici e a bassa acidità che poi vengono spacciati per extra vergini, in violazione alla vigente normativa nazionale e comunitaria; 46 Frodi commerciali internazionali: - oli vergini di oliva introdotti in Italia con la denominazione merceologica di oli di semi ed oli di oliva extracomunitari introdotti in Italia in temporanea importazione (per essere raffinati o confezionati restituiti al Paese di origine) che, attraverso triangolazioni commerciali, vengono invece immessi sul mercato nazionale o europeo a prezzo ridotto, grazie alle evasioni fiscali. 47 SETTORE CONSERVE VEGETALI Riferimenti normativi: - Legge 6.2.1996 n.52 Disposizioni per l adempimento di obblighi derivanti dall appartenenza dell Italia alle CE Legge Comunitaria 1994. - Legge 10.03.1969 n.96 Istituzione di un controllo qualitativo sulle esportazioni di pomodori pelati e concentrati di pomodoro ed estensione di determinate norme ai medesimi prodotti destinati al mercato interno. - D.P.R. 11.4.1975 n.428 Approvazione del regolamento di esecuzione della legge 10.3.11969, n.96, concernente l istituzione di un controllo qualitativo sulle esportazioni di pomodori pelati e concentrati di pomodoro ed estensione di determinate norme ai medesimi prodotti destinati al mercato interno. - D.M. 04.09.1985 Normativa di qualità del Pomodoro Industriale concentrato Succhi Polpa o Triturato. - D.M. Ministero Agricoltura e Foreste 3.02.1989 n.51 Approvazione dei metodi ufficiali di analisi per le conserve vegetali. - Decreto L.vo 27.01.1992 n.109 Attuazione delle direttive 89/395/CEE e 89/396/CEE, concernenti l etichettatura, la presentazione e la pubblicità dei prodotti alimentari. - Circolare Ministero della Sanità n.211 del 7.12.1970 Conserve alimentari Scatole scondizionate. - Circolare Ministero della Sanità n.54 del 28.06.1980 Alimenti vegetali conservati. Pr oblemi igienico - sanitari connessi alla trasformazione dei nitrati in nitriti. - D.P.R. 8.06.1982 n.401 Attuazione Dir. CEE n.79/693 relativa alle confetture, gelatine e marmellate di frutta e crema di marroni.Modificato dal Decreto Ministero dell Industria 7.5.1992 n.400. - Decreto Ministero dell Industria 7.5.1992 n.400 Regolamento recante attuazione della Dir.n.88/593/CEE relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti le confetture, le gelatine, le marmellate e la crema di marroni. - Circolare Ministero dell Industria n.137 del 25.6 1990 (G.U. n.166 del 18.7.1990) Controllo e vigilanza sulla produzione delle conserve alimentari vegetali e conseguenti adempimenti. - Circolare Ministero dell Industria n.138 del 13.6. 1991 Contr ollo e vigilanza sulla produzione delle conserve alimentari vegetali e conseguenti adempimenti. - Circolare Ministero dell Industria n.138 del 13 .6.1991 Controllo e vigilanza sulla produzione delle conserve alimentari vegetali e conseguenti adempimenti. 48 - Dir.CE 2001/13 Cons.20.12.01 Confetture, gelatine e marmellate di frutta e alla crema di marroni destinate all alimentazione umana. - Decreto del Ministero delle Attività produttive 02.08.2001, n.167. Etichettatura e presentazione di prodotti alimentari. I PRODOTTI Le conserve si differenziano in: -conserve propriamente dette, la cui durabilità è ottenuta da una chiusura in contenitori ermetici (banda stagnata, vetro, ecc) seguita dal trattamento termico (sterilizzazione) tale da inattivare sia la microflora che gli enzimi presenti; -semiconserve, la cui stabilità nel tempo è ridotta, oltre che dal processo di conservazione adottato, da fattori ambientali (temperatura), per cui occorre far ricorso a particolari accorgimenti (atmosfera controllata, temperatura limitata, ecc.). Nel caso che il pH sia eguale o superiore a 4,5, la conservabilità è conseguita mediante l accoppiamento della chiusura in contenitori ermetici e di un trattamento termico capace di inattivare la maggior parte sia dei microrganismi che degli enzimi (pastorizzazione). Tutte le altre semiconserve, qualunque sia il loro pH, sono ottenute con il ricorso a particolari trattamenti, (affumicazione, essiccazione, congelazione, liofilizzazione) o all aggiunta di particolari sostanze (zucchero, sale, olio, alcool, aceto, ecc.), mentre i contenitori possono essere non ermetici. La conservazione dei prodotti agroalimentari può essere conseguita con diversi sistemi, tra i quali l appertizzazione (il più importante) e la surgelazione (il più recente). L appertizzazione, dal nome del francese Appert che nel 1809 mise a punto un sistema di conservazione diverso da quelli tradizionali (salatura, essiccamento, affumicatura), consente una conservazione duratura degli alimenti dopo la cottura in recipienti chiusi ermeticamente e sterilizzati in acqua bollente. Le conserve appertizzate sono: Pomodori : concentrato 28/30; pelati; passata; altre lavorazioni (escluso il ketchup); Conserve di ortaggi: - piselli freschi; - fagiolini; - legumi secchi reidratati (fagioli, piselli, ceci, lenticchie); - spinaci, asparagi, peperoni, carciofi, patate, finocchi; - macedonie di ortaggi; - mais dolce. 49 La surgelazione consiste consente la conservazione di un alimento allo stato naturale o cucinato, in modo che la temperatura della superficie raggiunga in circa 4 ore, cioè mediante congelamento ultrarapido, la temperatura da 45° a 50° C. In tal modo, le modificazioni fisico - chimiche ed istologiche dell alimento sono decisamente lievi, spesso nulle e la sua conservabilità può superare anche un anno. CONSERVE DI POMODORO Nell industria conserviera italiana, il primo posto è occupato dal pomodoro Lycopersicum esculentum o Solanum, appartenente alla famiglia delle Solanacee. L area mediterranea è facilmente coltivabile all aperto. La coltivazione del pomodoro è sotto il controllo della CE, che ne fissa annualmente sia le superfici da investire in ciascuna regione che la categoria da coltivare (da tavola o per frutto fresco, per concentrati, per pelati ecc..)I derivati industriali del pomodoro sono ripartibili in tre gruppi: concentrato di pomodoro, pomodori pelati interi in conserva, altri derivati (pelati non interi o triturato in conserva, polpe, cubettato, passata, succo, surgelato, essiccato,ecc.). Il D.P.R. 428/75 definisce le seguenti denominazioni: 1. Pomodori pelati è riservata ai pomodori di tipo lungo privati della buccia con le eventuali aggiunte (succo di pomodoro parzialmente concentrato, semi-concentrato); 2 . Semiconcentrato di pomodoro è riservata al succo di pomodoro sottoposto a processo di concentrazione ed il cui residuo secco, al netto del sale aggiunto, non sia inferiore al 12%; 2. Concentrato di pomodoro è riservata al succo di pomodoro sottoposto a processo di concentrazione ed il cui residuo secco, al netto del sale aggiunto, non sia inferiore al 18%; 3. Doppio concentrato di pomodoro è riservata al succo di pomodoro sottoposto a processo di concentrazione ed il cui residuo secco, al netto del sale aggiunto, non sia inferiore al 28%; 4. Triplo concentrato di pomodoro è riservata al succo di pomodoro sottoposto a processo di concentrazione ed il cui residuo secco, al netto del sale aggiunto, non sia inferiore al 36%; 5. Sestuplo concentrato di pomodoro è riservata al succo di pomodoro sottoposto a processo di concentrazione ed il cui residuo secco, al netto del sale aggiunto, non sia inferiore al 55%; Ai soli fini del D.P.R. 428/75, deve intendersi per succo di pomodoro il liquido polposo, convenientemente separato da bucce e semi, 50 ottenuto per triturazione e setacciamento dei frutti freschi di pomodoro. E vietato diluire con acqua i concentrati di pomodoro per ottenere succo di pomodoro ricostituito, salvo quanto disposto dalla circolare Ministero dell Attività Produttive n. 167 del 2/08/2001, la quale dispone che ciò si può effettuare ma deve essere espressamente dichiarato in etichetta. Altre definizioni più specifiche sono riportate nel Regolamento (CE) n.504/97 del 19.03.1997 in G.U.R.I. n.42, serie speciale del 5-6-1997. Il concentrato (nell ultimo decennio ha registrato un certo ridimensionamento) è prodotto nella Pianura Padana ed è destinato ai Paesi del Nord Europa; ed il suo collocamento è reso sempre più difficile per l elevata concorrenza internazionale per il minor costo della manodopera (Turchia, Europa Orientale, Cina, Nord e Sud America). E utilizzato per successive produzioni (salse, ketchup, condimenti). Il regolamento CE 1764/86 stabilisce che possono essere impiegati, nella preparazione dei pomodori pelati acqua, succo di pomodoro, concentrato di pomodoro, spezie naturali, erbe aromatiche e relativi estratti, aromi naturali, cloruro di sodio, cloruro calcio, acido citrico. Le dosi di NaCl non devono superare il 3% del peso netto. Le bucce non devono superare i 300 cm2 di superficie complessiva per 10 kg. di peso netto. Il peso netto dello sgocciolato deve essere non inferiore al 56% della capacità in acqua del recipiente. Tutta la massa deve occupare almeno il 90% della capacità in acqua del recipiente. Il D.P.R. 428/1975 dispone che: - I pomodori pelati debbono essere ottenuti da frutto fresco,sano, maturo e ben lavato e devono avere, tra gli altri, i seguenti requisiti minimi: a) presentare colore rosso caratteristico del pomodoro sano e maturo; b) avere odore e sapore caratteristici del pomodoro ed essere privi di odori e sapori estranei; c) essere privi di larve di parassiti e di alterazioni di natura parassitaria; d) il peso dello sgocciolato non deve essere inferiore al 60% del peso netto; e) il residuo secco, al netto del sale aggiunto, non inferiore al 4%; f) il contenuto in bucce non superiore a 3 cm2 per 100 g di contenuto. In ogni recipiente il contenuto in bucce non deve superare il quadruplo di tale limite; Ai pomodori pelati e ai pomodori di qualità superiore è consentita l aggiunta di succo di pomodoro parzialmente concentrato, avente residuo secco non inferiore all 8%. Sono di qualità superiore i prodotti con sgocciolato non inferiore al 70%, con contenuto in bucce non superiore a 1,5 cm2 per ogni 100 g di prodotto. Il Ketchup (di origine malese) è una salsa piccante per condimento, a base di succo di pomodoro addizionato di aceto, erbe aromatiche, farine di semi vari, zucchero ecc.; si prepara o direttamente dal pomodoro maturo, preferibilmente di colore rosso vivo, o dal concentrato di pomodoro. 51 I fiocchi di pomodoro essiccati sono una variante dei pomodori essiccati; sono in genere utilizzati come componenti di miscele di verdure essiccate per minestroni. Il succo di pomodoro in polvere ha avuto la medesima evoluzione del latte in polvere; per entrambi fino a circa venti anni fa venivano impiegati essiccatori a cilindro, attualmente si usa il metodo spray-drying o si ricorre alla liofilizzazione. Il succo per la sua rilevante igroscopicità e raffinatezza di gusto deve essere subito confezionato in contenitori ermetici, sotto gas inerte (azoto o anidride carbonica) . Il più recente derivato del pomodoro è costituito dai cubetti surgelati, previa000000 eliminazione del liquido e dei semi, che costituiscono il contenuto delle logge. Tale produzione è smerciata in sacchetti di film plastici. CONSERVE DI PISELLO FRESCO E CONSERVE DI FAGIOLI FRESCHI In entrambe, vengono utilizzate come materie prime sia legumi freschi che secchi reidratati (piselli, ceci, fagioli e lenticchie); nel primo caso all atto della raccolta, i legumi in campo vengono sottoposti a lavaggio e calibratura e poi destinati o alla surgelazione oppure alla produzione di conserve. Nel secondo caso i legumi vengono sottoposti a scottatura, per causarne il rigonfiamento prima dell inscatolamento, a lavaggio, a un celere raffreddamento cui segue una cernita, per allontanare i legumi avariati e l aggiunta di liquido di governo, costituito da una soluzione di NaCl al 2%, aromi naturali e la sterilizzazione (116°C). CONSERVE DI ORTAGGI OTTENUTE CON ALTRI SISTEMI TRADIZIONALI: · Cetrioli all aceto; · Peperoni rossi e gialli all aceto o in salamoia; · Olive verdi e nere in salamoia; · Carciofini all olio; · Melanzane arrostite all olio; · Asparagi sottolio; · Giardiniera; · Conserve di funghi coltivati; · Cipolline all aceto; · Antipasti misti; · Capperi all aceto e al sale; · Pasta di olive verdi e nere all olio; 52 · Pasta di tartufo bianco; · Zucchini sottolio; · Cime di rape sottolio; · Brovada; · Caponata siciliana; · Crauti; · Fave sottolio; · Funghi essiccati; · Melanzane,peperoni e pomodori essiccati; · Ketchup; · Minestre di ortaggi disidratati; Minestre e creme di ortaggi. LE FRODI NELLE CONSERVE DI POMODORO 1) Aggiunta di glucosio e zucchero complesso (si impiegano nei preparati da pomodoro maturi e/o di scarsa qualità per abbassare l indice di acidità); 2) aggiunta di addensanti ( gelatine, agar-agar, farina di fecola ) per migliorare lo stato di stabilità e consistenza del prodotto e/o per nascondere gli effetti dell impiego di materie prime difettose ovvero di tecniche di produzioni indesiderate o non conformi nella normale produzione.Nel caso specifico produzione di passata mediante l impiego del solo concentrato non dichiarato in etichetta; 3) aggiunta di coloranti naturali ed artificiali, utilizzati principalmente quando la materia prima non è ancora del tutto matura, o nella produzione di succo ottenuto con miscelazione alle bacche di pomodoro di polpa di altri vegetali; 4) aggiunta di sostanze antisettiche ( acido benzoico, acido salicilico , acido borico, formaldeide, acetato di calcio, cloruro di calcio, acido citrico, ) utilizzati per garantire la conservabilità dei prodotti quando la materia prima non è idonea o quando è affetta da malattie parassitarie e batteriosi, ( es. blephorospora terrestris, phytoptara infestans ecc) oppure per il non corretto processo produttivo e di confezionamento;. 5) aggiunta di prodotti vegetali diversi dal pomodoro quali polpa e/o succo di: carote, zucche, barbabietole rosse, fichi dindia, prugne secche ( nelle conserve nere ); 6) aggiunta ai prodotti derivanti dal pomodoro, passata e sughi a base di pomodoro,notevoli quantitativi di concentrato non dichiarato in etichetta; 7) dichiarazioni in etichetta difformi da quello che viene riscontrato nelle confezioni, relativamente a peso netto, peso sgocciolato, residuo ottico, valori nutrizionali, ingredienti; 8) reimpiego di prodotti scaduti, apportando alle singole confezioni modifiche della data di scadenza; 53 9) nessuna indicazione in etichetta sull origine del prodotto, indicazione in etichetta dell origine diversa da quella reale. Tutte le semiconserve possono essere oggetto di sofisticazioni, per quanto riguarda la non rispondenza rispetto al dichiarato del tipo di olio utilizzato per la conservazione, nonché la non conformità del peso sgocciolato dichiarato. Per quanto riguarda le semiconserve a base di funghi, vengono spacciati per funghi coltivati in Italia funghi di provenienza extracomunitaria. Altri problemi riguardano l etichettatura e precisamente; - la mancata dichiarazione dell utilizzo di additivi chimici (coloranti, conservanti, antiossidanti, emulsionanti e stabilizzanti, addensanti e gelificanti ed aromi) oppure la loro dichiarazione in modo errato senza indicare la categoria di appartenenza. - l omissione dell indicazione della sede dello stabilimento di produzione quando è presente la sigla rilasciata dal Ministero dell Industria, prevista dall art.27 del Decreto Leg.vo 109/92 . 54 SETTORE DEI CEREALI (FRUMENTO) E DEI PRODOTTI DERIVATI (PANE E PASTA) Riferimenti normativi: - Legge 4/7/1967 n.580; legge 8/6/1971 n.440; D.M. 5/11/1971 - D.P.R. 30 novembre 1998, n. 502 (revisione della normativa in materia di lavorazione e di commercio del pane). - D.P.R. 23 giugno 1993, n. 283 relativo alle denominazioni legali di alcuni prodotti da forno; - D.P.R. 9 febbraio 2001, n. 187 (revisione della normativa nazionale sulla produzione e commercializzazione di sfarinati e paste alimentari); I PRODOTTI I cereali sono un gruppo di piante monocotiledoni, appartenenti alla famiglia delle graminacee, i cui frutti (cariossidi) sono usati sin dall antichità per l alimentazione umana ed animale in tutto il mondo. I più comuni sono: il frumento o grano, il riso, l orzo, il mais l avena, la segale. Dalla macinazione dei cereali si ottengono farine, semole e semolati, distinti in relazione al diametro dei granuli; tali prodotti della macinazione dei cereali sono la base per la produzione di molti derivati, quali il pane, la pasta ed i prodotti da forno, caratteristici dell alimentazione italiana. La lavorazione industriale dei cereali avviene attraverso la macinazione e la successiva separazione per setacciamento (abburattamento) del germe e dei tegumenti della cariosside (crusca). Il grado di abburattamento di una farina è il numero di Kg. di farina ottenuti da 100 kg. di cereale in cariosside e, pertanto, il grado di abburattamento è una misura della finezza di una farina (più è basso e più la farina è fine). La farina di grano tenero è il prodotto che si ottiene dalla macinazione e dal successivo abburattamento del grano tenero, liberato dalle sostanze estranee e dalle impurità. La farina integrale di grano tenero è il prodotto che si ottiene direttamente dalla macinazione del grano tenero, liberato dalle sostanze estranee e dalle impurità. 55 Le farine di grano tenero esistono nei seguenti tipi, differenti tra loro per il grado di abburattamento, il contenuto in ceneri e in proteine: farina 00; farina tipo 0; farina tipo 1; farina tipo 2; farina integrale di grano tenero. La farina tipo "00" può essere prodotta sotto forma di sfarinato granulare (granito). Generalmente gli sfarinati di grano tenero vengono impiegati per la produzione di pane e dolci. La farina integrale è il prodotto della semplice macinazione delle cariossidi, senza setacciatura ed eliminazione della crusca. Essa ha un più alto contenuto di sostanze minerali, fibra e grassi provenienti dagli strati esterni della cariosside (crusca). Dalla macinazione di grano duro si ottengono, oltre alla crusca, composta dal germe e dai tegumenti della cariosside, i seguenti prodotti commerciali: - semola di grano duro, o semplicemente semola: prodotto granulare a spigolo vivo ottenuto dalla macinazione e conseguente abburattamento del grano duro, liberato dalle sostanze estranee e dalle impurità (utilizzata per la produzione di paste secche); - semolato di grano duro o semplicemente semolato: prodotto ottenuto dalla macinazione e conseguente abburattamento del grano duro, liberato dalle sostanze estranee e dalle impurità, dopo l estrazione della semola; - semola integrale di grano duro o semplicemente semola integrale: prodotto granulare a spigolo vivo ottenuto direttamente dalla macinazione del grano duro, liberato dalle sostanze estranee e dalle impurità; - farina di grano duro: prodotto non granulare ottenuto dalla macinazione e conseguente abburattamento del grano duro, liberato dalle sostanze estranee e dalle impurità. Tali sfarinati di grano duro differiscono per il contenuto in ceneri e in proteine. L umidità massima per tutti i tipi di sfarinati è il 14,50%, anche se è tollerata l immissione al consumo di sfarinati di grano duro e di farine di grano tenero con umidità fino al 15,50%, a condizione che tale valore di umidità massima figuri in etichetta. Pane: E' il prodotto ottenuto dalla cottura, totale o parziale, di una pasta convenientemente lievitata, preparata o con sfarinati di grano (duro o tenero) acqua e lievito. Il pane ottenuto mediante completamento di cottura da pane parzialmente cotto, surgelato o non surgelato, deve essere distribuito e messo 56 in vendita in comparti separati dal pane fresco e in imballaggi preconfezionati riportanti, oltre alle indicazioni previste dal D.Lgs. 109/92, anche la seguente: ottenuto da pane parzialmente cotto, oppure, in caso di provenienza da prodotto surgelato, ottenuto da pane parzialmente cotto surgelato. Il pane ottenuto dalla miscelazione di diversi tipi di sfarinati è denominato pane al , seguito dal nome dello sfarinato caratterizzante utilizzato; gli sfarinati impiegati figurano nell elenco degli ingredienti. Quando nella produzione di pane sono impiegati altri ingredienti alimentari consentiti (art. 14 della L.580/67, artt. 3 e 4 del D.P.R. 502/98) la denominazione di vendita deve essere completata dalla menzione dell ingrediente utilizzato e , nel caso di più ingredienti, da quello o da quelli caratterizzanti. La legge fissa il contenuto massimo di acqua del pane a cottura completa (sottoforma di percentuale di umidità), qualunque sia il tipo di sfarinato impiegato per la sua produzione, che varia aumentando in funzione della pezzatura del prodotto ( es. da 100 g. a 250 g. massimo 31%, oltre 1 Kg. massimo 40%), così come alcune caratteristiche di composizione del pane ottenuto con l aggiunta di ingredienti particolari (es. il pane con aggiunta di sostanze grasse deve contenere non meno del 3% di materia grassa totale riferito alla sostanza secca). Con D.P.R. 283/93 sono state dettate le denominazioni legali di alcuni prodotti italiani da forno, quali i crackers, le fette biscottate, i crostini e ne è stato fissato il tenore massimo di umidità (7% in peso del prodotto finito con una tolleranza del 2% in valore assoluto per i crackers e le fette biscottate e 10% in peso del prodotto finito con una tolleranza del 2% in valore assoluto per i crostini). La pasta destinata al commercio è il prodotto ottenuto dalla trafilazione, laminazione e conseguente essiccamento di un impasto preparato con semola di grano duro ed acqua, o con semolato di grano duro ed acqua, o con semola integrale di grano duro ed acqua. I vari tipi di pasta, denominati, in relazione al tipo di semola utilizzato (semola, semolato, semola integrale di grano duro), pasta di semola di grano duro, o pasta di semolato di grano duro, o pasta di semola integrale di grano duro, hanno unumidità massima percentuale di 12,50% e differiscono per altre caratteristiche compositive (contenuto in ceneri, in proteine, acidità massima in gradi). La legge italiana (D.P.R. 187/2001) fissa per tutti i tipi di pasta secca, ottenute da grano duro, una tolleranza massima del 3% di farina di grano tenero. 57 E consentita la produzione di paste speciali, ottenute oltre che dal grano duro, con l impiego di ingredienti alimentari rispondenti alle norme igienico-sanitarie e diversi dagli sfarinati di grano tenero. Le paste speciali sono vendute con la denominazione pasta di semola di grano duro, completata dalla menzione dell ingrediente utilizzato e, nel caso di più ingredienti, di quello o di quelli caratterizzanti. La pasta all uovo deve essere prodotta esclusivamente con semola e almeno 4 uova intere di gallina, prive di guscio, di peso complessivo non inferiore a 200 g di uovo per ogni chilogrammo di semola. Le uova possono essere sostituite da ovoprodotto liquido fabbricato esclusivamente con uova intere di gallina rispondente ai requisiti prescritti dal D. L.gs. 4 febbraio 1993/65. Tale pasta deve essere posta in vendita con la denominazione di pasta all uovo e deve avere le seguenti caratteristiche: umidità massima 12,50 per cento, contenuto in ceneri non superiore a 1,10 su cento parti di sostanza secca, proteine (azoto X 5,70) in quantità non inferiore a 12,50 su cento parti di sostanza secca, acidità massima pari a 5 gradi, estratto etereo e contenuto in steroli non inferiori, rispettivamente, a 2,80 grammi e 0,145 grammi, riferiti a cento parti di sostanza secca. E consentita la produzione di paste alimentari fresche e stabilizzate, nelle quali è possibile impiegare farine di grano tenero. Le paste fresche possono essere commercializzate allo stato sfuso o in imballaggi preconfezionati; se commercializzate allo stato sfuso, devono essere conservate, dalla produzione alla vendita, a temperatura non superiore a 4°C ed hanno durabilità non superiore a 5 giorni dalla data di produzione; le paste fresche vendute in imballaggi preconfezionati devono avere determinati requisiti fissati dalla legge (tenore in umidità non inferiore al 24 per cento, attività dell acqua libera compresa tra 0,92 e 0,97, essere state sottoposte a trattamento termico equivalente almeno alla pastorizzazione ed essere conservate, dalla produzione alla vendita, a temperatura non superiore a 4°C. Sono denominate paste stabilizzate le paste alimentari fresche con umidità non inferiore al 20 per cento ed attività dell acqua libera non superiore a 0,92, sottoposte a trattamenti termici e a tecnologie di produzione che consentono il trasporto e la conservazione a temperatura ambiente. Il D.P.R. 187/2001 consente la produzione di sfarinati e paste alimentari, destinati alla spedizione verso altri Paesi, con requisiti diversi da quelli previsti dalla legislazione nazionale, (ad esempio ottenuti con l impiego di grano tenero) purché si tratti di prodotti non nocivi alla salute, previa autorizzazione concessa, di concerto, dai Ministeri delle Politiche agricole e forestali, delle attività produttive e della salute. Per tali produzioni è 58 obbligatorio tenere un registro di carico e scarico, vidimato dall Ufficio dell I.C.R.F. competente per territorio. LE FRODI PIÙ COMUNI - produzione di pasta denominata di semola di grano duro con semolato anziché con semola; - produzione di pasta di semola di grano duro con sfarinati di grano tenero (questo tipo di sofisticazione da qualche anno è meno frequente perché il prezzo dei grani duri è uguale o addirittura inferiore a quello dei grani teneri). 59 SETTORE MIELE Riferimenti normativi - Legge 12/10/982 n. 753; - Legge 19/2/1992 n. 142; - Legge 29/12/1990 n. 428; - legge comunitaria 24/4/1998 n. 128; - D.M. 25/10/1985; - D.M. 31/12/1985; - Direttiva CE/110/2001 da recepire. I PRODOTTI Per miele si intende il prodotto alimentare che le api domestiche producono dal nettare dei fiori o dalle secrezioni provenienti da parti vive di piante, o dalle sostanze secrete da insetti succhiatori presenti su parti vive di piante, che esse bottinano, trasformano, combinano con sostanze specifiche proprie, immagazzinano e lasciano maturare nei favi dell alveare. Si tratta di una sostanza zuccherina elaborata dalle api, per le quali rappresenta una riserva alimentare ricca di energia. Il miele contiene prevalentemente gli zuccheri semplici fruttosio e glucosio, ma anche vitamine, sali minerali e piccole quantità di altre sostanze (pigmenti, aromi, enzimi e sostanze ad azione antibiotica). Il colore del miele può variare da una tinta quasi incolore al marrone scuro; può avere consistenza fluida, densa o cristallizzata, con sapore ed aroma che variano in relazione alle piante di origine. La legislazione vigente distingue il miele a seconda dell origine in: 1) miele di nettare, ovvero ottenuto principalmente dal nettare dei fiori; 2) miele di melata, ovvero ottenuto principalmente dalle secrezioni provenienti da parti vive di piante o dalle sostanze secrete da insetti succhiatori presenti su parti vive di piante; a seconda del metodo di produzione in: miele di favo, miele con pezzi di favo, miele scolato , miele centrifugato, miele torchiato. Il miele non deve avere sapore o odore anomalo, non deve aver iniziato un processo di fermentazione, non deve essere sottoposto a trattamento termico che distrugga o inattivi gli enzimi in esso contenuti, né presentare unacidità modificata artificialmente. 60 Alcune caratteristiche di composizione del miele hanno intervalli di variazione legalmente prefissati - tenore dacqua: in genere non più del 21%, per alcuni mieli particolari: non più del 23%; tenore apparente di zuccheri riduttori: nel miele di nettare non meno del 65%, nel miele di melata: (solo o in miscela con miele di nettare) non meno del 60%; tenore apparente di saccarosio: in genere non più del 5%, per il miele di melata: (solo o in miscela con miele di nettare) e per alcuni mieli particolari: non più del 10%; tenore di sostanze insolubili in acqua:non più dello 0,1%, nel miele torchiato: non più dello 0,5%; tenori in sostanze minerali: non più dello 0,6%, nel miele di melata:(solo o in miscela con miele di nettare) non più dell 1%; acidità: non più di 40 milliequivalenti per kg; indice diastasico: in genere non meno di 8, per alcuni tipi di miele:( come ad esempio quello di agrumi) non meno di 3; tenore in idrossimetilfurfurale: non più di 40 mg/Kg -. Al miele commercializzato non può essere aggiunto nessun altro prodotto o additivo. La direttiva CE/110/2001, cui gli Stati membri dovranno conformarsi entro il 1° agosto 2008, riporta negli allegati le nuove definizioni merceologiche per il miele e le caratteristiche legalmente fissate di composizione, in linea con le più recenti metodologie analitiche. I principi fondamentali introdotti da tale normativa sono:1) la previsione del miele filtrato, ovvero ottenuto eliminando sostanze organiche o inorganiche estranee e in modo significativo dei pollini, il filtraggio spinto del miele o ultrafiltrazione dovrà essere comunque essere chiaramente indicato sui contenitori, gli imballaggi ed i documenti commerciali; 2) l etichettatura del prodotto in relazione all origine geografica, in particolare i mieli miscelati si divideranno, a seconda dei paesi dorigine in miscele di mieli originari della CE, miscele di mieli non originari della CE, miscele di mieli originari e non originari della CE; 3) la possibilità, ad esclusione del miele filtrato e di quello per uso industriale ( che può avere difetti, quali gusto ed odore anomali, essere effervescente, essere stato surriscaldato), di completare la denominazione del prodotto con indicazioni riferite all origine botanica (miele ottenuto integralmente o principalmente dalla pianta indicata) o geografica ( miele proveniente interamente dalla zona indicata) o a criteri di qualità specifica. LE FRODI PIÙ COMUNI - miele etichettato come monoflorale (es. di castagno) che è in realtà miele millefiori, cioè con origine botanica diversa dal dichiarato; - miele extracomunitario venduto come italiano o come miele prodotto in un altro Paese della Comunità, cioè di origine geografica diversa dal dichiarato; 61 - miele prodotto con illecita aggiunta di acqua, zuccheri (soprattutto glucosio) o melasse. 62 SETTORE UOVA Riferimenti normativi - LEGGE 03/05/1971 n. 419; - Reg. CE n. 1907/90; Legge 10/04/1991 n. 137; - Reg. CE 1274/91; D.M. 16/12/1991 n. 434; - Decisione del Consiglio n. 94/371 del 20/06/1994; - Direttiva n.1999/74/CE del 19/07/1999; - D.Leg.vo n. 146 del 26/03/2001; - Direttiva n. 2002/4/CE del 30/01/2002; - D.M. 19/06/2002. I PRODOTTI Per uova si intendono: le uova di gallina in guscio, adatte al consumo umano diretto o all utilizzazione nell industria alimentare, escluse le uova rotte, le uova incubate e le uova cotte. La classificazione delle uova può essere effettuata da ditte obbligatoriamente autorizzate, dal MIPAF La classificazione delle uova per categoria di qualità Sino al 31 Dicembre 2008 le uova sono classificate in tre categorie di qualità : Categoria A o uova fresche destinate al consumo umano diretto; Categoria B o uova di seconda qualità o conservate; Categoria C o uova declassate, destinate alla produzione di derivati dell uovo. Dal 1° gennaio 2004 è stata prevista l unificazione delle categorie B e C in una nuova categoria B, di uova destinate alla trasformazione. Pertanto da tale data le uova saranno classificate come segue: - Categoria A o uova fresche; - Categoria B o uova di seconda qualità o declassate, destinate alla trasformazione in ovoprodotti o all industria non alimentare. Classificazione delle uova per categoria di peso - XL - grandissime: da 73 grammi ed oltre; 63 - L - grandi : da 63 grammi a 73 grammi - M - medie : da 53 grammi a 63 grammi; - S - piccole : meno di 53 grammi. Le uova possono essere commercializzate soltanto se preventivamente classificate per categoria di qualità e di peso presso centri di imballaggio appositamente autorizzati. Sono escluse da tale obbligo le uova vendute dal produttore ai consumatori per il proprio fabbisogno personale: - direttamente nella propria azienda; - in un mercato pubblico; - consegnate direttamente al domicilio dei consumatori; - uova trasportate direttamente dal luogo di produzione ad un centro di imballaggio; - uova trasportate dal luogo di produzione ad un mercato il cui accesso è riservato ai commercianti all ingrosso, la cui impresa è riconosciuta come centro di imballaggio; - uova consegnate per la trasformazione, ad imprese dell industria alimentare riconosciute per la preparazione di ovoprodotti; - uova consegnate all industria alimentare. L etichettatura delle uova, data l importanza che riveste per il consumatore, si realizza attraverso un insieme di informazioni (obbligatorie e facoltative) che devono figurare sugli imballaggi o essere stampigliate sulle uova. Dal 1° gennaio 2004 entreranno in vigore anche le norme che impongono di riportare sull imballaggio il riferimento all allevamento, nonché il codice distintivo dell unità di provenienza da stampigliare sulle singole uova della categoria A. Le indicazioni obbligatorie da riportare sugli imballaggi, piccoli o grandi, delle uova sono: - il contrassegno ufficiale; - il cognome e nome, l indirizzo e la ragione sociale dell impresa che ha imballato o fatto imballare le uova; - il numero distintivo del centro di imballaggio; - la categoria di qualità; - la categoria di peso; - il numero delle uova imballate; - l indicazione della data di durata minima (non può superare i 28 giorni dalla data di deposizione delle uova); - l avvertenza a conservare le uova in frigorifero; 64 - l indicazione di riferimento al metodo di allevamento (obbligatoria dal 1//1/2004); - l indicazione della data di imballaggio (obbligatoria per le uova della categoria B, facoltativa per quelle di categoria A); da riportare sulle confezioni o sulle uova - la data di deposizione; - la data di vendita raccomandata (ovverosia il termine ultimo per la vendita al consumatore). Questa data corrisponde al massimo a 21 giorni dalla data di deposizione delle uova, calcolata sottraendo una settimana dalla data di durata minima; - l origine delle uova; - il tipo di alimentazione; - per la categoria A la dicitura EXTRA. In questo caso le uova debbono essere confezionate in piccoli imballaggi recanti una fascetta con la scritta EXTRA fino . seguita dalla data corrispondente al nono giorno dalla deposizione o al settimo giorno dalla data di imballaggio. Indicazioni facoltative da apporre sugli imballaggi o sulle uova per le quali è necessario chiedere l autorizzazioni al Ministero delle politiche agricole e forestali per il tramite l Ufficio periferico dell Ispettorato centrale repressione frodi, per poter indicare: - Sistema di allevamento all aperto e a terra; - tipo di alimentazione; - data di deposizione; - origine delle uova. Le ditte sono tenute ad annotare in apposito registro, preventivamente vidimato dal competente Ufficio periferico dell ICRF tutti i dati e gli elementi relativi alle indicazioni per le quali è stata richiesta l autorizzazione. LE FRODI PIÙ COMUNI - Commercializzazione di uova sfuse e prive dei prescritti sistemi di etichettatura, indicanti, tra l altro, il numero del centro di imballaggio, la categoria di peso e di qualità, la data di durata minima (che non deve superare i 28 giorni dalla deposizione); - apposizione delle "fascette" sugli imballaggi in giorni successivi a quello della classificazione e selezione delle uova o la data di vendita raccomandata che corrisponde a 21 giorni dalla data di deposizione; 65 - commercializzazione di uova appartenenti a categorie di peso diverse da quella dichiarata; - utilizzazione di imballaggi e fascette (etichette) riportanti il numero di identificazione del centro di imballaggio di pertinenza di altra impresa regolarmente autorizzata dal M.I.P.A.F.; - commercializzazione di uova della categoria "A" denominate extra oltre il nono giorno dalla deposizione o il settimo giorno dall imballaggio; - commercializzazione di uova riportanti stampigliata una data di deposizione, successiva a quella reale; - indicazione sugli imballaggi del sistema di allevamento delle galline (all aperto o a terra) diverso da quello realmente adottato nell allevamento da cui provengono le uova; - vendita di uova rotte consegnate direttamente all industria alimentare. 66 SETTORE DELLA TRASFORMAZIONE AGRUMARIA Riferimenti normativi: - D.P.R. 18/5/1982 n. 489; - Direttiva CE n. 93/77 del 21/9/1993; - D.M. 31/3/1965 Art. 13 Bis, - D.M. 27/2/1996 n. 209; - Reg. CE n. 2202/96 - Reg. CE n. 1902/2001 - D.M. 10/8/2001. I PRODOTTI Il frutto degli agrumi è costituito da tre parti: Esocarpo o flavedo: parte esterna pigmentata; mesocarpo o albedo: parte intermedia di colore bianco; endocarpo: parte interna (spicchi). SUCCHI DI AGRUMI Succo di agrume: a) è il prodotto ottenuto dall endocarpo del frutto mediante procedimento meccanico, fermentescibile ma non fermentato, avente il colore, l aroma ed il gusto caratteristici del succo dei frutti da cui deriva; b) è il prodotto ottenuto con succo concentrato mediante restituzione della porzione di acqua estratta dal succo al momento della concentrazione con aggiunta di acqua e restituzione di aromi recuperati all atto della concentrazione del succo. Succo concentrato di agrume: é il prodotto ottenuto dal succo di agrume mediante eliminazione fisica di una parte dell acqua di costituzione. LE FRODI PIÙ COMUNI L industria di trasformazione agrumaria nazionale, opera quasi esclusivamente in Sicilia e Calabria, produce sostanzialmente succhi di agrumi concentrati, soprattutto da limoni ed arance bionde, che costituiscono sia in ambito nazionale che estero, la materia prima nelle successive preparazioni di 67 bibite analcoliche, succhi di agrumi bevibili (soprattutto dalle arance rosse) e bevande a base di succhi di frutta. E' immaginabile che tale orientamento produttivo sia stato influenzato, oltre che da una precisa tendenza del mercato a privilegiare più il consumo del succo che del frutto allo stato fresco, anche soprattutto dalla possibilità di beneficiare degli aiuti comunitari previsti per la trasformazione industriale degli agrumi. L attuale normativa comunitaria prevede, infatti, per le trasformazioni stesse limiti di resa in succo generalmente compresi tra il 20 ed il 30%, secondo i frutti di agrumi da trasformare; i prezzi minimi comunitari di acquisto di questi ultimi sono tendenzialmente più favorevoli a quelli correnti di mercato per i frutti destinabili al consumo fresco. Per raggiungere rese elevate e giustificare fittizie trasformazioni di quantitativi di agrumi, le ditte poco scrupolose mettono in atto illecitamente diversi sistemi, tra i quali: - la spremitura spinta dei frutti; - la preparazione di succhi sintetici; - la contraffazione del succo di arancia, tramite un prodotto ottenuto dalla miscela, non dichiarata, tra succhi di varie specie agrumarie. Sostanze e additivi illecitamente detenuti negli stabilimenti di trasformazione agrumaria: - Coloranti; - Acido malico; - Amminoacidi. Le frodi più gravi nel settore comportano, pertanto, la commissione di illeciti sia relativi alla genuinità dei prodotti, sia all indebita percezione di contributi finanziari, a danno del bilancio comunitario. 68 SETTORE PRODOTTI BIOLOGICI Riferimenti normativi: - Reg. CE 2091/92 e successive modifiche; - Reg. CE 94/92 e successive modifiche; - Reg. CE 529/95; - D.L.vo 220/95 e relative leggi regionali di attuazione; - D.M. 4/08/2000 - Circolari MIPAF n. 8 del 13/09/1999,e n. 3 del 6/08/2001; - Direttiva CE 2002/63/CE dell 11/07/2002. I PRODOTTI E IL LORO REGIME DI PRODUZIONE Sono considerati prodotti biologici le derrate alimentari e le produzioni agricole ottenute (nel rispetto degli equilibri biologici, della salute umana, animale e della salvaguardia delle risorse ambientali), impiegando mezzi tecnici naturali escludendo, quindi, l impiego di prodotti chimici ed evitando lo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali. Tutte le aziende di produzione, trasformazione, preparazione ed importazione di prodotti agricoli o derrate alimentari che vogliono produrre e commercializzare prodotti da agricoltura biologica (Operatori biologici) devono assoggettarsi ad un sistema di controllo che in Italia è effettuato da Organismi privati, meglio noti come ORGANISMI DI CONTROLLO riconosciuti dal Mipaf. Per il riconoscimento di un Organismo di controllo è necessario che lo stesso si impegni a: - presentare istanza al Ministro delle Politiche Agricole e Forestali, che si pronuncia entro novanta giorni dal ricevimento della stessa, completa della seguente documentazione: a) piano tipo di controllo, contenente una descrizione particolareggiata delle misure di controllo e delle misure precauzionali che detto Organismo si impegna ad imporre agli operatori che controlla; b) indicazione delle sanzioni che l organismo prevede di imporre nei casi in cui si accertino irregolarità, c) disponibilità di risorse adeguate di personale qualificato e di attrezzature di carattere amministrativo e tecnico, nonché l esperienza in materia di controllo e affidabilità; 69 d) l obiettività dell organismo di controllo nei confronti degli operatori da esso controllati. e) impegno ad utilizzare, ai fini delle indagini analitiche, laboratori accreditati da Amministrazioni pubbliche o da enti privati all uopo autorizzati; f) impegno ad applicare le sanzioni stabilite dal Reg (CE) 2092/91 e successive modifiche ed integrazioni. Riconoscimento di un operatore biologico Gli operatori che producono o preparano i prodotti biologici (sia di natura vegetale che di natura animale), sono tenuti a notificare tale attività, a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento, alle Regioni e alle province autonome nel cui territorio ricadono le aziende, utilizzando apposito modello già predisposto. Copia della notifica è trasmessa, in pari data, all organismo di controllo autorizzato indicato dall operatore, nel citato modello. Gli Operatori che svolgono attività di importazione sono tenuti a notificare tale attività al Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, con le stesse modalità previste per i produttori o preparatori biologici; Norme per la produzione biologica a livello nazionale 1) periodo di conversione per le produzioni vegetali almeno due anni prima della semina o, nel caso di colture perenni diverse dai prati, da almeno tre anni prima del primo raccolto dei prodotti biologici; 2) periodo di conversione per le produzioni animali: a) 12 mesi per bovini, bufali ed equini; b) 6 mesi per gli animali da latte; c) 6 mesi per i piccoli ruminanti ed i suini; d) 10 settimane per il pollame introdotto prima di tre giorni di età e destinato alla produzione di carne; e) 6 settimane per le ovaiole. AREE DI CONTROLLO Le aree di controllo sono individuate nel modo seguente: 1. Area delle norme di produzione; 2. Area delle norme per la preparazione dei prodotti; 3. Area delle norme di importazione; 4. Area delle norme per l etichettatura; 5. Area degli obblighi precauzionali e documentali. 70 Sulla base della normativa comunitaria, sono previsti due livelli di non conformitàe cioè IRREGOLARITA ed INFRAZIONE, alle quali fanno seguito adeguati provvedimenti. IRREGOLARITÀ Le irregolarità principali consistono: a) nel mancato rispetto degli aspetti formali della documentazione prevista in materia di agricoltura biologica, nonché dalla mancata applicazione delle disposizioni delle norme riguardanti la produzione, il magazzinaggio ed il condizionamento dei prodotti biologici, che prevedono la netta separazione dalle unità che producono o lavorano prodotti provenienti da agricoltura convenzionale; b) irregolare tenuta dei registri o dei documenti che consentono di identificare la natura e l origine dei prodotti controllati; c) detenzione di mezzi tecnici non consentiti; d) mancata comunicazione annuale, all organismo di controllo, del programma di produzione dei prodotti vegetali con una descrizione analitica dei singoli appezzamenti; INFRAZIONE Consiste in una inadempienza, manifesta o avente effetti prolungati, degli obblighi prescritti dalla normativa comunitaria, concernenti, tra l altro, la mancanza di alcuni documenti, il mancato rispetto degli obblighi contrattuali assunti, il mancato rispetto delle disposizioni in materia di etichettatura, delle norme di produzione, preparazione ed importazione, che implichino effetti prolungati tali da indurre a variazioni sostanziali dello status di affidabilità dell azienda e/o di conformi tà dei prodotti. GESTIONE DELLE NON CONFORMITA Gli organismi di controllo, nell ambito delle due categorie di non conformità, potranno individuare più livelli di gravità ai fini dell applicazione dei relativi provvedimenti. I provvedimenti da adottare sono i seguenti: a) soppressione delle indicazioni sul metodo biologico; b) ritiro della certificazione di non conformità; c) sospensione della certificazione; d) esclusione dell operatore 71 In caso di applicazione dei provvedimenti di cui sopra, è vietata all azienda l iscrizione ad altro organismo di controllo, fino a che la medesima non avrà soddisfatto le condizioni che hanno determinato il provvedimento stesso. L attività di vigilanza dell ICRF, proprio in virtù dei compiti istituzionali, è rivolta al controllo di questi prodotti ed a quello dei mezzi tecnici impiegati. Purtroppo l attuale normativa sia nazionale che comunitaria non stabilisce specifiche sanzioni amministrative e/o penali. Ovviamente le violazioni accertate, a parte quelle applicabili soltanto dagli organismi di controllo, sono sanzionate da disposizioni di carattere generale riguardanti tutti i prodotti alimentari (D.L.vo 109/92 per violazioni in materia di etichettatura, ed artt. 515 e 517 del C.P. rispettivamente per frode in commercio o vendita di prodotti industriali con segni mendaci). IRREGOLARITA PIÙ FREQUENTI 1) Produzione di prodotti e derrate biologiche ottenuti con l impiego di mezzi tecnici (fertilizzanti, sementi ed antiparassitari) non consentiti; 2) commercio di prodotti agricoli dichiarati come provenienti da agricoltura biologica, riportanti in etichetta la certificazione e la sigla di un organismo di controllo, mentre provengono esclusivamente da agricoltura convenzionale; 3) importazione, confezionamento o vendita di prodotti da agricoltura biologica privi dell obbligatorio certificato di importazione; 4) produzione e manipolazione di prodotti commercializzati come biologici senza che l operatore si sia sottoposto al previsto regime di controllo; 5) utilizzo improprio di diciture quali naturale, bio, eco ..evocanti impropriamente il metodo di produzione biologico in prodotti convenzionali. 6) accertamento di infrazioni concernenti la carenza di documentazione, la impossibilità di distinguere con esattezza i magazzini di confezionamento e di conservazione dei prodotti biologici da quelli dove si confezionano e si conservano prodotti convenzionali. Queste ultime irregolarità debbono essere segnalate dall Ufficio dell ICRF che le ha accertate, sia all organismo di controllo, sia alla regione o provincia autonoma interessata sia all ufficio competente del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali. 72 SETTORE OGM Riferimenti normativi § Direttiva 2001/18/CE del 12/03/2001; § Decreto Leg.vo 3/03/1993 n. 92, recante attuazione della Direttiva 90/220/CE; § Reg. CE 258/97 del 27/01/1997, sui nuovi prodotti e i nuovi ingredienti alimentari; § Reg. CE 1139/98 del 26/05/1998 e successive modifiche, concernente l obbligo di indicare nell etichettatura di alcuni prodotti alimentari derivati da OGM; § Reg. CE 50/2000 del 10/01/2000, concernente l etichettatura dei prodotti alimentari e degli ingredienti alimentari contenenti additivi e aromi da OGM; § D.Leg.vo 24/04/2001 n. 212, dattuazione di norme comunitarie concernenti la commercializzazione di prodotti sementieri. I PRODOTTI E LE NORME DI PRODUZIONE I prodotti derivanti da OGM comprendono più settori del comparto agro-alimentare e dei mezzi tecnici impiegabili in agricoltura, con particolare riferimento alle sementi. La normativa comunitaria e conseguentemente quella di recepimento in ambito nazionale ha inteso disporre concretamente una serie di procedure ispirate al principio di precauzione, ai fini della tutela della salute umana e dell ambiente. La Direttiva 2001/18/CE ha definito OGM: 1) OGM : un organismo, diverso da un essere umano, il cui materiale genetico è stato modificato in modo diverso da quanto avviene in natura con l accoppiamento e/o la ricombinazione genetica naturale. Le tecniche di modificazione genetica comprendono, tra l altro, quelle di ricombinazione dell acido nucleico che comportano: - la formazione di nuove combinazioni di materiale genetico, tramite un qualsiasi vettore; - l inserimento di un segmento di acido nucleico, replicabile in maniera continua, dall esterno all interno di un ospite nel quale non è presente naturalmente; 73 - l inserimento di materiale genetico ereditabile preparato all esterno (microiniezioni); - fusioni cellulari, anche a livello di protoplasmi e ibridazioni, che consentono di ottenere cellule vive e nuove combinazioni di materiale genetico ereditabile, utilizzando metodi non naturali. Non sono considerate tecniche di modificazione genetica la fecondazione in vitro, i processi naturali come la coniugazione, la traduzione e la trasformazione, nonché l introduzione alla poliploidia; 2) Emissione deliberata: si realizza attraverso qualsiasi introduzione nell ambiente di un OGM o di una combinazione di OGM per la quale non siano adottate specifiche misure di contenimento e di controllo; 3) Immissione in commercio: la messa a disposizione di terzi, dietro compenso o gratuitamente di OGM o combinazioni di OGM (con l eccezione di microrganismi geneticamente modificati (MGM) di cui alla Direttiva 90/219/CE, di organismi a scopi scientifici in ambiente sicuramente confinato e controllato e della possibilità di disporre di OGM a seguito di specifica autorizzazione). Al fine di evitare una illecita emissione deliberata o immissione in commercio di OGM, è stata prevista una rigorosa procedura autorizzatoria che inizia con la notifica a Organismi Nazionali. L autorizzazione concessa ha validità dieci anni. A livello comunitario, sono pubblicati, con cadenza triennale, studi sugli OGM ed sul loro impatto sul sistema socio-economico della UE, grazie anche ai contributi che i singoli Paesi sono tenuti a dare in merito agli studi sull etica dell uso di biotecnologie. In sede nazionale (ha competenza primaria il Ministero della Salute) il D.Leg.vo 92/1993, oltre ad attuare le disposizioni della precedente Direttiva 90/220, ha previsto anche specifiche sanzioni, tutte di natura penale, da irrogare in caso di accertata violazione alle norme sulla deliberata emissione nell ambiente, sulla immissione in commercio e sui pericoli alla salute ed all ambiente derivanti da OGM. Per tutti gli OGM sono obbligatoriamente pubblicizzati gli specifici marcatori che ne permettono il riconoscimento. 74 ETICHETTATURA DEI PRODOTTI ALIMENTARI NUOVI L etichettatura dei prodotti alimentari nuovi e degli ingredienti alimentari contenenti additivi ed aromi da OGM, oltre a rispettare le norme specifiche previste in materia di etichettatura, deve riportare ulteriori indicazioni che comprendono: - caratteristiche o proprietà alimentari quali la composizione, il valore nutritivo o gli effetti nutritivi e l uso al quale è destinato il prodotto con la specificazione che lo stesso non è assimilabile a quelli già presenti in commercio, menzionando, se del caso, anche le caratteristiche e le proprietà modificate con l indicazione del metodo con il quale esse sono state ottenute; - eventuale presenza di sostanze non riscontrabili nei prodotti tradizionali e che possono avere ripercussioni sulla salute e sull etica di alcuni gruppi di popolazione.; - indicazione della presenza di un OGM (non obbligatoria nel caso di semi di soia e mais contenenti OGM in quantità inferiore all 1%) con la dicitura prodotto con soia / granturco geneticamente modificato, se invece contiene derivati di tali pr odotti specificare prodotto con derivati di soia / mais geneticamente modificato. Le stesse diciture si applicano pure nell indicazione di additivi e di aromi geneticamente modificati. SEMENTI OGM Con le Direttive 98/95 e 98/96 l UE ha provveduto a riscrivere alcune norme relative alla commercializzazione dei prodotti sementieri, al loro inserimento nel catalogo comune delle varietà delle specie botaniche ed ai relativi controlli. Tali norme sono state recepite con D.Leg.vo 212/2001 che prevede: - la coltivazione di sementi geneticamente modificate è consentita se preventivamente autorizzata dal MIPAF e dal Ministero dell ambiente; - è istituita una speciale commissione tecnica che ha il compito di esprimersi sulle condizioni tecniche di coltivazione, sull eventuale iscrizione nel catalogo comune e di esercitare un costante monitoraggio sulle colture OGM; - chi impiega sementi GM e coltiva piante OGM senza la prescritta autorizzazione interministeriale o in difformità delle prescrizioni in essa contenute soggiace a specifiche sanzioni; 75 - i cartellini applicati agli imballaggi di sementi OGM devono recare, sempre, una chiara dicitura che la varietà è stata geneticamente modificata; - non è consentita la presenza di sementi OGM , anche per contaminazione accidentale, nelle sementi convenzionali. L eventuale traccia, cioè inferiore all 1%, implica la dichiarazione contiene sementi derivate da varietà geneticamente modificate in misura dell 1%; - uno Stato membro può richiedere il divieto di commercializzare nel suo territorio sementi nocive per la flora o che presentino rischi per l ambiente e per l uomo; - i produttori possono essere autorizzati al commercio e all impiego di piccoli quantitativi di sementi OGM allo scopo di miglioramento genetico o ad altri scopi scientifici validamente documentati. CONTROLLI NEL SETTORE DELLE SEMENTI OGM Per quanto concerne le ispezioni, bisogna distinguere il caso delle sementi confezionate da quello delle sementi da sottoporre ancora a lavorazione e confezionamento. Nel primo caso deve essere effettuata una verifica delle indicazioni riportate in etichetta, con particolare riguardo alla varietà; nel secondo deve essere verificata tutta la documentazione riguardante l introduzione di sementi (origine, fornitori ecc), il loro stoccaggio ed ogni altro indizio che possa indurre sospetti circa la qualità del prodotto. RILEVAZIONE DELLA PRESENZA DI OGM La determinazione della presenza di organismi geneticamente modificati viene effettuata mediante l analisi del DNA. In particolare viene ricercato il frammento tipico dell evento transgenico da analizzare. 76 SETTORE MANGIMI Riferimenti normativi - Legge 15/02/1963 n. 281 modificata ed integrata da ultimo con la legge 9/03/2001,n.49 e con il D.L.vo 17/08/1999 n. 360; - D.L.vo 23/11/1998, n.460; - D.M.14/10/1999; - D.M. 20/04/1978; - Ordinanza del Ministero della Salute 28/7/1994 e successive modif. e decisione del 4/12/2000, n.766/CE del 4/12/2000 e n. 2001/9/CE del 29/12/2000 in materia di misure di protezione dalla BSE; - D.L.vo 13/4/1999 n. 123; - D.P.R. 2/11/2001 n.433. I PRODOTTI a) mangimi: sono i prodotti di origine vegetale o animale allo stato naturale, freschi o conservati, nonché i derivati della loro trasformazione industriale, come pure le sostanze organiche o inorganiche, semplici o in miscela, comprendenti o no additivi, destinati all alimentazione degli animali per via orale; b) materie prime per mangimi: i diversi prodotti di origine vegetale o animale, allo stato naturale, freschi o conservati, nonché i derivati della loro trasformazione industriale, come pure le sostanze organiche o inorganiche, comprendenti o no additivi, destinati ad essere impiegati per l alimentazione degli animali per via orale, direttamente come tali o previa trasformazione, per la preparazione di mangimi composti oppure come supporto delle premiscele; c) mangimi composti: le miscele di materie prime per mangimi, comprendenti o no additivi, destinati all alimentazione degli animali per via orale, sotto forma di mangimi completi o di mangimi complementari; d) mangimi completi: le miscele di materie prime per mangimi, che, per la loro composizione, bastano ad assicurare una razione giornaliera; e) mangimi complementari: le miscele di materie prime per mangimi che contengono tassi elevati di alcune sostanze e che, per la loro composizione, assicurano la razione giornaliera soltanto se sono associati ad altri mangimi; 77 f) mangimi minerali: sono mangimi complementari costituiti principalmente da minerali e contenenti almeno il 40% di ceneri gregge; g) mangimi melassati: sono mangimi complementari preparati a base di melasso e contenenti almeno il 14% di zuccheri totali espressi in saccarosio; h) mangimi d'allattamento: sono i mangimi composti somministrati allo stato secco o diluiti in una determinata quantità di liquido, destinati all alimentazione dei giovani animali come complemento o in sostituzione del latte materno o destinati a vitelli da macellazione; i) mangimi medicati: sono i mangimi contenenti premiscele per alimenti medicamentosi. l) additivi: le sostanze o le preparazioni utilizzate nell alimentazione degli animali che hanno una o più delle seguenti finalità: a) influenzare favorevolmente le caratteristiche delle materie prime per mangimi o dei mangimi composti o dei prodotti di origine animale; b) soddisfare le esigenze nutrizionali degli animali o migliorare la produzione animale influendo, in particolare, sulla flora gastrointestinale o sulla digeribilità dei mangimi; c) introdurre elementi favorevoli per raggiungere obiettivi nutrizionali particolari o per rispondere a esigenze nutrizionali specifiche temporanee degli animali; d) prevenire o ridurre gli effetti nocivi provocati dalle deiezioni animali oppure migliorare l ambiente in cui si trovano gli animali; m) premiscele: le miscele di additivi, (uno o più additivi) con sostanze che costituiscono un supporto, destinate alla fabbricazione di mangimi. Il termine premiscela sostituisce il termine integratore; n) microrganismi: i microrganismi che for mano colonie. Autorizzazioni e riconoscimenti di stabilimenti di produzione dei mangimi 1) La produzione a scopo di vendita di materie prime per mangimi semplici di origine animale è soggetta a preventiva autorizzazione della PROVINCIA dove ha sede lo stabilimento. Per tale autorizzazione, 78 qualora non sia comunicato alla ditta interessata il provvedimento di diniego entro il termine di novanta giorni, si applica il silenzio-assenso previsto dall art. 20 della legge 241/1990; 2) la produzione a scopo di vendita di mangimi composti, completi o complementari, senza integratori o integratori medicati è soggetta a preventiva autorizzazione della PROVINCIA competente per territorio (D. L.vo n. 112/98, art. 19 comma 9). Anche per tale autorizzazione si applica il silenzio-assenso come per il precedente punto 1); 3) gli stabilimenti di fabbricazione, per l immissione in commercio, di additivi (antibiotici, vitamine, fattori di crescita, enzimi, ecc.), di premiscele con impiego di additivi, di mangimi composti contenenti additivi e/o di mangimi composti ottenuti da materie prime contenenti elevati tenori di sostanze o di prodotti indesiderabili, sono soggetti a preventivo riconoscimento e registrazione da parte della competente autorità sanitaria regionale (D.L.vo 13/04/1999 n. 123). Tale riconoscimento è obbligatorio anche per le aziende zootecniche che producono per il loro fabbisogno mangimi composti contenenti premiscele con additivi e/o che utilizzano materie prime contenenti sostanze indesiderabili superiori ai limiti consentiti; 4) gli additivi per essere immessi in circolazione debbono essere autorizzati dalla Comunità Europea cui compete anche l eventuale revoca dell autorizzazione concessa (DPR 2/11/2001, n. 433). ETICHETTATURA Tutti i mangimi, gli additivi e le premiscele posti in commercio debbono riportare, se confezionati in imballaggi, le denominazioni ed indicazioni obbligatorie; la vigente normativa prevede anche una serie di dichiarazioni ed indicazioni facoltative. In particolare l etichetta deve indicare: 1) Per le materie prime per mangimi - l espressione Materia prima per mangimi o mangime semplice; - la denominazione della materia prima; - il quantitativo netto; - il nome o la ragione sociale e la sede dello stabilimento del produttore, il numero di riconoscimento nonché il numero della partita; - per i quantitativi di materie prime per mangimi inferiore a 10 Kg. e destinati 79 all utilizzatore finale le suddette indicazioni possono essere fornite all acquirente mediante adeguato cartello esposto nel punto vendita. 2) Per i mangimi composti: - la denominazione del mangime secondo la definizione dell allegato I: mangime completo, mangime complementare, mangime minerale, mangime melassato, mangime completo da allattamento, mangime complementare da allattamento; - la specie o la categoria animale alla quale il mangime è destinato e le modalità di impiego che indichino l esatta destinazione del mangime e ne consentano unutilizzazione adeguata; - il nome o la ragione sociale e l indirizzo o la sede sociale del responsabile delle indicazioni; - il nome o la ragione sociale e l indirizzo o la sede del produttore per i prodotti preparati per conto terzi o su formula del committente. Per i prodotti preparati per conto terzi o su formula del committente e destinati ad essere posti in commercio, è consentito indicare sugli imballaggi, recipienti o confezioni o sui cartellini, anziché il nome o la ragione sociale e la sede dello stabilimento della ditta produttrice o confezionatrice, il nome o la ragione sociale e la sede del committente, nonché il numero e la data dell autorizzazione rilasciata per lo stabilimento in cui i prodotti stessi siano stati preparati; - per i mangimi composti per animali diversi da quelli familiari è richiesta l elencazione delle materie prime per mangimi, ivi compresi i prodotti chimico-industriali, designati con il loro nome specifico nell ordine decrescente. L indicazione del nome specifico delle materie prime per mangimi può essere sostituita con quella delle categorie elencate nell allegato III lett. B punto 7) della legge 281/63 e successive modifiche. La Direttiva CE 2002/2/CE, se applicata senza modifiche, non consentirebbe più l indicazione delle materie prime per categorie. Tale direttiva, se non modificata, prevede a partire dal 6/11/2008 l indicazione di: - ingredienti, titoli analitici dei principi nutritivi contenuti ed eventuale integrazione con additivi; - data di produzione o il numero di riferimento della partita; - quantità netta; - dosi e modalità di impiego e se è sufficiente al fabbisogno dell animale ai fini della somministrazione o della sospensione; - altre eventuali avvertenze legate alla presenza di additivi o di presidi veterinari, - eventuali autorizzazioni; - data di durabilità minima che deve essere espressa con le seguenti indicazioni: 80 a) per i mangimi molto deperibili sotto l aspetto microbiologico: da consumarsi entro, seguita dall indicazione del giorno, mese ed anno; b) per gli altri mangimi:da consumarsi preferibilmente entro, seguita dall indicazione del mese ed anno;qualora le disposizioni concernenti i mangimi composti prescrivano l indicazione della data di durabilità minima o un data limite di garanzia, deve essere indicata quella più vicina alla scadenza. Le stesse indicazioni debbono essere riportate, nel caso di mangimi commercializzati alla rinfusa, nei documenti ufficiali di trasporto o di vendita. Nell allegato IV della legge n. 281/63 sono riportate le indicazioni facoltative che possono essere impiegate nell etichettatura dei mangimi, quali ad esempio: il marchio commerciale di identificazione, il numero di riferimento della partita, il prezzo del prodotto, ulteriori istruzioni duso ove non siano già prescritte, l indicazione dello stato fisico del mangime,e gli eventuali trattamenti specifici subiti, ecc.. 3) Per gli additivi: - il nome specifico attribuito all additivo all atto dell autorizzazione, il numero di registrazione CE dell additivo e, nel caso di additivi oggetto di autorizzazione associata al responsabile dell immissione in commercio, la denominazione commerciale ed il numero di immatricolazione del responsabile dell immissione in commercio, il nome o la ragione sociale di questultimo, l indirizzo o la sede sociale; - il peso netto; - a seconda dei casi, il numero di riconoscimento CE o il numero di registrazione attribuiti allo stabilimento o all intermediario, ai sensi degli artt. 4 e 9 del D.L.vo 14/04/1999 n. 123; - altre indicazioni sono previste per gli antibiotici, i fattori di crescita, i coccidiostatici e le altre sostanze medicamentose, la vitamina E, l alfatocoferolo, gli oligoelementi ed enzimi (art. 16 D.L.vo n. 123/1999). Anche per gli additivi sono previste indicazioni facoltative. Gli additivi e le premiscele devono essere custoditi e contenuti in recipienti particolarmente idonei alla loro conservazione che possono essere facilmente identificati. Tutti gli additivi e le premiscele debbono essere commercializzati in imballaggi o recipienti con dispositivo di chiusura non riutilizzabile dopo l apertura. 81 I CONTROLLI Ispezioni e prelievo di campioni I controlli riguardano tutte le fasi della produzione, della fabbricazione, precedenti l immissione in commercio, inclusa la commercializzazione, l importazione e l utilizzazione dei prodotti. Pertanto i controlli debbono essere effettuati presso mangimifici, depositi, rivenditori di mangimi ed allevamenti. Vengono effettuati controlli documentali, relativi agli acquisti di materia prima e di altri prodotti indicati in etichetta e/o di quelli indicati nella documentazione ufficiale di trasporto o di vendita. Nei mangimifici si devono controllare le varie autorizzazioni e la corrispondenza tra i mangimi prodotti e quelli detenuti. Vengono verificate le materie prime detenute ed il loro stato di conservazione. Relativamente agli additivi, premiscele ecc.., particolare attenzione deve essere rivolta alla presenza di eventuali prodotti non consentiti o scaduti. Il campionamento deve essere svolto con molta meticolosità, poiché irregolari prelievi possono causare riscontri analitici non corretti. La normativa di riferimento è il D.M. 20/04/1978 e le circolari relative, che recano modalità ufficiali di prelevamento per il controllo degli alimenti per animali. L uso delle sonde e di altri strumenti previsti dalla normativa è indispensabile per ottenere campioni finali rappresentativi della composizione media dell intera partita. Divieto di utilizzo di proteine derivanti da tessuti animali Con Ordinanza del Ministro della Salute è stato vietato l impiego di proteine derivanti da tessuti animali (farine animali e farine di pesci) nell alimentazione degli erbivori, divieto esteso successivamente a tutti gli animali dallevamento della Comunità. Tale divieto rappresenta una necessaria misura di protezione contro il possibile rischio di trasmissione all uomo del rione dell encefalopatia spongiforme bovina (BSE) Da tale divieto sono escluse le farine di pesce impiegabili per la produzione di mangimi destinati ad animali diversi dai mammiferi e che vengono prodotte in stabilimenti autorizzati a tale scopo dall autorità competente (Dec. 2001/9/CE). Alcune deroghe sono stabilite dalla stessa direttiva. Nelle etichette applicate agli imballaggi di tali mangimi, oltre alle prescritte indicazioni è necessario riportare in modo chiaro l indicazione CONTIENE FARINA DI PESCE DA NON SOMMINISTRARE A 82 RUMINANTI. LE FRODI PIÙ COMUNI 1) commercializzazione di mangimi con integrazione vitaminica sottotitolata rispetto al valore dichiarato; 2) commercializzazione di mangimi aventi una composizione chimica in proteine, lipidi e ceneri, quantitativamente difforme dai rispettivi tenori dichiarati; 3) etichettatura dei mangimi non conforme ai requisiti di legge e detenzione di mangimi scaduti; 4) produzione di mangimi senza le prescritte autorizzazioni; 5) impiego di materie prime diverse e di minor valore commerciale rispetto a quelle dichiarate; 6) impiego di additivi non dichiarati, oppure se dichiarati, presenti in quantità superiore od inferiore ai limiti previsti dalla normativa vigente o comunque difforme da quanto indicato in etichetta. SANZIONI Con la legge 689/81 e successivamente col D.L.vo 507/99 l intera normativa sui mangimi era stata depenalizzata. A seguito dell emergenza BSE, il D.L.11/01/2001, convertito con la legge 9/03/2001 n. 49, ha ripristinato alcune sanzioni penali . In particolare è stato sostituito l art. 22 della legge 281/1963 che prevede sanzioni di carattere penale in tutti i casi di mangimi non corrispondenti alle prescrizioni di legge o di composizione non conforme al dichiarato o contenenti sostanze non ammesse. Le principali violazioni sono punite dagli artt. 20, 21,23 della legge 283/63, dall art. 15 del D.L.vo 123/99 ed art, 16 del D.L.vo n. 90/93. 83 SETTORE FERTILIZZANTI Riferimenti normativi: § Legge 19/10/1984 n. 748; § D.M. 19/07/1989 (metodi di analisi e di prelievo di campioni). I PRODOTTI Per fertilizzante si intende qualsiasi sostanza che, per il contenuto in elementi nutritivi oppure per le peculiari caratteristiche chimiche, fisiche e biologiche contribuisce al miglioramento della fertilità del terreno oppure al nutrimento delle specie vegetali coltivate o, comunque, al loro migliore sviluppo. Il termine fertilizzante non può essere impiegato sugli imballaggi, sulle etichette e sui documenti. Elementi della fertilità: sono considerati elementi chimici della fertilità: a) gli elementi principali: azoto, fosforo e potassio; b) gli elementi secondari: calcio, magnesio,zolfo e sodio; c) i microelementi o oligoelementi: boro, cobalto, rame, ferro, manganese, molibdeno e zinco. Carbonio organico di origine biologica: è il carbonio organico costituente dei prodotti di origine vegetale od animale; I fertilizzanti comprendono: 1) concimi; 2) ammendanti e correttivi. 1) CONCIMI: sono tutte le sostanze di origine naturale o sintetica, minerale o organica, idonee a fornire alle piante gli elementi chimici della fertilità. I concimi possono essere solidi e liquidi e si classificano in: A) concimi minerali semplici: 1) concimi minerali semplici fosfatici" 2) " concimi minerali semplici potassici" 3) concimi minerali semplici NP contenenti azoto e fosforo B) concimi minerali composti: 1) concimi minerali composti NK " contenenti azoto e potassio 2) concimi minerali composti PK " contenenti fosforo e potassio 84 3) concimi minerali composti NPK " contenenti azoto,fosforo e potassio 4) concimi organici azotati C) concimi organici: 1) concimi organici NP contenenti azoto e fosforo 2) concimi organominerali azotati D) concimi organominerali: 1) concimi organominerali NP contenenti azoto e fosforo 2) concimi organominerali NPK contenenti azoto, fosforo e potassio I concimi comunitari o CE devono appartenere ai tipi riportati nell allegato 1A delle legge n. 748/1984 e sono soltanto minerali. I concimi nazionali devono appartenere ad uno dei tipi elencati nell allegato 1B della stessa legge n. 748/84. 2) AMMENDANTI E CORRETTIVI: per ammendante e correttivo si intende qualsiasi sostanza, naturale o sintetica, minerale od organica, capace di modificare e migliorare le proprietà e le caratteristiche chimiche, fisiche, biologiche e meccaniche del terreno. Sono riportati nell allegato 1C della legge 748/84. LE FRODI PIÙ COMUNI - contenuto in elementi della fertilità inferiore ai valori dichiarati in etichetta; - presenza di matrice organica e/o minerale diversa da quella dichiarata; - contenuto in sostanze attive (ormoni o antiparassitari) non dichiarate in etichetta. Altre irregolarità riguardano soprattutto l etichettatura. In particolare vengono spesso immessi in commercio concimi, ammendanti e/o correttivi con denominazioni non previste negli allegati della legge n. 748/84. 85 SETTORE SEMENTI Riferimenti normativi: - Legge 25/11/1971 n. 1096 - D.P.R. 8/10/1973 n. 1065; - Legge 20/04/1976 n. 195 (sementi ortive); - D.Lgs. del 24 aprile 2001, n. 212; - D.P.R. 9 maggio 2001 n. 322. I PRODOTTI Prodotti sementieri sono considerati: le sementi, i tuberi, i bulbi, i rizomi e simili, destinati alla riproduzione e alla moltiplicazione delle piante. Agricoltori moltiplicatori di sementi (AMS) sono considerati le aziende o imprese agricole, che svolgono, anche in forma non esclusiva, attività di coltivazione finalizzata alla moltiplicazione di sementi per conto di imprese sementiere, sulla base di specifici contratti di coltivazione stabiliti direttamente o tramite le rispettive organizzazioni di produttori. Produttori sementieri sono considerati le imprese legalmente costituite in possesso di apposita licenza rilasciata dal Presidente della competente Camera di commercio, agricoltura e artigianato della provincia dove ha sede lo stabilimento di produzione e selezione sementi, che svolgono in proprio o mediante appositi contratti di coltivazione, l attività di produzione, lavorazione e commercializzazione di sementi. Per produrre sementi certificate" le imprese sementiere stipulano contratti con gli agricoltori con l obbligo da parte di questi ultimi di seminare sementi certificate e consentire l effettuazione di controlli, in campo e nella fase di coltivazione, dal personale dell ENSE, cioè dall Organismo Ufficiale riconosciuto dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali. L ENSE ultimati i controlli in campo, se non riscontra irregolarità, soprattutto relativamente alla varietà seminata, redige un modulo a ricalco, prestampato, riportante, tra gli altri, il quantitativo di semente che può ottenersi dal campo oggetto di controllo. Le sementi prodotte devono essere successivamente consegnate alle imprese sementiere che hanno l obbligo di procedere alle selezione delle stesse, nonché alla determinazione della germinabilità e della purezza 86 specifica e di richiedere all ENSE i cartellini ufficiali da applicare agli imballaggi destinati a contenere le sementi. Ultimate le operazioni di imballaggio dei vari lotti di sementi l impresa sementiera informa l ENSE per l effettuazione dei controlli principalmente sulla germinabilità e sulla purezza specifica. Se il valore della germinabilità è inferiore al limite minimo prescritto dalla normativa per ciascuna specie vegetale, l ENSE boccia l intero lotto e ritira i cartellini già consegnati e pertinenti al lotto stesso. Se invece la purezza specifica (che diminuisce in relazione alla presenza di semi estranei o di altre impurità) è inferiore al limite minimo previsto, l ENSE obbliga l impresa sementiera a rilavorare la/le partita/e risultata/e irregolare/i. In caso di conferma delle irregolarità il lotto viene bocciato. Tutti i prodotti sementieri, in entrata ed in uscita debbono essere annotati in un prescritto registro di carico e scarico preventivamente vidimato. I prodotti sementieri per essere commercializzati debbono: - appartenere a varietà iscritte in appositi cataloghi nazionali o comunitari; - essere stati ufficialmente controllati in campo dall ENSE; - essere confezionati in involucri chiusi, in modo che l apertura dell imballaggio, munito di due cartellini, comporti il deterioramento del sistema di chiusura. I due cartellini, uno del produttore e l altro dell ENSE, sono sempre di colore diverso. Classificazione dei prodotti sementieri I prodotti sementieri sono distinti nei seguenti gruppi: 1) sementi per colture erbacee da pieno campo; 2) sementi per colture erbacee ortive, ornamentali e da fiore; 3) sementi di piante agrarie arboree ed arbustive; 4) materiali di moltiplicazione costituiti da tuberi, bulbi, rizomi e simili; 5) miscugli. Le sementi del 1°, 2° e 4° gruppo si suddividono nelle seguenti categorie ed i colori dei cartellini dell Organismo ufficiale ENSE sono: 1) bianco categoria di base (elite) devono essere prodotti dal costitutore o avente causa, secondo norme che assicurino la conservazione in purezza delle varietà. Tali sementi e materiali di moltiplicazione debbono essere ufficialmente controllati e certificati. 87 2) azzurro per le sementi di I° riproduzione, rosso per le sementi certificate di II° riproduzione devono derivare da prodotto appartenente alla categoria di base, in prima e seconda riproduzione e devono essere ufficialmente controllati e certificati. 3) bruno per le sementi che non appartengono alle due suddette categorie. Devono avere provenienza determinata (almeno in quanto a regione o provincia di coltivazione). 4) verde per i miscugli. 5) giallo per le sementi ortive della categoria "Standard" Anno di produzione è quello relativo alla prima lavorazione, selezione e confezione delle sementi e degli altri materiali di moltiplicazione. Piccoli imballaggi si intendono quelli contenenti sementi ed organi riproduttivi, rispettivamente non superiori nel peso o nel numero dei pezzi (es. cereali fino a 25 Kg; mais fino a 10 Kg; miscugli fino a 2 Kg. ecc.) I CONTROLLI Controlli nello stabilimento sementiero 1) Verifica della corrispondenza tra i quantitativi di semente appartenente alla stessa specie e varietà già confezionati e/o ancora da selezionare con i quantitativi introdotti nello stabilimento e/o venduti, annotati nel registro ed indicati anche nella prescritta documentazione ufficiale di trasporto e nei documenti compilati dall ENSE all atto dei controlli in campo; 2) verifica della corrispondenza, nel numero di lotto, dei quantitativi di semente acquistata e/o prodotta con quella venduta; 3) nel caso di importatori di semente, verificare i certificati fitosanitari e di importazione, soprattutto per le sementi foraggere; 4) accertare, ove possibile, l eventuale destinazione delle sementi foraggere, illecitamente detenute come mangimi, ma commercializzate come sementi; 5) accertare l eventuale detenzione di sementi di varietà geneticamente modificate che siano, tra l altro, poste in scaffali o locali diversi da quelli ove vengono detenute altre sementi. 88 LE FRODI PIÙ COMUNI 1) Specie appartenenti a varietà diverse da quelle dichiarate in etichetta. Tali irregolarità sono molto frequenti soprattutto nelle sementi ortive ed in quelle foraggere; 2) sementi di foraggere detenute come "mangimi semplici" ma commercializzate come materiale da riproduzione; 3) illecita etichettatura degli imballaggi con casi di contraffazione dei cartellini Ufficiali; 4) commercializzazione di sementi non iscritte nei prescritti registri varietali; 5) sementi con requisiti di purezza specifica, varietale e di germinabilità diversi da quelli prescritti dalla legge o da quelli dichiarati in etichetta. 6) detenzione e commercializzazione di sementi di varietà geneticamente modificate, non riportate nell apposito conto del registro di carico e scarico per prodotti sementieri. 89 SETTORE FITOSANITARIO Riferimenti normativi: - Legge 30/4/1962 n. 283 Art. 6 ; - D.P.R. 3/8/1968 n. 1255; - D.P.R. 24/5/1988 n. 223; - Legge 16/4/1987 n. 183 art. 15; - Legge 29/5/1974 n. 256; - D.L.vo 17/3/1995 n. 194; - D.P.R. 21/4/01 n. 290. I PRODOTTI Prodotti fitosanitari o fitofarmaci: sostanze attive ed i preparati contenenti una o più sostanze attive, di varia composizione chimica (composti inorganici, organici naturali e di sintesi) destinati attraverso diversi meccanismi dazione (che dipendono dalle caratteristiche delle molecole chimiche impiegate e dal bersaglio che si intende raggiungere) a: 1) proteggere i vegetali o i prodotti vegetali dalle infezioni causate da organismi nocivi, (quali funghi o crittogame, batteri, insetti, acari, nematodi, virus, micoplasmi, molluschi, roditori, licheni, microalghe patogene); 2) favorire o regolare i processi vitali dei vegetali, con esclusione dei fertilizzanti; 3) conservare i prodotti vegetali, con esclusione degli additivi disciplinati da particolari disposizioni; 4) eliminare parti vegetali o impedire e frenarne un indesiderato accrescimento. I prodotti fitosanitari vengono usati sia in pieno campo, sia nella conservazione, sia come fisiofarmaci, per influire positivamente (fitoregolatori o biostimolanti) sui processi vitali dei vegetali. Tutti i prodotti fitosanitari, ad eccezione di quelli destinati alla sperimentazione, possono essere immessi in commercio ed utilizzati soltanto se autorizzati dal Ministero della Salute. Inoltre devono essere confezionati in involucri o imballaggi chiusi non manomissibili. 90 La classificazione comunitaria prevede due classi tossicologiche: prodotti molto tossici o tossici e prodotti nocivi. L acquisto e l impiego di tali prodotti è consentito esclusivamente a personale munito del patentino di cui all art. 23 del D.P.R. 1255/68. I prodotti di tossicità non rilevante sono esenti da classificazione e recano in etichetta la dizione irritante e non classificato. Etichettatura Le indicazioni obbligatorie da riportare in etichetta sono le seguenti: - numero e data di registrazione del Ministero della salute ed eventuale data di scadenza dell autorizzazione; - sede legale della ditta produttrice con la relativa denominazione o del titolare della registrazione; - quantità netta del preparato; - numero di partita; - indicazione che il contenitore non può essere più riutilizzato; - indicazione della classe tossicologica secondo la normativa comunitaria. Altre notizie importanti presenti in etichetta riguardano: - il prezzo di vendita, i consigli di prudenza (es. conservare fuori della portata dei bambini, evitare il contatto con gli occhi e con la pelle.) e le norme precauzionali (es. non operare controvento ); - l intervallo di sicurezza e di carenza, ovvero il periodo di tempo, espresso in giorni, di sospensione del trattamento necessario per garantire che il raccolto non contenga il principio attivo o i suoi metaboliti o al massimo li contenga in tracce inferiori al limite di tolleranza; - le norme per lo smaltimento del prodotto e del suo imballaggio. LE FRODI PIÙ COMUNI - commercializzazione, soprattutto nelle zone dove sono diffuse le colture orticole e frutticole, di prodotti ad azione preventiva delle malattie crittogamiche o repellenti per determinati insetti, o biostimolanti della produzione vegetale, dichiarati in etichetta di origine naturale, costituiti invece da fitofarmaci contenenti sostanze attive, per le quali è obbligatoria l autorizzazione e la registrazione del Ministero della Salute; - detenzione ed impiego di prodotti fitosanitari introdotti da altri Paesi della Comunità non autorizzati dal Ministero della Salute e quindi senza l indicazione, sulle confezioni, del prescritto numero di registrazione; 91 - accertamento all analisi della presenza di una quantità di principio attivo inferiore o diversa dal dichiarato; - vendita a privati utilizzatori di prodotti fitosanitari, confezionati in imballaggi anonimi, contenenti principi attivi altamente tossici e comunque non autorizzati; - prodotti commercializzati come concimi, ammendanti o correttivi, ma in realtà costituiti da fitofarmaci contenenti specifici principi attivi, obbligatoriamente soggetti, ai fini della produzione e dell utilizzo, a preventiva autorizzazione del Ministero della Salute; - prodotti fitosanitari classificati tossici e molto tossici non detenuti in locali chiusi a chiave o venduti a persone non autorizzate. 92 CAPITOLO III PROCEDURE PER L ACCERTAMENTO DI ILLECITI AMMINISTRATIVI E PENALI Le violazioni rilevate dagli ispettori dell ICRF nel corso degli accertamenti ispettivi o analitici sono sia di carattere amministrativo, che di carattere penale. Le procedure da seguire sono diverse nei due casi. VIOLAZIONI AMMINISTRATIVE La sanzione amministrativa è applicata da unAutorità amministrativa a seguito dell accertamento di una violazione. A seguito della depenalizzazione dei reati minori, introdotta dal D.L.gs 30 dicembre 1999, n.507 anche nel settore agroalimentare, la maggior parte delle violazioni previste come reati sono state trasformate in illeciti amministrativi. La disciplina dettata dalla legge 24 novembre 1981, n. 689 costituisce il quadro normativo di riferimento, applicabile alle violazioni amministrative sanzionabili con il pagamento di una somma di denaro. Tipologie -A) Pecuniaria -B) Interdittiva -C) Confisca A) La legge n. 689/1981 distingue tre tipologie di sanzione pecuniaria con riferimento al suo ammontare: 1) importo fissato tra un minimo ed un massimo della somma da pagare, prevista dalle singole norme violate. Il legislatore ha rimesso alla discrezionalità dell Autorità amministrativa la determinazione dell entità della somma da pagare; 2) importo fissato in misura proporzionale al danno provocato; 3) importo definito con una somma fissa. 93 B) Sanzione interdittiva: il trasgressore di un precetto viene privato di un diritto o di una capacità (es. chiusura temporanea di un esercizio commerciale o di un'attività produttiva). E' disposta esclusivamente dall Autorità amministrativa. C) Confisca amministrativa: consiste nell espropriazione dei beni che sono strettamente collegati con il fatto illecito. E' ordinata esclusivamente dall Autorità amministrativa. La merce confiscata, se non dannosa o scaduta, viene venduta ed i proventi sono incamerati dall Erario, diversamente viene distrutta. Prescrizione dell illecito L illecito amministrativo si prescrive: 1) se la notifica della violazione al trasgressore non viene effettuata entro 90 o 180 giorni per i residenti in Italia, 360 giorni per i residenti all estero dalla data del suo accertamento; 2) se l Autorità amministrativa non ha emesso l ordinanza di ingiunzione di pagamento entro 5 anni (prescrizione ordinaria) dalla data dell accertamento; 3) in caso di morte del trasgressore. Accertamento e contestazione L accertamento di una violazione è il presupposto del procedimento sanzionatorio: se durante un'ispezione si rileva un infrazione amministrativa, è necessario riportarla immediatamente in un verbale di accertamento. Quando possibile, la violazione deve essere immediatamente contestata al trasgressore all atto del controllo, diversamente deve essere notificata entro i termini suddetti. L oggetto della contestazione è l enunciazione del fatto accertato e la sua qualificazione come violazione amministrativa. Contenuto del verbale di accertamento: - intestazione dell ufficio verbalizzante; 94 - data e luogo dell accertamento; - ditta con generalità complete del titolare o legale rappresentante e, se del caso, anche del direttore della produzione; - nel caso di assenza del titolare o del legale rappresentante, le generalità complete della persona che assiste ai controlli; - descrizione dell illecito accertato; - normativa violata; - minimo ed il massimo edittale (o la somma proporzionale o la somma fissa); - indicazione della facoltà (art. 16 della legge n.689/1981) del pagamento in misura ridotta entro 60 giorni, o dell esclusione di tale facoltà (art.4 lett. b della legge 23/12/1986 n.898) per violazioni della legge n.460/1987 e del D.L.vo n.260/2000 (sanzioni per diverse violazioni del settore vitivinicolo) o della legge 898/1986 (indebita percezione di aiuti comunitari nel settore agricolo); - importo da pagare; - Autorità amministrativa competente a ricevere il rapporto e ad emettere eventuale ordinanza di ingiunzione di pagamento, a cui l interessato, entro 30 giorni dalla notifica della contestazione, può presentare scritti difensivi, documenti e chiedere di essere sentito; - in caso di assenza del trasgressore, debbono essere riportate le generalità della persona a cui viene consegnato il p.v. di contestazione con la specificazione da valere quale notifica al Sig.... (trasgressore/i); - firma degli intervenuti. Accertamento di irregolarità a seguito di analisi di laboratorio Nel caso in cui a seguito analisi di campioni di prodotto prelevati nel corso dell attività ispettiva, si accertano violazioni amministrative, si deve procedere a darne comunicazione al trasgressore/i, a mezzo lettera raccomandata AR. Con la stessa comunicazione si deve: a) contestare la violazione amministrativa accertata; b) indicare la norma violata; c) ammettere l interessato, entro 60 giorni dalla ricezione della comunicazione, al pagamento in misura ridotta della sanzione edittale prevista, comunque di quella più favorevole al trasgressore, con effetto liberatorio; d) segnalare la possibilità di richiedere la revisione di analisi con la partecipazione di un proprio consulente tecnico; e) indicare la somma da pagare per eventuale richiesta di revisione; f) indicare l Autorità amministrativa competente. 95 La richiesta di revisione di analisi deve essere presentata entro 15 giorni dalla data di ricevimento della comunicazione all Organo che ha eseguito le analisi; essa interrompe i termini per il pagamento succitati. L Istituto che effettua la revisione, ne dà preventiva comunicazione (almeno 10 giorni prima dell esecuzione dell analisi) all interessato. I risultati della revisione sono comunicati, a mezzo lettera raccomandata A.R., sia all interessato che al laboratorio che ha eseguito le analisi di I° istanza. In caso di conferma dell esito irregolare accertato, i termini per il pagamento in misura ridotta (60 gg.) decorrono dalla data di ricevimento della comunicazione. Se, invece, le analisi di revisione danno esito regolare, il procedimento si archivia e l interessato potrà chiedere il rimborso delle spese sostenute per l analisi di revisione. Redazione del verbale di prelevamento campione Gli elementi indispensabili che il verbale di prelevamento deve contenere sono: - intestazione dell Ufficio operante; - data e luogo dell ispezione; - denominazione della ditta presso la quale si svolge il controllo; - generalità complete: a) del legale rappresentante o del titolare della ditta; b) se esiste, del direttore di produzione del prodotto da campionare; c) della persona che assiste alle operazioni di campionamento; - descrizione dei locali e dei contenitori ove è condizionato il prodotto da campionare; - stato fisico del prodotto da campionare ed eventualmente ditta che lo ha fabbricato e/o consegnato; - descrizione delle etichette applicate ai contenitori; - modalità seguite nel prelevamento del campione, che devono essere quelle stabilite dalla normativa vigente ed in caso di prodotti fermentescibili o deperibili, modalità di conservazione durante il trasporto; - dichiarazioni e/o osservazioni eventualmente fatte dalla parte; - indicazione del numero degli esemplari prelevati e delle modalità di sugellamento degli stessi e descrizione dei sigilli; - firma degli intervenuti. - nel caso in cui il rappresentante della ditta si rifiuta di firmare, bisogna farne menzione nel verbale. 96 Copia del verbale, unitamente ad un esemplare del campione, deve essere consegnata alla parte. Il campione deve essere costituito da almeno 5 esemplari, dei quali 2 sono necessari per le analisi di I° istanza, 1 viene consegnato alla parte e 2, necessari per l eventuale revisione di analisi e/o perizia, restano presso il laboratorio inc aricato degli accertamenti. Gli esemplari del campione devono essere trasferiti tempestivamente al laboratorio per l esecuzione delle analisi. Obbligo del rapporto Se il trasgressore non effettua il pagamento della sanzione entro i termini prescritti, l Ufficio che ha accertato la violazione, anche se a seguito di analisi, deve presentare rapporto all Autorità amministrativa competente. Per le violazioni accertate dall ICRF, l Autorità amministrativa competente è: - il Prefetto nella maggior parte dei casi; - il Direttore dell Ufficio periferico dell ICRF, per somme fino ad Euro 51.645,69; per somme superiori l Ispettore Generale Capo dell ICRF per violazioni del settore vitivinicolo, punite dalla legge n. 460/1987 e dal D.L.vo 260/2000 e per le violazioni punite dalla legge n. 898/1986. Il rapporto deve contenere in sintesi i fatti accertati ed i provvedimenti adottati dall Organo accertatore. All Autorità competente a ricevere il rapporto devono essere inviati, in originale, tutti gli atti conseguenti all accertamento della violazione, completi dalla documentazione che attesti inequivocabilmente la data dell avvenuta notifica. Ordinanza di ingiunzione Conclusa la fase dell accertamento e della contestazione della violazione, l Autorità amministrativa competente a ricevere il rapporto deve: 1) sentire gli interessati, se ne avevano fatto richiesta, entro 30 giorni dalla notifica della contestazione o dalla comunicazione dell esito di analisi; 2) esaminare tutta la documentazione inviata dall Organo accertatore, comprese le eventuali controdeduzioni agli scritti difensivi presentati dall interessato. 97 Se dagli atti e da quanto riferisce l interessato nel corso dell audizione viene ritenuto fondato l accertamento della violazione, l Autorità amministrativa competente determina, con motivata ordinanza, la somma da pagare, unitamente alle spese procedurali sostenute (spese postali, di analisi) ed emette al massimo entro i cinque anni dalla contestazione l ORDINANZA DI INGIUNZIONE" di pagamento. Se invece dagli atti risulta infondato l accertamento della violazione, o nel caso di irregolare notifica (oltre i termini), viene emessa ORDINANZA DI ARCHIVIAZIONE della contestazione, che deve essere comunicata, oltre che all interessato, anche all Organo accertatore. L ordinanza di ingiunzione deve essere motivata con elementi specifici e concreti, anche allo scopo di consentire al trasgressore di organizzare la propria difesa nell eventuale opposizione giudiziale. Entro 30 giorni dalla notifica, l interessato può presentare opposizione all ordinanza ingiunzione inviandola chiedendo nel contempo un provvedimento urgente di sospensione cautelare del pagamento della sanzione stessa: - al giudice di pace per somme fino ad euro 15.493; - al giudice ordinario del Tribunale civile per somme superiori e per violazioni relative all igiene degli alimenti e bevande. Le suddette Autorità possono: - sospendere in via cautelare il pagamento della sanzione; - accogliere completamente l opposizione ed annullare l O.I.; - accogliere parzialmente il ricorso e modificare l importo della sanzione; - non accogliere l opposizione. Redazione del verbale di sequestro amministrativo Il verbale di sequestro deve riportare: - l intestazione dell Ufficio verbalizzante; - la data ed il luogo del sequestro; - il nome della ditta e le generalità complete del titolare o del suo legale rappresentante; - le generalità della persona che assiste alle operazioni di sequestro; - le generalità della persona a cui vengono affidate le cose sequestrate; - la descrizione dettagliata della merce oggetto di sequestro; - i motivi che hanno determinato il sequestro e, ove possibile, l indicazione delle norme violate, anche generica; 98 -il numero dei sigilli utilizzati e la loro descrizione; - la giustificazione che la merce non può essere custodita nei locali dell Ufficio operante; - il luogo dove saranno custodite le cose sequestrate; - l Autorità amministrativa a cui sarà inviato il verbale di sequestro; - la facoltà dell interessato di presentare alla competente Autorità amministrativa motivi di opposizione al sequestro; - la firma degli intervenuti. Copia originale del verbale di sequestro deve essere inviata, con sollecitudine, all Autorità amministrativa competente la quale, in caso di presentazione da parte dell interessato di motivi di opposizione al sequestro, dovrà emettere, entro 10 giorni, parere motivato di nullità del sequestro o rigetto della richiesta. ILLECITI PENALI Gli illeciti penali accer tati dal personale ispettivo e/o chimico dell ICRF si riferiscono generalmente a violazioni degli artt. 56, 440, 515, 516, 517, 517 bis e 640 del C.P. e degli artt. 5, 6 e 12 della legge 30/4/1962 n. 283. Gli Ispettori dell I.C.R.F., addetti ai controlli agroalimentari, a norma dell art. 57 comma 3 del C.P.P. sono ufficiali di Polizia giudiziaria nel momento in cui rilevano, nel corso della istituzionale attività di servizio un illecito di natura penale. Pertanto se nello svolgimento di un controllo viene acquisita una notizia di reato, gli ufficiali di P.G. devono riferire per iscritto al P.M. di turno, competente territorialmente, ai sensi dell art. 347 C.P.P. La Comunicazione di reato e tutte le comunicazioni connesse sono formulate dal dirigente dell Ufficio periferico dell ICRF al quale appartiene organicamente l ispettore che ha effettuato l ispezione e rilevato l illecito penale. La comunicazione è sottoscritta dall Ispettore nella sua qualità di responsabile dell ispezione ed estensore del verbale di contestazione. Se gli ispettori accertano la detenzione illegale di determinati prodotti, possono procedere immediatamente al loro sequestro, in deroga all art. 253 C.P.P. e ai sensi dell art. 354 C.P.P. In questo caso gli ispettori informano, se presenti, il titolare della ditta o il suo legale rappresentante della facoltà di farsi assistere da un proprio consulente o difensore di fiducia, ma non sono tenuti ad attendere il loro arrivo. 99 Il verbale di sequestro viene trasmesso, entro le successive 48 ore al Pubblico Ministero per l eventuale convalida e copia dello stesso verbale viene consegnato all interessato. Contenuto della comunicazione della notizia di reato 1) indicazione del/dei soggetto/i che ha/hanno commesso il reato, con le esatte generalità (ove possibile); 2) indicazione delle violazioni commesse; 3) descrizione del fatto; 4) proposte di adozione di ulteriori provvedimenti da parte dell A.G. (come perquisizione od altro) ritenuti necessari. Contenuto del verbale di sequestro 1) intestazione dell ufficio verbalizzante; 2) data, luogo, ora, denominazione della ditta e generalità del titolare o del legale rappresentante; 3) esatte generalità della persona che assiste alle operazioni di sequestro; 4) descrizione dettagliata dei beni sequestrati e dei motivi che hanno determinato il sequestro; 5) generalità della persona incaricata della custodia dei beni sequestrati; 6) indicazione del luogo dove i beni sequestrati vengono custoditi; 7) indicazione dei sigilli apposti; 8) firma degli intervenuti. Perquisizioni Gli ispettori dell ICRF sia nello svolgimento dell attività ispettiva che in quella di ufficiali di Polizia Giudiziaria non effettuano perquisizioni, le quali pertanto possono essere effettuate solo ed esclusivamente su specifico mandato emesso dall Autorità giudiziaria, ai sensi dell art. 247 C.P.P. 100 INDICE PRESENTAZIONE 2 PREMESSA 5 CAPITOLO I 7 LE FRODI E GLI ORGANI DI CONTROLLO 7 1. CLASSIFICAZIONE DELLE FRODI ALIMENTARI 7 2. ORGANI PREPOSTI ALLA REPRESSIONE DELLE FRODI AGRO-ALIMENTARI IN ITALIA 8 2.1 MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE E FORESTALI: 9 2.1.1 ISPETTORATO CENTRALE REPRESSIONE FRODI: I.C.R.F. 9 2.1.2 DIREZIONE GENERALE PER LE POLITICHE AGROALIMENTARI 11 2.1.3 DIREZIONE GENERALE DELLA PESCA 12 2.1.4 CORPO FORESTALE DELLO STATO (C.F.S.) 12 2.1.5 COMANDO CARABINIERI POLITICHE AGRICOLE 13 2.2 MINISTERO DELL ECONOMIA E DELLE FINANZE: 15 2.2.1 AGENZIA DELLE DOGANE 15 2.2.2 GUARDIA DI FINANZA 16 2.3 MINISTERO DELLA SALUTE : 13 2.3.1 DIPARTIMENTO DEGLI ALIMENTI, NUTRIZIONE E SANITÀ PUBBLICA VETERINARIA 13 2.3.2 ISTITUTO SUPERIORE DI SANITÀ (I.S.S.): 14 2.3.3 UFFICI PERIFERICI DI SANITÀ MARITTIMA ED AEREA ED UFFICI DI CONFINE TERRESTRE: 14 2.3.4 POSTI DI ISPEZIONE FRONTALIERA (P.I.F.): 14 2.3.5 UFFICI VETERINARI PER GLI ADEMPIMENTI COMUNITARI (U.V.A.C.): 15 2.3.6 COMANDO CARABINIERI PER LA SANITÀ (N.A.S.) 15 2.4 GLI ORGANI REGIONALI E LOCALI DI CONTROLLO 17 2.4.1 AZIENDE SANITARIE LOCALI (AA.SS.LL.): SERVIZI DI IGIENE PUBBLICA E SERVIZI VETERINARI 17 2.4.2 OSSERVATORI FITOSANITARI REGIONALI 17 2.4.3 STRUTTURE REGIONALI INCARICATE DI ESERCITARE LA VIGILANZA SUGLI ORGANISMI DI CONTROLLO 17 2.4.4 SERVIZI DI REPRESSIONE FRODI IN MATERIA VITIVINICOLA 18 2.4.5 ISPETTORI ANNONARI 18 2.4.6 VIGILI SANITARI 18 2.5 AGECONTROL S.P.A. 18 CAPITOLO II 19 I CONTROLLI E LE FRODI PIÙ FREQUENTI NEI PRINCIPALI SETTORI AGROALIMENTARI 19 SETTORE VITIVINICOLO 19 I PRODOTTI 19 I CONTROLLI 23 LE FRODI PIÙ COMUNI 26 DESCRIZIONE DELLE FRODI 27 PRATICHE E TRATTAMENTI ENOLOGICI 30 SOTTOPRODOTTI DELLA VINIFICAZIONE 31 ATTESTATO PRESTAZIONI OBBLIGATORIE 31 101 ETICHETTATURA VINI 32 INDICAZIONI OBBLIGATORIE 33 INDICAZIONI FACOLTATIVE REGOLAMENTATE 33 INDICAZIONI FACOLTATIVE LIBERE (esempi) 34 SETTORE CASEARIO 35 I PRODOTTI 35 LE FRODI PIÙ COMUNI RELATIVE AI FORMAGGI E AL BURRO 38 ISPEZIONE NELLO STABILIMENTO CASEARIO 39 SETTORE OLEARIO 40 I PRODOTTI:OLI DI OLIVA 40 I CONTROLLI 43 CAMPIONAMENTO DEGLI OLI DI OLIVA E DI OLIO DI SANSA DI OLIVA CONFEZIONATI IN IMBALLAGGI NON SUPERIORE A 100 LITRI 44 LE FRODI PIÙ COMUNI 45 SETTORE CONSERVE VEGETALI 47 I PRODOTTI 48 CONSERVE DI POMODORO 49 CONSERVE DI PISELLO FRESCO E CONSERVE DI FAGIOLI FRESCHI 51 CONSERVE DI ORTAGGI OTTENUTE CON ALTRI SISTEMI TRADIZIONALI: 51 LE FRODI NELLE CONSERVE DI POMODORO 52 SETTORE DEI CEREALI (FRUMENTO) E DEI PRODOTTI DERIVATI (PANE E PASTA) 54 I PRODOTTI 54 LE FRODI PIÙ COMUNI 58 SETTORE MIELE 59 I PRODOTTI 59 LE FRODI PIÙ COMUNI 60 SETTORE UOVA 62 I PRODOTTI 62 LE FRODI PIÙ COMUNI 64 SETTORE DELLA TRASFORMAZIONE AGRUMARIA 66 I PRODOTTI 66 LE FRODI PIÙ COMUNI 66 SETTORE PRODOTTI BIOLOGICI 68 I PRODOTTI E IL LORO REGIME DI PRODUZIONE 68 IRREGOLARITA PIÙ FREQUENTI 71 SETTORE OGM 72 I PRODOTTI E LE NORME DI PRODUZIONE 72 ETICHETTATURA DEI PRODOTTI ALIMENTARI NUOVI 74 SEMENTI OGM 74 SETTORE MANGIMI 76 I PRODOTTI 76 Autorizzazioni e riconoscimenti di stabilimenti di produzione dei mangimi 77 ETICHETTATURA 78 I CONTROLLI 81 Ispezioni e prelievo di campioni 81 Divieto di utilizzo di proteine derivanti da tessuti animali 81 LE FRODI PIÙ COMUNI 82 SANZIONI 82 SETTORE FERTILIZZANTI 83 I PRODOTTI 83 LE FRODI PIU' COMUNI 83 102 SETTORE SEMENTI 85 I PRODOTTI 85 I CONTROLLI 87 LE FRODI PIÙ COMUNI 88 SETTORE FITOSANITARIO 89 I PRODOTTI 89 LE FRODI PIÙ COMUNI 90 CAPITOLO III 92 PROCEDURE PER L ACCERTAMENTO DI ILLECITI AMMINISTRATIVI E PENALI 92 VIOLAZIONI AMMINISTRATIVE 92 Tipologie 92 Prescrizione dell illecito 93 Accertamento e contestazione 93 Contenuto del verbale di accertamento: 93 Accertamento di irregolarità a seguito di analisi di laboratorio 94 Redazione del verbale di prelevamento campione 95 Obbligo del rapporto 96 Ordinanza di ingiunzione 96 Redazione del verbale di sequestro amministrativo 97 ILLECITI PENALI 98 Contenuto della comunicazione della notizia di reato 99 Contenuto del verbale di sequestro 99 Perquisizioni 99 |
"Il sapore delicato che si ripropone fino al pasto successivo"
@ 2008 by Cucinaevoluta s.p.a.