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Le frodi alimentari

Dieta per la gastrite


Frodi Alimentari
1
PRINCIPALI FRODI AGRO-ALIMENTARI
ORGANI DI CONTROLLO E MODALITÀ DI
ACCERTAMENTO
ROMA SETTEMBRE 2008
2
PRESENTAZIONE
Fin dal nostro insediamento, il Ministero delle Politiche agricole e
forestali si è impegnato a perseguire una politica di tutela della qualità e
della sicurezza delle produzioni agroalimentari, nella convinzione che
proprio queste siano le sfide che il settore deve vincere, a fronte del
continuo inasprimento della concorrenza internazionale e del peso
crescente che simili temi stanno assumendo nell’ambito della Politica
Agricola Comune, anche in vista dell’allargamento dell’Unione Europea.
L’Italia ha dunque deciso di puntare su una politica volta a
favorire la diffusione di una produzione di altissimo livello, rispettosa
dell’ambiente e capace di garantire appieno gli interessi e la salute dei
consumatori.
In prima linea, rispetto a tale obiettivo, opera con capacità e
rapidità d’intervento l’Ispettorato Centrale Repressione Frodi, diffuso su
tutto il territorio nazionale e presente in tutti i segmenti della filiera
produttiva.
In questi ultimi anni l’Ispettorato ha ulteriormente intensificato
l’azione di contrasto di frodi ed illeciti nel campo agroalimentare, attuando
inoltre un’attività ispettiva sul fronte della produzione biologica ed
avviando già dal 2002 un programma mirato per la tutela dei prodotti
tipici e a denominazione protetta.
Un lavoro importante, che ora viene illustrato da questa
pubblicazione: un manuale di facile lettura, che presenta una sintetica
descrizione di tutti gli organi di controllo operanti in Italia nel comparto
agroalimentare e delle procedure di effettuazione dei controlli.
Si tratta di un primo, tangibile contributo che l’Ispettorato
intende dare alla conoscenza del proprio operato, nella consapevolezza
che il potenziamento dell’attività preventiva e di quella repressiva passa
anche attraverso la migliore circolazione delle informazioni.
Questa pubblicazione vuole essere un utile strumento a
disposizione di tutti: degli ispettori, che hanno necessità di svolgere
l’attività di vigilanza e di controllo in maniera uniforme, trasparente ed
imparziale, ma anche dei produttori e dei consumatori, che da oggi
possono consultare una guida chiara e completa delle norme che regolano
l’intero comparto agroalimentare.
GIANNI ALEMANNO
MINISTRO DELLE POLITICHE AGRICOLE E FORESTALI
3
INTRODUZIONE
La pubblicazione curata da un gruppo di funzionari dell’
Ispettorato centrale repressione frodi ha lo scopo di fornire
indicazioni sintetiche sulla normativa che disciplina il comparto
agroalimentare sulle modalità che sono alla base dell’ attività dell’
Ispettorato, ad uso del personale stesso e degli operatori.
La sintesi delle norme, delle frodi più comuni e delle
modalità operative per l’ effettuazione dei controlli fornisce al corpo
ispettivo importanti linee guida per lo svolgimento dell’ attività; ma
nello stesso tempo rappresenta per gli operatori che vengono
sottoposti ai controlli un altrettanto utile riferimento, a garanzia
della trasparenza ed uniformità all’ attività ispettiva. Obiettivo
principale è, quindi, quello di assicurare che tutti gli Ispettori dell’
ICRF, a qualsiasi ufficio periferico siano assegnati in organico,
operino secondo schemi uniformi. Il volume costituisce pertanto un
moderno strumento di gestione del sistema dei controlli.
L’ Ispettorato centrale repressione frodi, organo di controllo
posto alle dirette dipendenze del Ministro delle politiche agricole e
forestali, ha come funzione istituzionale quella della prevenzione
delle frodi nel campo delle produzioni agricole e alimentari e nei
mezzi di produzione, nonché di repressione delle frodi stesse che
possono essere perpetrate in tali settori.
Questo servizio di tutela dei produttori e dei consumatori,
può essere meglio svolto se i soggetti controllati e tutelati conoscono
bene le norme che disciplinano, rispettivamente, l’ attività produttiva
e quella di rivendicazione dei diritti di consumatori.
L’ Ispettorato Centrale repressione frodi si pone oggi come il
garante della qualità e sanità dei prodotti agroalimentari attraverso i
controlli che è in grado di effettuare in tutte le fasi di ciascuna filiera
produttiva.
Questa prima pubblicazione ha necessariamente un
carattere sintetico, in quanto comprende sia la descrizione degli
organi di controllo oggi esistenti, e sia una presentazione generale
dei singoli settori merceologici. Il volume è completato da una
descrizione degli aspetti relativi alla disciplina sanzionatoria sia a
carattere amministrativo che penale.
Le pubblicazioni che seguiranno, con cadenza bimestrale,
avranno invece un carattere più settoriale in quanto affronteranno in
maniera monografica specifici argomenti.
La redazione di questa pubblicazione è stata affidata ad un
gruppo di ispettori in servizio presso gli uffici periferici e ciò ha
4
consentito di avvalersi della professionalità e dell’ esperienza
acquisita per conferire al contenuto di tale pubblicazione un
carattere estremamente operativo e frutto di una attività vissuta.
E’ con vivo piacere, quindi che esprimiamo i nostri
complimenti agli estensori di questa pubblicazione per la capacità di
sintesi adoprata nel trattare la complessa e ponderosa attività dell’
Ispettorato.
Un particolare ringraziamento va al Dr. Giuseppe Fraggetta
che ha coordinato il gruppo di lavoro apportando alla trattazione di
molti argomenti, la sua approfondita esperienza di esperienza
maturati in tanti anni di laboriosa attività presso l’ Ispettorato
centrale repressione frodi.
L’ ISPETTORE GENERALE CAPO
(DR. GIOVANNI LO PIPARO)
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PREMESSA
Le infrazioni che si riscontrano in campo agroalimentare attraverso i
controlli ispettivi ed analitici sono in larga misura riconducibili ad inosservanze
di alcuni obblighi imposti dalla normativa vigente in materia, complessa ed in
continua evoluzione. La maggior parte delle violazioni accertate sono, infatti,
imputabili all’ insufficiente conoscenza da parte degli operatori delle norme di
settore e talora a ritardi e/o difficoltà nell’ adeguamento a nuove
regolamentazioni, così come le irregolarità riscontrate all’ analisi dei prodotti
sono generalmente dovute a fenomeni quali l’ alterazione, per inidonea o
troppo prolungata conservazione, la contaminazione da parte di microbi o di
agenti inquinanti, la non corretta manipolazione o lavorazione del prodotto.
Le vere e proprie frodi sono invece eventi dolosi, ovvero intenzionali,
più rari e gravi, che trovano la loro principale motivazione nel desiderio di
profitto, da realizzare rapidamente ricorrendo a mezzi illeciti. Nella pratica
vengono attuate tramite operazioni fittizie, falsificazioni documentali ed altri
raggiri ed espedienti diretti ad eludere i controlli e ad ingannare l’ altrui
buonafede.
La globalizzazione del mercato e l’ evoluzione delle conoscenze
scientifiche hanno determinato la progressiva riduzione delle frodi semplici e
grossolane e la comparsa di quelle ad alto contenuto tecnologico, a volte
organizzate anche a livello internazionale, molto difficili da scoprire sul
prodotto finito, tendenti ad influire su quel complesso di caratteristiche che
determinano la qualità dei prodotti e che, a volte, possono avere anche
ripercussioni sulla sicurezza alimentare.
In Italia, Paese caratterizzato da un prestigioso patrimonio
enogastronomico, dovuto all’ uso di materie prime di qualità eccellente
abbinate a tecniche di produzione strettamente connesse al territorio ed al
rispetto della tradizione, le frodi in campo alimentare consistono spesso nella
falsificazione di prodotti di qualità con prodotti ordinari (es, l’ impiego di vino da
tavola per la produzione di vino a denominazione di origine).
La convenienza economica di tali illeciti costituisce, infatti, un
incentivo per gli operatori disonesti, nei confronti dei quali l’ attuale sistema
sanzionatorio, in alcuni casi inadeguato, mostra di non avere sufficiente
potere deterrente. Inoltre molti aspetti della normativa agroalimentare, spesso
farraginosi o soggetti ad interpretazione o non aggiornati rispetto all’
evoluzione della tecnologia, o ancora di problematica verifica attraverso il
controllo, possono anch’essi contribuire alla commissione di frodi.
6
La disponibilità delle materie prime, l’ andamento della campagna
produttiva e tutti i fattori congiunturali che influenzano in genere i prezzi di
mercato possono concorrere a determinare situazioni che favoriscono la
realizzazione di varie fattispecie dolose (es. in concomitanza con l’
accresciuta richiesta in estate di mozzarella di bufala campana, proprio nel
periodo dell’ anno in cui è minore la disponibilità di materia prima, si registra
un aumento degli illeciti dovuti all’ impiego di latte vaccino, di minor costo, in
sostituzione del latte di bufala).
7
CAPITOLO I
LE FRODI E GLI ORGANI DI CONTROLLO
1. CLASSIFICAZIONE DELLE FRODI ALIMENTARI
Le frodi alimentari vengono classificate secondo gli effetti esercitati sulla
composizione e/o gli aspetti esteriori dell’ alimento in:
1. Adulterazione:Variazione volontaria della naturale composizione dell’
alimento senza peraltro effettuare aggiunta di altre
sostanze (latte scremato e/o parzialmente scremato
venduto come latte intero). Questa frode ha riflessi
negativi sia commerciali che nutrizionali;
2. Alterazione: Fenomeno solitamente accidentale che modifica la
composizione chimica ed organolettica di un alimento
(vino acescente, irrancidimento degli oli , ecc..);
3. Sofisticazione: Modifica volontaria della composizione naturale o legale
di un alimento mediante l’ aggiunta di una sostanza
estranea (aggiunta di olio di semi agli oli di oliva;
aggiunta di saccarosio al vino);
4. Contraffazione: Sostituzione di un alimento con un altro di minor pregio
ma che presenta caratteristiche macroscopiche assai
affini ( vino da tavola con vino ottenuto da uve da
mensa; margarina spacciata per burro).
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2. ORGANI PREPOSTI ALLA REPRESSIONE DELLE FRODI
AGRO-ALIMENTARI IN ITALIA
L’ attività di prevenzione e repressione delle frodi agro-alimentari in
Italia è demandata a numerosi organi di controllo ufficiale, variamente articolati
e diversificati nelle finalità che l’ azione di vigilanza si prefigge.
I controlli possono essere distinti in due tipologie:
1) controlli indirizzati alla prevenzione e repressione delle infrazioni di natura
merceologica, igienico-sanitaria e fiscale in tema di produzione e di
commercializzazione dei prodotti agroalimentari e dei mezzi tecnici di
produzione, che mirano cioè a garantirne genuinità e sicurezza e ad
assicurare la lealtà degli scambi commerciali e della concorrenza nel
rispetto della normativa vigente;
2) controlli diretti alla tutela del bilancio comunitario, finalizzati a verificare il
corretto utilizzo dei fondi erogati dalla Comunità Europea, a titolo
F.E.O.G.A , in numerosi settori del comparto agroalimentare, allo scopo di
garantire la salvaguardia degli interessi finanziari comunitari.
I principali organismi incaricati dei controlli ufficiali sui prodotti
agroalimentari ed i mezzi di produzione, sulle attività di produzione,
commercio, somministrazione di alimenti e bevande, nonché in materia di
igiene, profilassi e vigilanza veterinaria sugli animali destinati all’ alimentazione
umana, fanno capo sostanzialmente a:
§ Ministero delle politiche agricole e forestali
§ Ministero della salute
§ Ministero dell’ economia e delle finanze
§ Regioni e Province autonome
§ Comuni.
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2.1 MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE E FORESTALI:
2.1.1 ISPETTORATO CENTRALE REPRESSIONE FRODI: I.C.R.F.
Riferimenti normativi:
§ Legge 7 agosto 1986, n. 462 (art. 10);
§ Legge 9 marzo 2001, n. 49 (art. 3);
§ D.M. n. 44 del 13/02/2008;
competenze: prevenzione e repressione, anche mediante l’ esercizio di
funzioni di polizia giudiziaria (a norma dell’ art. 18 della L. 15
dicembre 1961 n.1304), delle frodi nel comparto agroalimentare,
tutela economica dei consumatori e tutela dei produttori onesti,
mediante controlli articolati lungo tutta la filiera, diretti ad
accertare la qualità merceologica e la genuinità dei prodotti
agroalimentari (vitivinicoli, oli e grassi, lattiero-caseari, cereali e
derivati, conserve vegetali, miele, agrumi) e dei mezzi tecnici di
produzione agricola (mangimi, sementi, fertilizzanti e prodotti
fitosanitari).
compiti accessori: irrogazione di sanzioni amministrative pecuniarie
principalmente in materia di: frodi a danno della Comunità
(legge n. 898/86) e della finanza nazionale, violazioni nei
settori oleario e vitivinicolo (legge n. 460/87 e successive
modificazioni, D. Lgs. n. 260/2000);
vigilanza sui prodotti a DOP,IGP e AS di cui ai Regg. CEE
2081/92 e 2082/92 da espletarsi anche in collaborazione
con i Consorzi di tutela autorizzati;
L’ art. 3 della L. 9 marzo 2001, n. 49 (legge BSE) ha posto l’ Ispettorato alle
dirette dipendenze del Ministro delle politiche agricole e forestali,
riconoscendone la piena autonomia organizzativa ed amministrativa.
L’ I.C.R.F. si articola in 6 uffici centrali, con funzioni di indirizzo, coordinamento
programmazione e monitoraggio dell’ attività, gestione economica e del
personale e irrogazione di sanzioni amministrative, 11 Uffici periferici ispettivi
dirigenziali con 16 sedi distaccate, 5 laboratori dirigenziali, 4 sezioni
distaccate, oltre a 3 sezioni temporanee operative fino al 31.12.2005.
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Uffici centrali:
UFFICIO I: programmazione delle attività istituzionali; monitoraggio e
valutazione dei programmi annuali di attività; rapporti con gli altri
organismi di controllo nazionali e comunitari; attività di studio nelle
materie di competenza dell’ Ispettorato;
UFFICIO II: indirizzo e coordinamento operativo dell’ attività ispettiva svolta
dagli Uffici periferici nei vari settori merceologici; elaborazione ed
aggiornamento periodico dei dati riguardanti l’ attività ispettiva
svolta;
UFFICIO III; indirizzo e coordinamento operativo dell’ attività dei laboratori;
aggiornamento delle metodiche ufficiali di analisi;
armonizzazione, per glia aspetti tecnico-analitici, delle norme
interne in materia di prevenzione e repressione delle frodi
agro-alimentari con quelle degli altri Paesi;
UFFICIO IV: trattamento giuridico ed aggiornamento professionale del
personale; mobilità; contenzioso del lavoro; relazioni sindacali;
UFFICIO V: affari generali; gestione capitoli di bilancio; trattamento economico
del personale; conto annuale delle spese sostenute per il
personale; tenuta della contabilità analitica; controllo di gestione;
stipula di convenzioni; informatizzazione;
UFFICIO VI: irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniaria nelle materie
di competenza; indirizzo e coordinamento dell’ attività
sanzionatoria svolta dagli Uffici periferici; esame delle
problematiche giuridiche nelle materie attinenti all’ attività
istituzionale dell’ Ispettorato.
Uffici periferici ispettivi dirigenziali e sedi distaccate:
1) Ufficio di Torino con sedi distaccate ad Asti e Genova. Circoscrizione
operativa nelle province di: AL, AO, AT, BI, CN, NO, TO, VB, VC, GE, IM,
SP, SV;
2) Ufficio di Milano con sede distaccata a Brescia. Circoscrizione operativa
tutto il territorio della Regione Lombardia;
3) Ufficio di Conegliano Veneto con sedi distaccate ad Udine e Verona.
Circoscrizione operativa nelle province di BL, PD, RO, TV, VE, VR, VI, BZ,
TN, GO, PN, TS, UD;
4) Ufficio di Bologna con sede distaccata Modena. Circoscrizione operativa
nelle province di: BO, FE, FO, MO, PR, PC, RA, RE, RN;
11
5) Ufficio di Firenze con sedi distaccate a Pisa, Ancona e Perugia.
Circoscrizione operativa nelle province di: AR, FI, GR, LI, LU, MS, PI, PT,
PO, SI, AN, AP, MC, PS, PG, TR;
6) Ufficio di Roma con sede distaccata Pescara. Circoscrizione operativa
nelle province di: FR, LT, RI, RM, VT, AQ, CH, PE, TE;
7) Ufficio di Napoli con sedi distaccate a Salerno, Potenza e Campobasso:
Circoscrizione operativa nelle province di AV, BN, CE, NA, SA, MT, PZ,
CB, IS;
8) Ufficio di Bari con sede distaccata Lecce. Circoscrizione operativa tutto il
territorio della Regione Puglia;
9) Ufficio di Cosenza. Circoscrizione operativa tutto il territorio della Regione
Calabria;
10) Ufficio di Palermo con sede distaccata Catania. Circoscrizione operativa
tutto il territorio della Regione Sicilia;
11) Ufficio di Cagliar i. Circoscrizione operativa tutto il territorio della Regione
Sardegna.
Laboratori di analisi dirigenziali e sedi distaccate:
1) Laboratorio di Conegliano Veneto con sezione staccata a Milano;
2) Laboratorio di Modena con sezioni distaccate Bologna (attiva fino al
31/12/2005) e Genova;
3) Laboratorio di Perugia con sezioni distaccate Cagliari, Firenze e Roma,
queste ultime due attive fino al 31/12/2005;
4) Laboratorio di Salerno con sezione distaccata Bari;
5) Laboratorio di Catania.
2.1.2 DIREZIONE GENERALE PER LE POLITICHE AGROALIMENTARI
Riferimenti normativi:
§ Reg. CEE n. 4045/89, modificato dal Reg. CEE n. 3094/94;
§ Decreto Interministeriale 1 aprile 1996;
§ D.P.R. 28 marzo 2000, n. 450.
competenze: servizio specifico di cui al Reg. 4045/89: coordinamento dei
controlli FEOGA – Garanzia nel settore degli interventi di
mercato e delle restituzioni alle esportazioni. Detti controlli sono
diretti alla verifica della realtà e della regolarità delle operazioni
finanziate dal FEOGA – Garanzia (controlli contabili a posteriori)
attraverso la verifica contabile di tutta la documentazione
commerciale posta in essere in relazione alle operazioni
12
FEOGA, sia dalle imprese beneficiarie dei finanziamenti, sia da
terzi (fornitori, clienti, vettori o altro) che abbiano avuto rapporti
con loro; elaborazione della relazione annuale sull’ applicazione
del Reg. CEE n. 4045/89; mutua assistenza agli altri Stati
membri per controlli da effettuarsi su ditte o terzi stabiliti in Paesi
diversi da quello in cui il pagamento del beneficio è stato
percepito. Ai citati controlli collabora la Guardia di Finanza,
tramite i Nuclei di Polizia tributaria competenti per territorio, per
la verifica della documentazione fiscale.
Rapporti con l’ OLAF (Ufficio europeo per la lotta alle frodi) per quanto
concerne le comunicazioni sui casi di irregolarità inerenti i controlli effettuati
dai vari organismi deputati ai controlli sugli interventi di mercato.
2.1.3 DIREZIONE GENERALE DELLA PESCA
Capitanerie di porto, che espletano presso i por ti italiani controlli sulle merci e
sulle derrate provenienti da altri Paesi (soprattutto extracomunitari).
2.1.4 CORPO FORESTALE DELLO STATO (C.F.S.)
Riferimenti normativi:
§ Decreto Legislativo 12 marzo 1948, n. 804;
§ Decreto Interministeriale 1 aprile 1996;
§ Legge 9 marzo 2001, n. 49;
§ D.M. 9 maggio 2001.
competenze: controllo del territorio; polizia forestale ed ambientale (con
particolare riferimento alla repressione dei reati ambientali);
sorveglianza delle cosiddette aree protette; attività di controllo
diretta alla prevenzione e repressione degli illeciti relativi all’
applicazione di taluni Regg. CEE che disciplinano la
concessione di contributi comunitari: aiuto per il ritiro dei
seminativi dalla produzione, aiuto all’ estensivizzazione della
produzione agricola, misure di accompagnamento (Reg. 2078 e
2080) nonché verifica della correttezza di alcune operazioni
rientranti nel sistema di finanziamento del F.E.O.G.A.- Garanzia,
ai sensi del Reg. CEE n. 4045/89. Inoltre, per conto di AGEA,
espletamento di controlli, in materia di tabacco e di zucchero.
Infine svolge controlli in materia di sicurezza alimentare (tramite
il Nucleo Agroalimentare e Forestale – N.A.F.).
Attualmente il Parlamento sta esaminando un progetto di legge che prevede la
riforma dell’ ordinamento del C.F.S..
13
2.1.5 COMANDO CARABINIERI POLITICHE AGRICOLE
Riferimenti normativi:
§ Legge 4 dicembre 1993, n. 491;
§ D.P.R. 28 marzo 2000, n. 450;
§ D.M. 20 agosto 2001.
competenze: controlli straordinari diretti alla repressione degli illeciti commessi
in violazione di norme comunitarie nei settori agricolo ed
agroalimentare, con particolare riferimento all’ indebita
percezione di aiuti erogati dalla Comunità; attività di controllo
sulle operazioni di ritiro e vendita di prodotti agroalimentari,
compresi gli aiuti destinati ai Paesi in via di sviluppo; verifica, a
livello generale, della corretta applicazione delle norme
comunitarie nel settore specifico, spesso in concorso con l’
I.C.R.F.
2.2 MINISTERO DELLA SALUTE :
2.2.1 DIPARTIMENTO DEGLI ALIMENTI, NUTRIZIONE E SANITÀ
PUBBLICA VETERINARIA
Riferimenti normativi:
§ D.P.R. 7 dicembre 2000, n. 435.
competenze: programmazione, coordinamento ed indirizzo delle azioni di
spettanza statale, anche derivanti da obblighi comunitari, da
esercitarsi su tutta la filiera alimentare, a tutela dell’ igiene e
della salute sia umana che animale; polizia veterinaria, profilassi
delle malattie degli animali, disposizione di controlli sulla salute
e sul benessere degli animali;smaltimento e trasformazione di
rifiuti di origine animale; sicurezza alimentare; autorizzazione
alla produzione ed immissione in commercio di prodotti
fitosanitari e dei prodotti destinati ad un’alimentazione
particolare; autorizzazione alla produzione di additivi, integratori
per mangimi, specialità medicinali e dispositivi per uso
veterinario.
14
2.2.2 ISTITUTO SUPERIORE DI SANITÀ (I.S.S.):
Riferimenti normativi:
§ D.P.R. 20 gennaio 2001, n.70
competenze: funzioni e compiti tecnico-scientifici e di coordinamento
tecnico in materia sanitaria, attività di ricerca,
sperimentazione e controllo e di formazione per quanto
concerne la salute pubblica. Svolge inoltre attività di revisione
d’analisi per conto dell’ Amministrazione sanitaria. l’ I.S.S.,
ente di diritto pubblico, dotato di autonomia scientifica,
organizzativa, amministrativa e contabile, opera a livello
centrale sotto la vigilanza del Ministero della salute
2.2.3 UFFICI PERIFERICI DI SANITÀ MARITTIMA ED AEREA ED UFFICI DI
CONFINE TERRESTRE:
competenze: vigilanza sull’ importazione di merci, specie di origine vegetale,
destinate all’ alimentazione umana ed animale, ovvero su
animali e prodotti di origine animale provenienti da Paesi terzi;
rilascio di autorizzazioni sanitarie per l’ esercizio di stabilimenti
di produzione, preparazione, confezionamento e deposito all’
ingrosso di prodotti alimentari; vigilanza sull’ igiene degli alimenti
in generale e sul personale addetto alla preparazione,
manipolazione e vendita di sostanze destinate all’ alimentazione
umana; per l’ attività analitica, questi Uffici si avvalgono dei
laboratori pubblici che effettuano accertamenti ufficiali sui
prodotti alimentari (Presidi Multizonali di Prevenzione (P.M.P.),
Istituti Zooprofilattici Sperimentali (I.Z.S.), Agenzie Regionali per
la Protezione dell’ Ambiente (A.R.P.A.);
2.2.4 POSTI DI ISPEZIONE FRONTALIERA (P.I.F.):
competenze: vigilanza di carattere veterinario su animali e prodotti di origine
animale provenienti da Paesi terzi e destinati al mercato
comunitario, ovvero solo in transito nel territorio della Comunità,
al fine di verificare il rispetto delle garanzie di sanità fornite dal
paese esportatore;
15
2.2.5 UFFICI VETERINARI PER GLI ADEMPIMENTI COMUNITARI
(U.V.A.C.):
competenze: controlli sugli animali e sulle derrate alimentari di origine animale
di provenienza comunitaria, con determinazione delle
percentuali di controllo a seconda del tipo della merce e del
luogo d’origine; applicazione dei provvedimenti restrittivi adottati
in materia dal Ministero (in collaborazione con le AA.SS.LL.);
verifica dell’ uniformità delle attività di controllo effettuate dai
servizi veterinari delle AA.SS.LL. (in collaborazione con le
Regioni); gestione dei flussi informativi concernenti le merci
oggetto di scambi all’ interno della Comunità.
2.2.6 COMANDO CARABINIERI PER LA SANITÀ (N.A.S.)
Riferimenti normativi:
§ Legge 13 marzo 1958, n. 296;
§ Legge 30 aprile 1962, n. 28;
§ Legge 26 febbraio 1963, n. 441;
§ D.M. 25 gennaio 1979
I Nuclei antisofisticazione e sanità (N.A.S.), dell’ Arma dei
Carabinieri, funzionalmente dipendenti dal Ministero della Salute, operano,
principalmente nell’ ambito della prevenzione e repressione delle frodi
agroalimentari, con competenza su tutto il territorio nazionale e con strutture
articolate a livello periferico
competenze: controlli ordinari e straordinari, esercitati su tutto il territorio
nazionale, diretti a vigilare sulla disciplina igienico-sanitaria della
produzione, commercializzazione e somministrazione di
sostanze alimentari e bevande, a tutela dell’ igiene e della salute
pubblica; lotta alle sofisticazioni nel settore dei prodotti destinati
all’ alimentazione (sia umana che animale), dei prodotti dietetici,
dei fitofarmaci, delle specialità medicinali e veterinarie.
2.3 MINISTERO DELL’ ECONOMIA E DELLE FINANZE:
2.3.1 AGENZIA DELLE DOGANE
16
competenze: espleta controlli per le restituzioni alle esportazioni e collabora,
per quanto concerne i pagamenti inerenti gli interventi di
mercato, con la Direzione generale delle Politiche
Agroalimentari del MIPAF; effettua la verifica delle merci in
entrata e uscita dal territorio nonché tiene rapporti con l’ OLAF
per la comunicazione dei casi di irregolarità sui settori inerenti le
restituzioni all’ esportazione. Nell’ ambito dell’ Agenzia operano
gli uffici tecnici di finanza UU.TT.FF., ai quali sono demandati
atti di vigilanza, accertamenti e verifiche tecnico-amministrative
ed i laboratori chimici delle Dogane che espletano controlli
analitici per conto della Pubblica Amministrazione sulla natura e
sulle caratteristiche delle merci sia nazionali che d’importazione,
concorrendo alla repressione delle frodi anche in campo
agroalimentare.
2.3.2 GUARDIA DI FINANZA
Riferimenti normativi:
§ Legge 23 aprile 1959, n. 189;
§ Legge 6 febbraio 1996, n. 52 (art. 55);
§ Legge 21 dicembre 1999, n. 526 (art. 30);
§ D. Lgs. 19 marzo 2001, n. 68.
competenze: in generale, controlli diretti alla tutela degli interessi economici e
finanziari nazionali ed alla prevenzione e repressione delle
violazioni in materia di: imposte, tasse ed ogni altro ti po di
tributo di spettanza erariale o locale, diritti doganali ed altre
risorse proprie, demanio e patrimonio dello Stato, mercato
valutario e movimentazioni finanziarie, diritti d’autore, marchi e
brevetti; a seguito della creazione del Mercato Comune ed all’
abbattimento delle barriere doganali, compiti di controllo diretti
alla repressione delle frodi agroalimentari comunitarie
connesse allo svolgimento di operazioni doganali e/o fiscali,
nonché alle indebite percezioni di aiuti comunitari (art. 640 bis
c.p. ed art. 2 della legge n. 898/86), anche attraverso gli
interventi di un apposito gruppo specializzato (Nucleo
Speciale Repressione Frodi Comunitarie), che tiene i
rapporti con l’ Organismo comunitario (O.L.A.F.) deputato a
coordinare l’ azione di tutela degli interessi finanziari della
Comunità.
17
2.4 GLI ORGANI REGIONALI E LOCALI DI CONTROLLO
L’ organizzazione amministrativa delle Regioni e Province autonome
prevede, per quanto riguarda i controlli sull’ igiene degli alimenti e delle
bevande, l’ istituzione di appositi uffici all’ interno di strutture organizzative
facenti parte degli Assessorati dell’ area sociosanitaria, che si occupano dell’
esercizio delle competenze regionali in materia di igiene pubblica e di
veterinaria. I compiti dei suddetti Uffici sono quelli di programmazione,
indirizzo, coordinamento e controllo dell’ attività dei servizi e presidi delle
Aziende sanitarie locali che operano nel campo dell’ igiene alimentare.
2.4.1 AZIENDE SANITARIE LOCALI (AA.SS.LL.): SERVIZI DI IGIENE
PUBBLICA E SERVIZI VETERINARI
competenze: verifica del rispetto delle norme d’igiene nelle fasi di produzione,
lavorazione, distribuzione e commercio degli alimenti e delle
bevande; profilassi e polizia veterinaria; ispezione e vigilanza
veterinaria sugli animali destinati all’ alimentazione umana, sugli
impianti di macellazione e di trasformazione delle carni animali,
sull’ alimentazione zootecnica (mangimi) e sugli alimenti
d’origine animale, sugli allevamenti e la salute animale, sui
farmaci d’uso veterinario
A livello territoriale operano inoltre i seguenti laboratori pubblici di controllo:
Presidi multizonali di prevenzione, che svolgono accertamenti analitici per il
controllo e la tutela dell’ igiene ambientale ed alimentare, gli Istituti
Zooprofilattici sperimentali, che effettuano esami di laboratorio su alimenti di
origine animale e mangimi e le Agenzie Regionali per la protezione dell’
ambiente A.R.P.A..
2.4.2 OSSERVATORI FITOSANITARI REGIONALI
espletano attività di vigilanza sulla corretta applicazione delle norme in materia
fitosanitaria;
2.4.3 STRUTTURE REGIONALI INCARICATE DI ESERCITARE LA
VIGILANZA SUGLI ORGANISMI DI CONTROLLO
espletano attività in materia di agricoltura biologica e sugli Organismi di
certificazione delle produzioni a D.O. P. ed I.G.P.;
18
2.4.4 SERVIZI DI REPRESSIONE FRODI IN MATERIA VITIVINICOLA
presenti solo in alcune Regioni, come il Piemonte e la Sicilia ed operanti a
livello provinciale – ad esempio, nella zona di Cuneo, Vercelli e Verbania;
2.4.5 ISPETTORI ANNONARI
dipendenti dall’ Assessorato all’ Annona dei Comuni, svolgono controlli di tipo
metrologico (temperatura di frigo-conservazione), sui prezzi e sull’
etichettatura dei prodotti alimentari;
2.4.6 VIGILI SANITARI
con competenze inerenti alla verifica della corretta applicazione delle norme
igieniche e sanitarie relative agli alimenti ed alle bevande;
2.5 AGECONTROL S.P.A.
Riferimenti normativi:
§ Legge 23 dicembre 1986, n. 898.
competenze: l’ Agenzia cofinanziata dalla Comunità Europea è incaricata della
verifica della corretta applicazione delle norme comunitarie
relative alla O.C.M. del settore oleario ed alla classificazione
degli oli, attraverso controlli a carico di Associazioni ed Unioni di
produttori olivicoli, singoli produttori, frantoi riconosciuti,
raffinerie, aziende di confezionamento, sansifici, rivendite
commerciali; verifiche agronomiche, tecniche, fisiche e
documentali al fine di accertare tutte le operazioni di acquisto,
magazzinaggio, confezionamento, vendita e stoccaggio
concernenti l’ olio di oliva e l’ olio di sansa di oliva; accertamento
e contestazione di frodi commesse nel settore oleario mediante
l’ indebita percezione e/o richiesta di aiuti comunitari alla
produzione ed al consumo dell’ olio di oliva (fino alla
soppressione di tale ultimo regime di contributi), nonché allo
stoccaggio.
19
CAPITOLO II
I CONTROLLI E LE FRODI PIÙ FREQUENTI NEI PRINCIPALI
SETTORI AGROALIMENTARI
SETTORE VITIVINICOLO
Riferimenti normativi:
§ Reg. CE n.1493/99;Reg. CE 1227/00;
§ Reg. CE 1607/00 ; Reg. CE1622/00;
§ Reg. CE 1623/00; Reg. CE 2729/00;
§ Reg. CE 883/01; Reg. CE 884/01;
§ Reg. CE 1282/01; Reg CE 753/02
§ D.P.R. 12.02/1965 n. 162;
§ Legge 10/2/1992 n.164;
§ D.M. n. 768 del 19/10/1994;
§ D.L.vo n. 260 del 10/8/2000;
§ D.M. 14/09/2001.
La vigente normativa comunitaria (allegato I del Reg. CE n. 1493/99)
detta in modo rigoroso e dettagliato le definizioni e le caratteristiche
merceologiche che i prodotti vinosi devono possedere per potersi fregiare
della relativa designazione.
I PRODOTTI
Vini atti a produrre vini di qualità prodotti in regione determinata
Si tratta dei vini a D.O.C e a D.O.C.G. che non sono ancora stati
sottoposti all’ analisi chimico-fisica e organolettica ma che possiedono tutte le
altre caratteristiche per potersi fregiare della denominazione di origine.
I vini atti a produrre D.O.C. o D.O.C.G. possono circolare solamente
all’ interno della zona di produzione/vinificazione delimitata dal disciplinare di
produzione. Salvo che i disciplinari non prescrivano diversamente, la
circolazione di tali vini fuori dalla zona di produzione determina la perdita del
diritto di rivendicare la D.O.C. o la D.O.C.G.
20
Vini a denominazione di origine V.Q.P.R.D.
Questa categoria comprende vini a D.O.C. e i vini a D.O.C.G.,
incluse le tipologie frizzante, spumante e liquoroso, se previsti dai relativi
disciplinari di produzione.
I vini a D.O.C. o D.O.C.G., per potersi fregiare della relativa
denominazione di origine, devono essere prodotti da uve provenienti da vigneti
iscritti all’ albo e devono assicurare una gradazione alcolometrica minima;
inoltre, la resa di uva/ha non deve superare i limiti stabiliti dal disciplinare di
produzione.
La vinificazione fuori zona delle uve o dei mosti non da diritto alla
rivendicazione della D.O.C. o D.O.C.G., tranne nei casi in cui il disciplinare di
produzione ne prevede la possibilità o a seguito di specifica autorizzazione
ministeriale.
Tali vini, per potersi fregiare della relativa denominazione, debbono
essere sottoposti ad analisi chimico-fisica-organolettica (art. 13. legge
10/02/1992 n. 164) da parte di Commissioni di degustazione, istituite presso le
competenti Camere di Commercio, che rilasciano il previsto parere di
idoneità.
Ottenuta l’ idoneità, i vini possono essere imbottigliati anche fuori
dalla zona di produzione, salvo i casi i cui disciplinari prevedano l’
imbottigliamento nella zona di produzione.
I vini a D.O.C.G. devono essere imbottigliati entro 90 giorni dal
rilascio del certificato di idoneità; trascorso tale periodo, è obbligatorio ripetere
le suddette analisi, cui è subordinato il parere di idoneità.
In sintesi per rivendicare una denominazione di origine occorre:
§ denunciare i vigneti (iscrizione all’ albo dei vigneti) (art. 15 della legge n.
164/1992 e dell’ art. 5 del D.M. 27/03/2001;
- denunciare le uve (art. 16 della legge n. 164/1992);
- presentare la dichiarazione vitivinicola ai sensi del Reg. CE n. 1282/01;
- che la C.C.I.A.A. competente rilasci le ricevute frazionabili (art. 16
L.n.164/92);
- che le partite siano sottoposte a controllo sistematico – certificati di
idoneità alla D.O.C. / D.O.C.G. rilasciati dalla competente C.C.I.A.A. /Reg.
CE n. 1607/00, art. 13 legge 164/92, circolare MIPAF n. 28 del
26/11/1993);
21
- annotare tutte le operazioni previste dalle vigenti disposizioni.
Vini spumanti di qualità prodotti in regione determinata (V.S.Q.P.R.D.)
Per V.S.P.R.D. si intendono i vini spumanti a Denominazione di
Origine Controllata e quelli a Denominazione di origine Controllata e garantita.
Per potersi fregiare della denominazione di origine di tali prodotti vinosi si
seguono le regole innanzi descritte per i vini DOC o DOCG.
Nella produzione dei vini spumanti è consentito l’ utilizzo del
saccarosio, sia per l’ arricchimento della partita (cuvée) sia per la presa di
spuma (operazione che permette la produzione di anidride carbonica, con
fermentazione in recipienti chiusi, al fine di produrre la spuma all’ atto dell’
apertura delle bottiglie). In questo caso, qualora l’ aggiunta di saccarosio
comporti un aumento di volume tale da superare la resa uva/vino prevista dal
disciplinare di produzione, il quantitativo eccedente tale resa non può essere
commercializzato con la denominazione di origine.
La lavorazione dei vini spumanti può essere effettuata in stabilimenti
o cantine che producono vini speciali o vini tranquilli (prodotti ai quali non è
stato aggiunto zucchero , anidride carbonica o alcool). In quest’ultimo caso,
poiché l’ art. 17 vieta la detenzione nelle cantine di sostanze zuccherine, la
produzione di vini spumanti può avvenire soltanto alla presenza di funzionari
dell’ Ispettorato centrale repressione frodi ed è necessario che la ditta presenti
allo stesso Ufficio una dichiarazione preventiva di lavorazione.
Tutte le lavorazioni di spumanti, a prescindere dal luogo dove sono
effettuate, devono essere annotate dalle ditte in apposito registro di
preparazione vini spumanti, preventivamente vidimato dall’ ICRF o dal
Comune dove è ubicato lo stabilimento.
Le produzioni di vino spumante DOC o DOCG possono essere
effettuate fuori zona di produzione, purché il relativo disciplinare lo consenta.
Vini frizzanti di qualità prodotti in regione determinata (V.F.Q.P.R.D.)
Sono i vini frizzanti a D.O.C. e a D.O.C.G. e, pertanto, per potersi
fregiare di tali denominazioni, è obbli gatorio seguire tutte la procedura innanzi
indicata per i v.q.p.r.d.
Nella produzione dei vini frizzanti, per la produzione della presa di
spuma, è consentito l’ utilizzo di mosto concentrato e/ mosto concentrato
rettificato. In questo caso, qualora i prodotti aggiunti comportano un aumento
di volume eccedente la resa uva/vino prevista dal disciplinare di produzione, il
22
quantitativo eccedente tale resa non può rivendicare la denominazione di
origine.
La produzione di vini frizzanti può essere effettuata negli stabilimenti
o cantine dove si producono o si detengono solo vini tranquilli.
Negli stabilimenti in cui vengono elaborati i vini frizzanti non può
essere detenuta anidride carbonica, a norma dell’ art. 9 del DPR n. 162/1965.
Le ditte che intendono preparare i vini frizzanti debbono inviare,
preventivamente, al competente Ufficio dell’ ICRF, una dichiarazione di lavoro
e aver denunciato, ai sensi del decreto prefettizio, le materie prime
fermentescibili e i vini che intendono utilizzare nelle lavorazioni. Tutte le
operazione di lavorazione e produzione dei citati vini debbono essere
singolarmente annotate sul prescritto registro di preparazione dei vini frizzanti,
preventivamente vidimato dall’ ICRF o dal Comune territorialmente
competente.
Per l’ elaborazione dei vini frizzanti effettuata nel periodo
vendemmiale non occorre effettuare dichiarazioni preventive di lavorazione.
Vini da tavola ad indicazione Geografica Tipica (I.G.T)
Sono vini da tavola la cui zona di produzione è stabilita da un
disciplinare che prevede le varietà di viti che possono concorrere alla
produzione di tali vini, la gradazione alcolometrica minima delle uve e del vino,
nonché la resa di uva per ettaro.
Per potersi fregiare dell’ indicazione geografica, i vini debbono
soddisfare i limiti minimi previsti dal disciplinare di produzione e non devono
essere sottoposti alle analisi sistematiche e di degustazione previste per i
VQPRD.
Vini novelli
La produzione dei vini novelli è riservata ai VQPRD ed ai vini I.G.T. i
cui disciplinari di produzione prevedano la tipologia “novello”. Debbono essere
imbottigliati, prodotti e commercializzati entro il 31 dicembre della stessa
annata di trasformazione delle uve, ai sensi del D.M. 13/07/1999.
I vini novelli debbono obbligatoriamente riportare in etichetta l’
annata di produzione.
23
I CONTROLLI
Ispezione nello stabilimento vinicolo
L’ ispezione nello stabilimento vinicolo comporta, generalmente, l’
esecuzione di operazioni di verifica di tipo fisico e documentale.
Vengono, pertanto, verificati (cioè rilevati nella loro identità e
consistenza) i locali e le attrezzature esistenti, nonché i prodotti vitivinicoli e le
altre sostanze detenuti, sia allo stato sfuso che confezionati (in quest’ultimo
caso sono controllate le modalità di presentazione del prodotto e le indicazioni
riportate sulle etichette).
Si procede, quindi, all’ esame della documentazione giustificativa
(generalmente tenuta in cantina a disposizione degli Organi di controllo).
In particolare, sono esaminati i seguenti documenti:
Planimetria della cantina: art. 40 del D.P.R. 12/2/1965 n. 162.
In essa debbono essere riportati l’ ubicazione dei vasi vinari di
capacità superiore a 10 hl con la specificazione della loro capacità;
Documenti di accompagnamento e registri: Reg. CE n. 884/2001 del
24/04/2001 e D.M. n. 768 del 19/12/1994.
Documenti di accompagnamento:
Tutti i prodotti a monte del vino e i vini trasportati in contenitori
superiori a 60 litri, quando vengono posti in circolazione debbono essere
scortati da un documento di accompagnamento (DA) preventivamente
vidimato o dagli Uffici periferici dell’ I.C.R.F. (Ispettorato centrale repressione
frodi) competenti o dai Comuni e, prima dell’ inizio del trasporto essere
sottoposti a convalida o dal Comune (al quale viene consegnata fotocopia del
documento) o mediante apposita macchina microfilmatrice preventivamente
autorizzata dall’ Ufficio periferico dell’ ICRF.
Nel caso che detti prodotti siano destinati ad altri Paesi dell’ Unione
Europea devono essere scortati dal D.A.A. (documento di
accompagnamento amministrativo) sottoposto a preventiva timbratura
dagli Enti innanzi menzionati e successivamente convalidato con le stesse
modalità del D.A..
Nel caso di trasporto nel territorio nazionale di vini in contenitori fino
a 60 litri, questi devono essere scortati dal documento di trasporto previsto dal
24
D.M. 14/04/1999 o da altro documento utilizzato anche per altri fini, a
condizione che riportino i seguenti dati:
- nome ed indirizzo dello speditore;
- nome ed indirizzo del destinatario;
- numero di riferimento destinato ad individuare il documento;
- data di redazione nonché la data di spedizione se diversa da quella
di redazione;
- designazione del prodotto trasportato, come stabilito dalla vigente
normativa nazionale e comunitaria;
- quantità del prodotto trasportato.
Se il vino è destinato ad un Paese dell’ U.E. deve essere scortato dal
D.A.A., preventivamente timbrato o dagli Uffici periferici dell’ I.C.R.F. o dai
Comuni o dagli Uffici Tecnici di Finanza competenti per territorio. Questo
documento non deve essere sottoposto a successiva convalida.
I piccoli produttori, cioè coloro che producono meno di 1.000 ettolitri
di vino l’ anno, sono tenuti ad informare gli U.T.F., competenti per territorio,
delle operazioni intracomunitarie effettuate, presentando entro il quinto giorno
successivo al termine di ciascun mese in cui sono state effettuate le suddette
operazioni, una distinta delle medesime, contenente, per ciascun destinatario,
i quantitativi di vino spediti e gli estremi della documentazione di
accompagnamento.
Tutti i documenti devono essere compilati a macchina o con scrittura
leggibile ed indelebile e non devono riportare raschiature o soprascritte. Ogni
errore di compilazione li rende inutilizzabili e nel caso che non siano stati
preventivamente sottoposti a timbratura da parte degli Enti abilitati si
considerano come non emessi.
Registri di cantina:
negli stabilimenti vinicoli o nelle cantine si debbono tenere i seguenti registri:
Registri di carico e scarico:
debbono essere tenuti dalle persone fisiche e giuridiche o Associazioni di tali
persone che posseggano a qualsiasi titolo, per la loro attività professionale o
commerciale, un prodotto vitivinicolo.
Sono esclusi da tale obbligo i rivenditori al minuto, che effettuano vendite
di vini condizionati in recipienti di volume nominale non superiore a 60 litri e
non più di 3 ettolitri per ogni cessione ed a condizione che nella stessa cantina
non si detengano quantità di vini superiore a 50 ettolitri, escludendo dal
computo i vini condizionati in recipienti di volume nominale fino a 5 litri.
25
Termini per le registrazioni:
Devono essere effettuate entro il giorno lavorativo successivo per le
entrate ed entro il terzo giorno lavorativo per le uscite.
Se la contabilità di magazzino è computerizzata, le registrazioni
possono essere effettuate entro 30 giorni, tenendo, comunque, a disposizione
degli Organi di controllo, anche per tale periodo, tutti i documenti di acquisto e
di vendita dei vari prodotti e sottoprodotti vinosi.
Registri di lavorazione e di elaborazione relativi a:
- acidificazione, dolcificazione, imbottigliamento, elaborazione vini spumanti,
arricchimento od aumento della gradazione alcolometrica, vini liquorosi,
produzione di mosto concentrato rettificato e non, trattamento con carbone
ad uso enologico, trattamento con ferrocianuro di potassio, elaborazione di
vini alcolizzati, elaborazione di vini aromatizzati, aggiunta di alcool.
Termini per le annotazioni nei registri di lavorazione e di elaborazione:
Operazioni di arricchimento: appena ultimata l’ operazione stessa.
Operazioni di trattamento con carbone, ferrocianuro ed acido tartarico:
entro il giorno stesso dell’ utilizzazione di tali prodotti.
Operazioni di imbottigliamento, di produzione di mosti concentrati, di vini
liquorosi e di elaborazione vini spumanti: entro il giorno lavorativo
successivo.
Dichiarazioni di raccolta, di produzione e di giacenza Reg. CE n. 1282 del
28/06/2001.
Dichiarazioni di raccolta
devono essere presentate da tutti i produttori di uva, eccezion fatta per coloro
che hanno una superficie vitata inferiore a 10 are purché l’ uva prodotta venga
destinata, sotto qualsiasi forma, esclusivamente per il proprio consumo.
Dichiarazioni di produzione
vengono presentate dalle persone fisiche e/o giuridiche che producono vino
e/o detengono prodotti vinosi diversi dal vino alla data del 10 dicembre di ogni
anno.
Termini di presentazione delle dichiarazioni di giacenza
devono essere presentate entro il 10 agosto di ogni anno da tutti coloro,
compresi commercianti all’ ingrosso, importatori, produttori e titolari di depositi,
che alla data del 31 luglio di ogni anno detengono mosti, mosti concentrati e/o
26
rettificati, vini (compresi i vini a denominazioni tutelate), liquorosi, aromatizzati
e spumanti.
La dichiarazione di giacenza deve essere presentata al Comune ove i prodotti
sono detenuti.
La dichiarazione di raccolta e di produzione viene presentata al Comune della
stessa provincia dove è ubicato l’ impianto a maggiore produzione.
Bilancio di cantina
I registri di carico e scarico dei prodotti vitivinicoli devono essere
chiusi al 31 luglio di ogni anno (bilancio annuo di cantina): deve essere, inoltre,
effettuato l’ inventario delle giacenze dei prodotti vitivinicoli esistenti e queste
ultime devono essere iscritte in entrata nei registri al 1 agosto.
Nei registri di carico e scarico devono, quindi, essere annotate anche
le eventuali perdite o esuberi verificatesi nella campagna in corso (1 agosto-31
luglio) e che non superino l’ 1,5% del prodotto movimentato nel corso dell’
anno.
Eventuali perdite o esuberi superiori all’ 1,5% verificatesi
accidentalmente dovranno essere tempestivamente denunciati al competente
Ufficio periferico dell’ ICRF. (art. 10 D.M. n. 768/1984).
LE FRODI PIÙ COMUNI
Riguardano, in qualche modo, sempre la composizione chimica e/o
organolettica di mosti e vini e/o l’ etichettatura del vino .
Nella produzione e commercializzazione dei prodotti vinosi possono
essere realizzati i seguenti illeciti:
- A) Adulterazione: Aggiunta di acqua;
- B) Sofisticazione: 1) Impiego di zuccheri e/o alcoli estranei;
2) Impiego di additivi, aromi e coloranti non consentiti;
3) Impiego di prodotti vinosi derivanti da uve da mensa;
-C) Contraffazione: 1) Vini ottenuti integralmente da mosti e/o uve da mensa
commercializzati come prodotti derivanti da uve da vino;
2) Vini detenuti e commercializzati con le denominazioni
tutelate (DOC e/o DOCG) senza averne i requisiti fisicochimico-
organolettici e documentali prescritti.
27
DESCRIZIONE DELLE FRODI
A) L’ adulterazione dei vini per annacquamento viene perpetrata per
aumentare i volumi e allo stesso tempo diminuire il titolo alcolometrico
volumico dei vini.
B) La sofisticazione dei vini:
1 l’ aggiunta di zuccheri estranei all’ uva (saccarosio di
barbabietola, di canna), realizzata per aumentare il volume e innalzare la
gradazione alcolica del vino. Tale pratica, attualmente permessa in gran parte
dei Paesi della UE (all. V del Reg. CE n. 1493/99) perché riconosciuta dalle
singole legislazioni come pratica enologica tradizionale vigente alla data dell’
8/5/1970, è, invece, assolutamente vietata In Italia per ragioni di protezione sia
della viticoltura meridionale, produttrice (soprattutto nel passato) di vino ad alto
grado alcolico, sia della viticoltura delle zone rinomate del Centro e del Nord.
I prezzi e la richiesta di mercato dei vini nonché la differenza fra il
costo del grado alcolico derivato dal saccarosio e il costo derivato dallo
zucchero naturale delle uve (con 1,8 Kg. circa di zucchero per Hl. si aumenta
di un’unità il grado alcolico di un vino), sono parametri presi in considerazione
dai sofisticatori vinicoli per valutare la convenienza economica di praticare
illecitamente lo zuccheraggio.
E' opportuno precisare che l’ impiego di zuccheri estranei all’ uva è
ammesso dalla nostra legislazione solo nella preparazione di vini spumanti
per l’ arricchimento e per la presa di spuma della partita cuvée e che, per
fronteggiare meglio la frode in argomento, la legislazione italiana (art. 74 del
DPR 12/2/1965 e successive modifiche) ha stabilito l’ obbligo della tenuta di
uno specifico registro di carico e scarico delle sostanze zuccherine, per
produttori, commercianti all’ ingrosso ed utilizzatori industriali di zucchero,
preventivamente vidimato dai Comuni di competenza.
Attraverso l’ applicazione di tecniche analitiche avanzate, quali la
spettroscopia di risonanza magnetica nucleare e la spettrometria di massa
isotopica, si è ottenuto un significativo progresso nell’ accertamento delle
sofisticazioni per zuccheraggio e/o l’ annacquamento, a volte praticate
contemporaneamente. Queste tecniche (analisi multisotopica ) si basano sulla
misura del contenuto in alcuni isotopi stabili quali idrogeno, carbonio,
ossigeno, azoto coinvolti nei processi biosintetici, ed anche di alcuni derivati
28
della fotosintesi (zuccheri) e dell’ acqua vegetativa. Esse consentono di
ottenere informazioni sull’ origine botanica e geografica dello zucchero e del
mezzo di fermentazione.
L’ affinamento di tali tecniche e lo studio delle variazioni minime
naturali dei rapporti isotopici di alcuni elementi (caratteristiche isotopiche) in
aree geografiche climaticamente diverse interessate alla viticoltura, ha
permesso la costituzione della banca dati NMR vitivinicola nazionale, basata
su campioni di uve di sicura origine, raccolti direttamente dall’ Ispettorato e
vinificati in laboratorio, provenienti da zone viticole note dell’ intero territorio
nazionale e distinti per annualità di produzione. Tale banca dati multisotopica,
ottenuta implementando nel tempo i valori NMR (rapporti deuterio/idrogeno)
con quelli di massa isotopica (rapporti isotopici del carbonio e dell’ ossigeno),
viene aggiornata e validata ogni anno (da una specifica commissione della CE
Regg. CEE 2348/91, 1932/97), confluisce nella banca dati comunitaria e funge
da riferimento per il controllo dei prodotti vitivinicoli.
La sua applicazione alla verifica dei derivati dell’ uva consente di
individuare l’ illecito impiego in vinificazione di zuccheri estranei, provenienti
ad esempio da mais, canna e bietola, nonché le frodi per annacquamento,
perpetrate per aggiunta diretta di acqua al vino o per ridiluizione del
concentrato, destinato ad essere poi fermentato. Inoltre nel caso di alcuni vini
di qualità, legata all’ origine geografica, tali tecniche consentono, entro certi
limiti ed areali geografici definiti, di verificarne la dichiarata provenienza da
particolari vitigni e/o da determinate zone geografiche e costituiscono un
importante mezzo di controllo dell’ origine dei vini a difesa delle produzioni di
qualità.
Per individuare frodi sempre più complesse attraverso l’ utilizzo di
tecniche all’ avanguardia, si sta dimostrando utile anche la gascromatografia
in spettrometria di massa, che permette la verifica di particolari componenti,
quali ad esempio le sostanze aromatiche utilizzate per conferire a prodotti
vinosi gusti graditi ai consumatori.
2 L’ impiego di additivi, aromi e coloranti non consentiti dalla
vigente legislazione (allegato IV del Reg. CE n. 1493/99 ed art. 17 del DPR n.
162/1965 e D.M. 27/2/1996) è una frode frequentemente praticata per
migliorare (a costi più contenuti ed in tempi ridotti) le caratteristiche chimiche
ed organolettiche dei prodotti vinosi o per nascondere i difetti più evidenti o per
adeguarli alle contingenti richieste di mercato. Così ad esempio, ai fini della
stabilità e della conservabilità dei prodotti vinosi stessi si fa uso di sostanze
chimiche con azione antifermentativa o di specifici conservanti; per
armonizzare il gusto si ricorre spesso alla glicerina; per sopperire a particolari
carenze cromatiche si utilizzano vari tipi di coloranti; per conferire particolari
29
gusti (vaniglia, fruttato, invecchiato in barriques) graditi ai consumatori, si
impiegano specifiche sostanze aromatiche, tra le quali trucioli o polvere di
legno di rovere.
L’ alcolizzazione dei vini è realizzata per aumentare
fraudolentemente il loro grado alcolico, generalmente tramite l’ aggiunta di
alcool etilico o di altri alcoli, quali il propilico e l’ isopropilico. Negli anni 80 si
verificò, con pesanti ripercussioni sul mercato vinicolo nazionale e tragiche
conseguenze per i consumatori (alcuni decessi) la sofisticazione di alcuni vini
con metanolo, componente naturalmente presente in minime quantità nel vino,
che concorre in modo assai limitato alla costituzione del grado alcolico
(mediamente 0,15 ml per ogni 100 ml di alcol complessivo). La premessa per il
suo criminale impiego fu l’ emanazione nell’ agosto del 1984 di un
provvedimento legislativo che, abolendo l’ imposta di fabbricazione e la
sovrattassa di confine per l’ importazione, ne ribassò notevolmente il prezzo.
Per scongiurare il ripetersi di simili eventi, con legge 07/08/1986 n.
462, fu espressamente vietato l’ impiego nella produzione di alimenti e
bevande del metanolo e degli alcoli similari, anche come coadiuvanti
tecnologici, e furono dettate norme per il controllo della produzione, del
deposito, della circolazione e dell’ impiego dei succitati alcoli, prevedendo
pene severe (da 1 a 5 anni di reclusione) per i trasgressori.
3 L’ impiego di prodotti vinosi derivanti da uve da mensa è tra i
fenomeni più rilevanti di sofisticazione e contraffazione vinicola, nonché di
indebita percezione di aiuti comunitari previsti per il settore vitivinicolo.
C) La contraffazione
1 La vinificazione delle uve da mensa, vietata dalle norme
comunitarie; è praticata illecitamente in considerazione dell’ affinità e della
difficoltà di distinguerle dalle uve da vino; il loro contenuto zuccherino ed
aromatico (frequentemente assai apprezzato e quindi utilizzato nella illecita
produzione di particolari vini soprattutto spumanti aromatici) e la loro
massiccia disponibilità quantitativa sul mercato (i vigneti vengono di solito
coltivati a tendone con rese produttive anche di 400 q.li/ha) le rendono un
materiale d’elezione per la realizzazione di tale frode.
Il fenomeno, in effetti, può assumere rilievo poiché ad esso sono
sempre connessi i seguenti aspetti:
- condizioni di concorrenza sleale per gli operatori onesti (cioè per chi vende
uve da vino e per chi produce e commercializza vini genuini, cioè ottenuti
dalle uve da vino);
30
- pregiudizi al bilancio nazionale e comunitario in ordine all’ evasione
d’imposte dirette ed indirette, nonché all’ indebito percepimento di aiuti
erogati dal F.E.O.G.A. in relazione ai prodotti ottenuti dalle uve da mensa;
- frodi ai danni del consumatore, soprattutto per le produzioni di vini di qualità
illecitamente ottenuti.
E’ invece consentita soltanto la trasformazione delle uve da mensa in
prodotti base (mosti muti) per ottenere succhi d'uva, in stabilimenti diversi da
quelli dove si introducono e si trasformano uve fresche da vino, ovvero si
detengono prodotti da queste derivanti.
2 La commercializzazione di comune vino da tavola come vino
con denominazione di origine, I.G.T. (ad indicazione geografica tipica) o
D.O.C.(denominazione di origine controllata ) o D.O.C.G. denominazione di
origine controllata e garantita;
Inottemperanze agli obblighi per fregiarsi delle denominazioni
tutelate (stabiliti dalla legge 10/2/1992 n. 164 e dai decreti di riconoscimento e
relativi disciplinari di produzione);
Etichettatura realizzata in modo palesemente ingannevole o
comunque equivoco, o incompleto, o inesatto e difforme ai regolamenti
comunitari.
PRATICHE E TRATTAMENTI ENOLOGICI
ARRICCHIMENTO:
Consiste nell’ aumentare, mediante impiego di mosti concentrati o rettificati, il
titolo alcolometrico volumico dei prodotti a monte del vino.
Condizioni:
- deve essere preventivamente autorizzata dallo Stato mediante apposito
Decreto Ministeriale;
- l’ Ufficio periferico competente dell’ ICRF deve essere preventivamente
informato, con apposita dichiarazione preventiva compilata su apposito
modulo stabilito dall’ AGEA, entro il secondo giorno precedente l’ inizio
delle operazioni;
- l’ operazione può considerarsi correttamente eseguita se si verificano le
seguenti condizioni:
31
a) l’ aggiunta di mosto concentrato e/o rettificato non deve fare aumentare
il volume del prodotto iniziale (mosto o vino nuovo ancora in
fermentazione) più del 6,5%;
b) l’ aumento del titolo alcolometrico volumico totale non può superare di
2 gradi il titolo alcolometrico volumico totale del prodotto da arricchire;
c) il titolo alcolometrico volumico totale, per i vini da tavola, non deve
superare 13,5 gradi nella zona viticola C3b (Sicilia, Calabria, Lucania,
Puglia e Sardegna), 12 gradi nella zona viticola C1b (province di
Sondrio, Trento, Bolzano e Aosta) e 12,5 gradi nelle restanti regioni
italiane appartenenti tutte alla regione viticola CII.
SOTTOPRODOTTI DELLA VINIFICAZIONE
Dalla trasformazione delle uve fresche, provenienti esclusivamente
da vitigni autorizzati o raccomandati (Reg. CE n. 3800/81, e successive
modificazioni), oltre ad ottenere mosti e successivamente vini, si ottengono
anche vinacce e fecce.
Tali sottoprodotti, debbono essere obbligatoriamente avviati alla
distillazione (art. 27 del Reg. CE n. 1493/99), al fine di evitare l’ illecita
produzione di vinelli (prodotti idonei alla preparazione di vini sofisticati).
Le vinacce possono essere anche avviate in stabilimenti, all’ uopo
autorizzati, per la estrazione di enocianina.
E’ esonerato da tale obbligo chi produce fino a 60 ettolitri di vino che
può effettuare il ritiro delle fecce e vinacce sotto controllo avviando le stesse
ad altri usi diversi dalla distillazione.
ATTESTATO PRESTAZIONI OBBLIGATORIE
Su richiesta del produttore vitivinicolo viene rilasciato dal competente
Ufficio periferico dell’ ICRF l’ attestato assolvimento prestazioni obbligatorie, a
condizione che:
- le vinacce ottenute siano state consegnate ad un distillatore riconosciuto
o ad uno stabilimento per l’ estrazione dell’ enocianina; nel caso della
consegna ad un distillatore riconosciuto, l’ alcool contenuto nelle
32
vinacce deve essere almeno pari a 2,8 litri di alcool puro per ogni 100 kg
di vinaccia;
- le fecce ottenute siano state consegnate ad un distillatore riconosciuto
ed abbiano un contenuto in alcool almeno pari a 4 litri di alcool puro per
ogni 100 kg di feccia;
- l’ alcool consegnato alla distilleria, sotto forma di sottoprodotti della
vinificazione e, se del caso, di vino di propria produzione, sia pari al
10% dell’ alcool del vino prodotto (esistono tuttavia alcune deroghe e
riduzioni).
Ad esempio, se sono stati prodotti 1.000 hl di vino nella zona CIII,
questi avranno un grado alcolico forfettario pari a 10° (art. 46 del reg. CE n.
1623/2000), cioè saranno stati prodotti (100.000 x 10° = 10.000) 10.000 litri di
alcool - il 10% di 10.000 è 1.000, cioè l’ obbligato deve consegnare 1.000 litri
di alcool ottenuto dalla distillazione dei sottoprodotti (vinacce e fecce). Qualora
dalla distillazione delle vinacce e delle fecce non si raggiunga tale quantitativo
di alcool, bisogna consegnare alla distilleria o ad un acetificio una quantità di
vino di propria produzione fino a raggiungere (come nell’ esempio) 1.000 litri di
alcool.
ETICHETTATURA VINI
Le indicazioni riportate su un’etichetta si considerano come un
messaggio che il produttore o il confezionatore inviano al consumatore e con il
quale lo informano sulla tipologia del prodotto,sulle caratteristiche che lo
stesso deve avere e sul ruolo che le persone partecipanti al circuito
commerciale hanno avuto. Pertanto tale messaggio deve essere chiaro e in
modo che il consumatore lo possa subito recepire aiutandolo nella scelta del
prodotto da acquistare.
Considerata l’ importanza che riveste l’ etichettatura dei vini e
tenendo conto delle nuove esigenze derivanti da un mercato globalizzato e
liberalizzato, la materia è stata nuovamente disciplinata dal Reg. CE n.
1493/99 e dal o regolamento di applicazione n. 753/2002.
La commercializzazione di vini con etichette irregolari, oltre all’ applicazione
della sanzione amministrativa da € 516,00 a € 5.164,00, prevista dal D.L.vo n.
260/2000, comporta nei casi più gravi anche il sequestro amministrativo del
prodotto, con aumento di ulteriori costi per il produttore e la conseguente
perdita di credibilità nei confronti del consumatore.
Per etichettatura secondo la UE si intende tutto il complesso delle
indicazioni o delle menzioni che caratterizzano il prodotto e che figurano sullo
33
stesso recipiente, compreso il sistema di chiusura e l’ eventuale pendaglio
attaccato alla bottiglia.
Le indicazioni obbligatorie devono essere raggruppate nello stesso
campo visivo e presentate in caratteri chiari, leggibili, indelebili e
sufficientemente grandi, in modo che risaltino bene sullo sfondo su cui sono
stampigliate e che siano nettamente distinguibili dall’ insieme delle altre
indicazioni e dai disegni.
L’ etichettatura è obbligatoria per i recipienti di volume nominale non
superiore a 60 litri e deve essere effettuata prima che il prodotto venga posto
in commercio.
Di seguito si riportano le indicazioni obbligatorie e quelle facoltative
per l’ etichetta delle diverse tipologie del vino (vino da tavola e vino a
denominazione di origine)
INDICAZIONI OBBLIGATORIE
1. Denominazione del prodotto;
2. Nome e ragione sociale dell’ imbottigliatore;
3. Sede e Stato membro dell’ imbottigliatore;
4. Volume nominale del recipiente;
5. Titolo alcolometrico volumico effettivo;
6. Numero di lotto;
7. Indicazioni ecologiche.
INDICAZIONI FACOLTATIVE REGOLAMENTATE
1. Marchio;
2. Colore particolare del vino;
3. Annata di produzione;
4. Vitigni;
5. Menzioni complementari tradizionali;
6. Riconoscimenti concorsi ecologici, ecc;
7. Tipo di prodotto;
8. Persone fisiche o giuridiche che hanno partecipato al circuito
commerciale;
9. Termini Castello o Abbazia;
10. Menzione comunitaria “Vino di qualità prodotto con uve da
agricoltura biologica”;
11. Menzione indicante l’ imbottigliamento nell’ azienda viticola;
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12. menzione comunitaria “vino di qualità prodotto in una regione
determinata”;
INDICAZIONI FACOLTATIVE LIBERE (esempi)
1. Raccomandazioni rivolte al consumatore;
2. Storia del vino e della ditta;
3. Numerazione della bottiglia;
4. Riferimento al vino prodotto con uve da agricoltura biologica;
5. Riferimento alle caratteristiche organolettiche;
6. Riferimento alla certificazione ISO.
35
SETTORE CASEARIO
Riferimenti normativi
- R.D.L. 15 ottobre 1925 n.2033 (art. 32);
- Legge 19 febbraio 1992 n.142;
- Legge 10 aprile 1954 n.125;
- D.P.R. 18 novembre 1953 n.1099;
- Legge 23 dicembre 1956, n.1526;
- Legge 11 aprile 1974, n.138;
- D.P.R. 14 gennaio 1997, n.54;
- Reg. CEE 2081/92 sulla protezione delle indicazioni geografiche e
denominazioni d’origine dei prodotti agricoli ed alimentari relative ai
formaggi a D.O.P. (denominazione d’origine protetta) e S.T.G. (Reg. CEE
2082/91 attestazione di specificità o specialità tradizionale garantita);
- Regg. CE 1107/96, 1263/96, 2527/98.
I PRODOTTI
- Formaggio: a norma dell’ art. 32 del R.D.L. 15/10/1925 n. 2033 per
formaggio si intende il prodotto che si ricava dal latte intero o
parzialmente o totalmente scremato, oppure dalla crema in seguito a
coagulazione acida o presamica anche facendo uso di fermenti lattici e
di sale da cucina;
- Prodotto a base di latte: l’ art.2 del D.P.R. 54/97 concernente la
produzione ed immissione sul mercato di latte e prodotti a base di latte
comprende in tale dizione i prodotti lattiero caseari ed i prodotti composti
di latte, specificando che per prodotti lattierocaseari, ad es. i formaggi, si
intendono quelli derivati esclusivamente dal latte, con l’ aggiunta
eventuale delle sostanze necessarie alla loro fabbricazione, purché non
utilizzate per sostituire totalmente o parzialmente un qualsiasi
costituente del latte, e per prodotti composti di latte (es i gelati
contenenti latte) si intendono i prodotti in cui il latte o un prodotto
lattierocaseario è parte essenziale caratterizzante e nessun elemento
sostituisce un costituente qualsiasi del latte.
- Formaggio fuso: a norma dell’ art. 7 del protocollo aggiuntivo della
Convenzione internazionale di Stresa del 1951 sull’ uso dei nominativi di
origine e denominazione dei formaggi, tale espressione è riservata al
prodotto della fusione di un formaggio o di una miscela di formaggi con
eventuale aggiunta di altri prodotti lattieri, ivi compreso latte in polvere
36
e/o caseina e con aggiunta o non di sali minerali (per la fusione) e/o
aromi;
- Caseina: è la sostanza proteica ottenuta dal latte scremato per
precipitazione mediante aggiunta di acidi, caglio o enzimi coaugulanti
del latte;
- Caseinati: prodotti ottenuti mediante essiccazione delle caseine;
L’ impiego di caseina e caseinati, come stabilito dal Reg. CE n.
2204/90 del 24/7/1990, è consentito solo nei formaggi fusi ed è sottoposto ai
seguenti obblighi:
1. preventiva autorizzazione da parte del Ministero delle Politiche Agricole e
Forestali;
2. obbligo di annotare su appositi registri di carico e scarico i quantitativi di
caseina e caseinati impiegati nella produzione di formaggi fusi;
3. impiego massimo consentito nella produzione di formaggi fusi non
superiore al 5%;
4. controlli periodici presso i caseifici autorizzati da parte degli Uffici agricoli
regionali.
- Preparati alimentari: sono ottenuti con impiego di formaggi, formaggi
fusi, caseina, latte in polvere, burro e/o grassi vegetali. Trovano largo
impiego nel settore della ristorazione e nelle pizzerie.
Appartengono ai formaggi numerosissimi prodotti estremamente
diversi per aspetto, caratteristiche organolettiche, contenuto in grasso,
tecnologia di lavorazione, tempi di maturazione, tutti ottenuti in base allo
stesso principio: la coagulazione della caseina, (complesso proteico tipico
del latte) per azione di fermenti (detti caglio o presame) in una massa
granulosa la cagliata, contenente oltre alla caseina, grasso, in quantità
variabile in relazione al tenore lipidico del latte utilizzato quale materia prima,
sostanze minerali e vitamine. La cagliata viene poi sottoposta a tecniche di
lavorazione diversificate in relazione al formaggio da ottenere e, in alcuni casi
(es. formaggi a pasta dura) può essere sottoposta a cottura.
Il siero che residua dalla lavorazione della cagliata viene utilizzato
per produrre ricotta, ottenuta riscaldando il siero inacidito a temperature di 80-
100C°.
La normativa nazionale in materia prevede il divieto di utilizzare latte
in polvere per la produzione di latte alimentare e prodotti lattiero-caseari (art.
L.138/74).
37
Il DPR 54/97 prevede la possibilità di utilizzare , per la produzione di
prodotti a base di latte, compresi i formaggi, anche latte crudo, a condizione
che nell’ etichetta sia apposta la dicitura ottenuto con latte crudo.
I formaggi di pregio per origine geografica e particolare tecnica di
produzione, già tutelati in ambito nazionale dalla l.125/54, sono attualmente
rappresentati da 30 prodotti a D.O.P. (denominazione di origine protetta),
riconosciuti a livello comunitario ai sensi del Reg. CE 2081/92 e da 2 prodotti
S.T.G. (specialità tradizionale garantita).
Tra i 30 formaggi D.O.P. vi sono le principali produzioni casearie
nazionali quali il Parmigiano Reggiano, il Grana Padano, la Mozzarella di
Bufala Campana, il Taleggio, l’ Asiago, la Fontina, il Gorgonzola, il Provolone
Valpadana, il Pecorino Siciliano, il Pecorino Sardo, il Pecorino Romano, il
Pecorino Toscano, il Valtellina Casera, la Casciotta d’Urbino, il Caciocavallo
Silano, il Ragusano, ecc.
Detti formaggi a denominazione tutelata (D.O.P. e S.T.G.) devono
essere prodotti in conformità al relativo disciplinare di produzione, depositato
in sede comunitaria e rispondere ai requisiti prescritti dal Reg. 2081/92 per i
prodotti che godono di riconoscimento comunitario a D.O.P. o I.G.P.. I
produttori che beneficiano del riconoscimento devono essere assoggettati al
controllo di organismi autorizzati dal MIPAF, che certificano la conformità del
prodotto ai requisiti previsti dal disciplinare.
La vigilanza sul corretto sistema di certificazione, la tutela di tali
produzioni dalla sleale concorrenza di altri prodotti o dalle imitazioni, la
valorizzazione di tali produzioni, l’ informazione del consumatore è affidata a
Consorzi di tutela riconosciuti dal MIPAF tramite appositi decreti ministeriali.
Come tutti gli altri prodotti anche quelli a DOP e IGP sono soggetti a verifiche
da parte degli organi pubblici incaricati del controllo ufficiale dei prodotti
alimentari. In particolare nell’ esercizio dell’ attività di vigilanza interviene
anche l’ ICRF, sia autonomamente che in collaborazione con i Consorzi di
tutela riconosciuti.
La differenza tra un prodotto a DOP ed uno ad IGP sta nel legame
con la zona geografica di produzione, più vincolante per il prodotto a DOP, per
il quale tutte le fasi di produzione e d’elaborazione devono necessariamente
avvenire all’ interno dell’ area territoriale delimitata e le caratteristiche del
prodotto devono essere strettamente correlate con l’ ambiente geografico
d’origine, comprensivo dei fattori naturali ed umani. Nel caso di un IGP,
invece, una almeno delle fasi deve avvenire all’ interno della zona d’origine ed
essere collegata a tali fattori.
38
La legge non prevede una classificazione univoca dei formaggi,
distinti, a seconda delle caratteristiche considerate, in: formaggi crudi,
semicotti e cotti; formaggi a pasta filata, (sottoposti al processo di “filatura” che
consiste in una particolare lavorazione con acqua calda a 85-90C°); formaggi
a pasta molle ( con più del 40% di acqua), semimolle, semidura e dura (con
meno del 40% di acqua); formaggi grassi, leggeri e magri.
La legge 19/02/1992 n. 142, prevede la possibilità di indicare sull’
etichetta dei formaggi la dicitura “leggero”se hanno un contenuto in sostanza
grassa sul secco compreso tra 20 e 35%; “magro” con contenuto in
sostanza grassa fino al 20%.
Per i formaggi a D.O.P. e S.T.G. il contenuto minimo della sostanza
grassa è stabilito nel disciplinare di produzione.
- Burro: è il prodotto ottenuto dallo sbattimento della crema ricavata dal
latte di vacca e/o dal siero di latte di vacca;
- Burro tradizionale: tale dicitura indica il burro ottenuto direttamente dal
latte o dalla crema di latte o panna.
La legge 1526/56 sulla difesa della genuinità del burro ha disciplinato
la produzione ed il commercio di questo prodotto, Successivamente con il
Reg. CE n. 2921/94 e con il Reg. CE n. 577/97 il termine “BURRO”, a
determinate condizioni può essere utilizzato per un prodotto composto di cui il
burro costituisce una parte fondamentale.
LE FRODI PIÙ COMUNI RELATIVE AI FORMAGGI E AL BURRO
Sofisticazione: - preparazione di formaggi con impiego fraudolento di latte in
polvere, o con caseina e caseinati in sostituzione di latte
liquido naturale;
- impiego di latte diverso (di minor costo) da quello
dichiarato in etichetta (latte vaccino invece di latte di
bufala o di pecora o di capra);
- impiego di formaggi scaduti nella preparazione di formaggi
freschi a pasta filata;
- impiego di caseina e burro per produrre formaggi a pasta
filata;
Contraffazione: - impiego di latte di origine animale e/o geografica diversa
da quella prescritta nei disciplinari di produzione dei
39
formaggi a denominazione di origine o a denominazione
protetta;
- produzione di burro dal siero di latte di bufala, di pecora e di
capra e commercializzarlo come burro ottenuto dalla
crema o dal siero di latte di vacca.
- impiego di additivi e coloranti non consentiti;
- impiego di grassi animali e/o vegetali e/o burro comunitario
nella produzione di burro.
ISPEZIONE NELLO STABILIMENTO CASEARIO
E' indispensabile l’ ispezione di tutti i locali dello stabilimento per
accertare l’ eventuale presenza sia di materie prime idonee alla produzione di
formaggi sofisticati (latte in polvere, caseina ecc..) che di additivi e coloranti
non consentiti dal D.M. 27/02/1996 nella preparazione di formaggi.
Come per tutti gli altri settori agro-alimentari è importante effettuare
verifiche documentali per controllare la compatibilità dal punto di vista legale
delle sostanze introdotte in caseificio (materie prime, semilavorati, altre
sostanze) con i formaggi prodotti (es. potrebbe emergere l’ introduzione di
prodotti che è vietato detenere ed impiegare negli stabilimenti caseari e/o l’
acquisto di latte di origine animale e/o geografica diversa da quella
lecitamente impiegabile nei formaggi a denominazione tutelata o di latte
proveniente da animali non registrati).
Per quanto concerne la produzione di determinati formaggi a
denominazione di origine protetta, è necessario verificare l’ attrezzatura
impiegata, perché non sempre è compatibile con quella consentita nel relativo
disciplinare di produzione di tali formaggi.
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SETTORE OLEARIO
Riferimenti normativi
- Legge 13/11/1960, n.1407;
- Reg. CE n.136/66 e successive modificazioni (Regg CE nn. 1915/87,
356/92, 2568/91, 2472/97, 455/2001 1513/2001 e, da ultimo, Reg.
796/02, che sostituisce il metodo per la valutazione organolettica degli oli
di oliva vergini (panel test);
- legge 27/1/1968 n. 35;
- Legge 5/2/1992 n.169; Reg.Ce n.2815/98;
- D.L.vo 19/10/1999, n.426;
- D.P.R. 27/10/1999 n.458;
- D.M. 3/4/2001;
- Reg. CE 1019/2002.
I PRODOTTI: OLI DI OLIVA
Gli oli di oliva vengono definiti e classificati in base ad alcuni criteri
fondamentali:
A) processo tecnologico di ottenimento:
- 1) spremitura meccanica delle olive senza alcuna manipolazione
chimica (oli vergini);
- 2) raffinazione olearia;
- 3) estrazione con solventi;
- 4) loro eventuale miscelazione;
B) acidità (espressa come percentuale di acido oleico in 100 g di olio);
C) rispondenza a determinati parametri chimico-fisici, compreso l’ esame
organolettico (panel-test).
Per quanto riguarda la dettagliata classificazione degli oli di oliva,
originariamente stabilita nel Reg. CE n. 136/66, attualmente si deve fare
riferimento a quanto stabilito dall’ allegato al Reg. 1638/98, ed inoltre,
relativamente al punteggio alla valutazione sensoriale ed organolettica degli oli
di oliva vergini (panel test), al Reg. CE n. 796/02 . Infatti gli oli di oliva vergini
devono avere determinate caratteristiche organolettiche che si riferiscono sia
ad attributi positivi (es. fruttato), che negativi (es. difetti quali rancido, riscaldo,
metallico…) e si esprimono al panel test come mediana del fruttato e mediana
dei difetti.
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A decorrere dal 1° novembre 2008 entrano in vigore le seguenti descrizioni e
definizioni degli oli di oliva stabilite dall’ allegato al Reg. CE n. 1513/2001, che
sostanzialmente differiscono per i valori di acidità fissati per le varie categorie.
INDICAZIONI OBBLIGATORIE SULLE ETICHETTE
Tutti gli oli di oliva destinati al consumatore finale debbono essere confezionati
in imballaggi di capacità non superiore a 5 litri e, nel sistema di etichettatura
(eccezion fatta per l’ acidità), oltre alla denominazione merceologica prevista
dovranno essere completate dalle diciture:
1) Olio extra vergine di oliva“: (acidità libera massimo g 0,8) “olio
d’oliva di categoria superiore ottenuto direttamente dalle olive e
unicamente mediante procedimenti meccanici”;
2) Olio di oliva vergine (acidità libera massimo 2g) “olio di oliva ottenuto
direttamente dalle olive e unicamente mediante procedimenti
meccanici”;
3) Olio di oliva (acidità libera massimo 1 g) composto da oli di oliva
raffinati e da oli vergini “olio contenente esclusivamente oli d’oliva che
hanno subito un processo di raffinazione e oli ottenuti direttamente dalle
olive;
4) Olio di sansa di oliva (acidità libera massimo 1 g) “olio contenente
esclusivamente oli derivati dalla lavorazione del prodotto ottenuto dopo
l’ estrazione dell’ olio di oliva e oli ottenuti direttamente dalle olive;
oppure olio contenente esclusivamente oli provenienti dal trattamento
della sansa di oliva e oli ottenuti direttamente dalle olive.
La designazione dell’ origine (indicazione di una denominazione di
origine protetta o denominazione geografica protetta o la designazione di
uno Stato della Comunità) può figurare sull’ etichetta unicamente per gli oli
extra vergine di oliva e gli oli di oliva vergini.
INDICAZIONI FACOLTATIVE
Tra le indicazioni facoltative che possono figurare sull’ etichetta di un
olio quelle di seguito citate sono soggette ai seguenti obblighi:
- prima spremitura a freddo è riservata agli oli d’oliva vergini o extra
vergini ottenuti a meno di 27 °C con una prima spremitura meccanica
42
della pasta di olive, con un sistema di estrazione di tipo tradizionale e
con presse idrauliche;
- estratto a freddo è riservata agli oli d’oliva vergini o extra vergini
ottenuti a meno 27 °C con un processo di percolazione o
centrifugazione della pasta d’olive;
- caratteristiche organolettiche possono figurare, esclusivamente se
sono basate sui risultati di un metodo di analisi previsto dal Reg. CE n.
2568/91;
- acidità o acidità massima può figurare unicamente se accompagnata
dalla menzione, in caratteri delle stesse dimensioni e nello stesso
campo visivo, dell’ indice dei perossidi, del tenore delle cere e dai valori
dell’ assorbimento nell’ ultravioletto, stabiliti a norma del Reg. CE n.
2568/91.
- “miscela di oli vegetali (o nomi specifici degli oli vegetali) e di olio di
oliva” seguita immediatamente dall’ indicazione della percentuale di
olio di oliva nella miscela. La dizione “Olio di Oliva” può essere fatta
unicamente se la percentuale dell’ olio di oliva supera il 50%.
Oli d’oliva a D.O.P. (Denominazione di origine protetta) e ad I.G.P.
(Indicazione geografica protetta)
Gli oli extravergini di oliva D.O.C. di qualità legata all’ origine, erano già
riconosciuti a livello nazionale dalla Legge 5/2/1992 n. 169.
Successivamente, con l’ entrata in vigore del Reg. CE 2081/92, che
disciplina, in generale, i prodotti a denominazione di origine protetta (ad
eccezione dei vini), i prodotti ad indicazione geografica protetta (I.G.P.) e quelli
con attestazione di specificità (S.T.G.) e ne riconosce la protezione su tutto il
territorio comunitario, molti oli a D.O.C. sono divenuti a D.O.P. ed altri hanno
ottenuto il riconoscimento come olio a D.O.P. o a I.G.P. previa, naturalmente,
la conformità al disciplinare di produzione notificato in sede europea e ad altri
requisiti stabiliti nel predetto regolamento (obbligo di sottoporsi al regime di
controllo da parte di un Organismo di controllo e di certificazione, all’ uopo
autorizzato dal Paese membro. Dove sono stati costituiti, operano i Consorzi
di tutela ed in collaborazione con i competenti uffici periferici dell’ ICRF
svolgono attività di sorveglianza in base ad un annuale protocollo operativo.
Gli oli a DOP o a IGP come tutti i prodotti a denominazione tutelata,
provengono da determinate zone geografiche italiane e da specifiche varietà
di olivi, i cui disciplinari di produzione sono stabiliti da appositi Decreti
Ministeriali.
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OLI DI SEMI E LORO CLASSIFICAZIONE
- Olio di semi greggio: olio ottenuto dalla estrazione a mezzo solventi dei
semi oleosi o dalla loro pressione meccanica;
- Olio di semi: Olio di semi greggio successivamente sottoposto a
raffinazione e la cui acidità espressa in acido oleico non supera g. 0,5 per
100 g (art. 18 del D.L. 22/12/1954, n. 1217).
I CONTROLLI
ISPEZIONE NEGLI STABILIMENTI OLEARI
E' indispensabile l’ ispezione di tutti i locali dello stabilimento e della
documentazione detenuta, al fine di accertare l’ eventuale presenza di
sostanze e/o prodotti idonei alla fraudolenta produzione di oli e la verifica dell’
osservanza degli obblighi di legge, tenendo presente che.:
a) Frantoi oleari: qualora in questi opifici si effettua soltanto l’ estrazione
dell’ olio dalle olive e quindi né confezionamento e né
commercializzazione di oli, è' vietata la detenzione di oli
diversi da quelli della categoria degli oli vergini di oliva
ottenuti dalla spremitura meccanica delle olive;
b) Depositi e stabilimenti di confezionamento di oli alimentari:
- deve essere indicata su tutti i recipienti la natura merceologica degli oli
contenuti (legge 13/11/1960 n.1407);
- non possono essere detenuti quantitativi rilevanti di oli non destinabili al
consumo alimentare (la detenzione di oli di oliva vergini lampanti potrebbe
favorire la illecita miscelazione con altri oli vergini aventi bassa acidità).
La eventuale detenzione di oli lampanti dovrebbe riferirsi soltanto a
modesti quantitativi di oli che si sono irranciditi o nei quali è aumentata l’
acidità;
- vi è obbligo di tenere apposito registro di carico e scarico, vidimato dall’
Ufficio periferico dell’ ICRF (D.M. 3/4/2001), qualora nello stabilimento si
confezionano oli vergini ed extra vergini di oliva riportanti la
denominazione di origine (prodotto italiano o D.O.P. o I.G.P.);
- le imprese di confezionamento che intendano riportare in etichetta l’
origine degli oli con la dicitura "Prodotto Italiano", debbono essere
preventivamente autorizzate dall’ organismo regionale (Assessorato
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Agricoltura) che assegna loro un codice di identificazione alfanumerico
da riportare obbligatoriamente in etichetta;
- è opportuno effettuare verifiche, soprattutto presso i depositi dei
commercianti all’ ingrosso di oli, dirette ad impedire l’ illecita
miscelazione di olio di nocciola con oli di oliva provenienti soprattutto
dalle zone del Salento e di Gioia Tauro (RC) ;
c) Raffinerie
- in questi stabilimenti la raffinazione degli oli di oliva vergini lampanti,
degli oli di sansa greggi e degli oli di semi greggi avviene secondo il
seguente procedimento tecnologico: 1) neutralizzazione; 2)
decolorazione; 3) deodorazione; 4) filtrazione;
- nello stabilimento di raffinazione potrebbero verificarsi, soprattutto nei
giorni prefestivi e festivi, illecite lavorazioni illecite lavorazioni, quali la
desterolizzazione di oli di semi per poterli rendere miscibili con gli oli di
oliva, o la deodorazione di oli di oliva lampanti per eliminarne i difetti e
spacciarli per oli di oliva di categoria merceologica superiore.
CAMPIONAMENTO DEGLI OLI DI OLIVA E DI OLIO DI SANSA DI OLIVA
CONFEZIONATI IN IMBALLAGGI NON SUPERIORE A 100 LITRI
Qualora la partita sia costituita da più di 125.000 litri, essa viene suddivisa in
sottopartite di quantità approssimativamente pari o inferiore a 125.000 litri. Il
metodo in questo caso si applica a ciascuna partita così definita
1) Contenuto del prelievo elementare
Il prelievo elementare è costituito:
a) qualora gli imballaggi immediati abbiano una capacità superiore a 5
litri, ripartito in almeno 8 recipienti da 0,75 litri;
b) qualora gli imballaggi immediati abbiano capacità superiore o uguale
a 2 litri ma inferiore a cinque litri, ripartito in almeno 8 imballaggi
immediati;
c) qualora gli imballaggi immediati abbiano capacità superiore o uguale a
0,75 litri ma inferiore a 2 litri, da almeno 8 imballaggi immediati;
d) qualora gli imballaggi immediati abbiano una capacità inferiore a 0,75
litri, dal numero minimo di imballaggi immediati, la cui capacità totale
superi almeno 6 litri;
45
e) dall’ olio di un imballaggio immediato
2) Numero dei prelievi elementari
Il numero minimo dei prelievi elementari è fissato in funzione della dimensione
della partita secondo la seguente tabella
PARTITA (litri) Numero minimo dei prelievi elementari
7.500 2
25.000 3
75.000 4
125.000 5
Si precisa che gli imballaggi immediati facenti parte dello stesso prelievo
elementare devono essere scelti tra gli imballaggi contigui della partita.
Per il campionamento degli oli sfusi si osservano le disposizioni del Reg. CE
n. 379/1999 che recepisce le norme UNI EN ISO 661 ed EN ISO 5555.
LE FRODI PIÙ COMUNI
Sofisticazione degli oli di oliva:
- Miscelazione di olio di oliva con olio di semi tal quale o preventivamente
sottoposto (in raffineria) a particolari trattamenti (desterolizzazione,) per
nasconderne i componenti che lo renderebbe riconoscibile al controllo
analitico;
- oli dichiarati extra vergini di oliva ottenuti illecitamente per miscelazione di
oli raffinati con oli vergini (anche lampanti);
Contraffazione:
- Olio di semi colorato con clorofilla venduto come olio vergine di oliva;
- Olio vergine ed extra vergine di oliva non di origine italiana venduto come
olio extravergine di oliva made in Italy o addirittura come denominazione
di origine tutelata;
Adulterazione:
- Gli oli di oliva vengono illecitamente sottoposti, in raffineria, a processi di
deodorazione (allontanamento di odori sgradevoli per iniezione di vapore
sottopressione) e disacidificazione (riduzione dell’ acidità operando a
bassa temperatura e sotto vuoto) per ottenere oli privati dei difetti
organolettici e a bassa acidità che poi vengono spacciati per extra
vergini, in violazione alla vigente normativa nazionale e comunitaria;
46
Frodi commerciali internazionali:
- oli vergini di oliva introdotti in Italia con la denominazione merceologica
di oli di semi ed oli di oliva extracomunitari introdotti in Italia in
temporanea importazione (per essere raffinati o confezionati restituiti al
Paese di origine) che, attraverso triangolazioni commerciali, vengono
invece immessi sul mercato nazionale o europeo a prezzo ridotto,
grazie alle evasioni fiscali.
47
SETTORE CONSERVE VEGETALI
Riferimenti normativi:
- Legge 6.2.1996 n.52 Disposizioni per l’ adempimento di obblighi derivanti
dall’ appartenenza dell’ Italia alle CE – Legge Comunitaria 1994.
- Legge 10.03.1969 n.96 Istituzione di un controllo qualitativo sulle
esportazioni di pomodori pelati e concentrati di pomodoro ed estensione di
determinate norme ai medesimi prodotti destinati al mercato interno.
- D.P.R. 11.4.1975 n.428 Approvazione del regolamento di esecuzione della
legge 10.3.11969, n.96, concernente l’ istituzione di un controllo qualitativo
sulle esportazioni di pomodori pelati e concentrati di pomodoro ed
estensione di determinate norme ai medesimi prodotti destinati al mercato
interno.
- D.M. 04.09.1985 Normativa di qualità del Pomodoro Industriale
concentrato – Succhi – Polpa o Triturato.
- D.M. Ministero Agricoltura e Foreste 3.02.1989 n.51 Approvazione dei
metodi ufficiali di analisi per le conserve vegetali.
- Decreto L.vo 27.01.1992 n.109 – Attuazione delle direttive 89/395/CEE e
89/396/CEE, concernenti l’ etichettatura, la presentazione e la pubblicità
dei prodotti alimentari.
- Circolare Ministero della Sanità n.211 del 7.12.1970 – Conserve alimentari
– Scatole scondizionate.
- Circolare Ministero della Sanità n.54 del 28.06.1980 – Alimenti vegetali
conservati. Pr oblemi igienico - sanitari connessi alla trasformazione dei
nitrati in nitriti.
- D.P.R. 8.06.1982 n.401 Attuazione Dir. CEE n.79/693 relativa alle
confetture, gelatine e marmellate di frutta e crema di marroni.Modificato
dal Decreto Ministero dell’ Industria 7.5.1992 n.400.
- Decreto Ministero dell’ Industria 7.5.1992 n.400 Regolamento recante
attuazione della Dir.n.88/593/CEE relativa al ravvicinamento delle
legislazioni degli Stati membri concernenti le confetture, le gelatine, le
marmellate e la crema di marroni.
- Circolare Ministero dell’ Industria n.137 del 25.6 1990 (G.U. n.166 del
18.7.1990) Controllo e vigilanza sulla produzione delle conserve alimentari
vegetali e conseguenti adempimenti.
- Circolare Ministero dell’ Industria n.138 del 13.6. 1991 Contr ollo e vigilanza
sulla produzione delle conserve alimentari vegetali e conseguenti
adempimenti.
- Circolare Ministero dell’ Industria n.138 del 13 .6.1991 Controllo e vigilanza
sulla produzione delle conserve alimentari vegetali e conseguenti
adempimenti.
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- Dir.CE 2001/13 Cons.20.12.01 Confetture, gelatine e marmellate di frutta
e alla crema di marroni destinate all’ alimentazione umana.
- Decreto del Ministero delle Attività produttive 02.08.2001, n.167.
Etichettatura e presentazione di prodotti alimentari.
I PRODOTTI
Le conserve si differenziano in:
-conserve propriamente dette, la cui durabilità è ottenuta da una chiusura in
contenitori ermetici (banda stagnata, vetro, ecc) seguita dal trattamento
termico (sterilizzazione) tale da inattivare sia la microflora che gli enzimi
presenti;
-semiconserve, la cui stabilità nel tempo è ridotta, oltre che dal processo di
conservazione adottato, da fattori ambientali (temperatura), per cui occorre far
ricorso a particolari accorgimenti (atmosfera controllata, temperatura limitata,
ecc.). Nel caso che il pH sia eguale o superiore a 4,5, la conservabilità è
conseguita mediante l’ accoppiamento della chiusura in contenitori ermetici e
di un trattamento termico capace di inattivare la maggior parte sia dei
microrganismi che degli enzimi (pastorizzazione).
Tutte le altre semiconserve, qualunque sia il loro pH, sono ottenute con il
ricorso a particolari trattamenti, (affumicazione, essiccazione, congelazione,
liofilizzazione) o all’ aggiunta di particolari sostanze (zucchero, sale, olio,
alcool, aceto, ecc.), mentre i contenitori possono essere non ermetici.
La conservazione dei prodotti agroalimentari può essere conseguita con
diversi sistemi, tra i quali l’ appertizzazione (il più importante) e la
surgelazione (il più recente).
L’ appertizzazione, dal nome del francese Appert che nel 1809 mise a punto
un sistema di conservazione diverso da quelli tradizionali (salatura,
essiccamento, affumicatura), consente una conservazione duratura degli
alimenti dopo la cottura in recipienti chiusi ermeticamente e sterilizzati in
acqua bollente.
Le conserve appertizzate sono:
Pomodori : concentrato 28/30;
pelati;
passata;
altre lavorazioni (escluso il ketchup);
Conserve di ortaggi:
- piselli freschi;
- fagiolini;
- legumi secchi reidratati (fagioli, piselli, ceci, lenticchie);
- spinaci, asparagi, peperoni, carciofi, patate, finocchi;
- macedonie di ortaggi;
- mais dolce.
49
La surgelazione consiste consente la conservazione di un alimento allo stato
naturale o cucinato, in modo che la temperatura della superficie raggiunga in
circa 4 ore, cioè mediante congelamento ultrarapido, la temperatura da –45° a
–50° C. In tal modo, le modificazioni fisico - chimiche ed istologiche dell’
alimento sono decisamente lievi, spesso nulle e la sua conservabilità può
superare anche un anno.
CONSERVE DI POMODORO
Nell’ industria conserviera italiana, il primo posto è occupato dal
pomodoro “Lycopersicum esculentum o Solanum”, appartenente alla famiglia
delle Solanacee. L’ area mediterranea è facilmente coltivabile all’ aperto. La
coltivazione del pomodoro è sotto il controllo della CE, che ne fissa
annualmente sia le superfici da investire in ciascuna regione che la categoria
da coltivare (da tavola o per frutto fresco, per concentrati, per pelati ecc..)I
derivati industriali del pomodoro sono ripartibili in tre gruppi: concentrato di
pomodoro, pomodori pelati interi in conserva, altri derivati (pelati non interi o
triturato in conserva, polpe, cubettato, passata, succo, surgelato, essiccato,ecc.).
Il D.P.R. 428/75 definisce le seguenti denominazioni:
1. “Pomodori pelati” è riservata ai pomodori di tipo lungo privati della
buccia con le eventuali aggiunte (succo di pomodoro parzialmente
concentrato, semi-concentrato);
2 . “Semiconcentrato di pomodoro” è riservata al succo di pomodoro
sottoposto a processo di concentrazione ed il cui residuo secco, al netto
del sale aggiunto, non sia inferiore al 12%;
2. “Concentrato di pomodoro” è riservata al succo di pomodoro
sottoposto a processo di concentrazione ed il cui residuo secco, al netto
del sale aggiunto, non sia inferiore al 18%;
3. “ Doppio concentrato di pomodoro” è riservata al succo di pomodoro
sottoposto a processo di concentrazione ed il cui residuo secco, al netto
del sale aggiunto, non sia inferiore al 28%;
4. “ Triplo concentrato di pomodoro” è riservata al succo di pomodoro
sottoposto a processo di concentrazione ed il cui residuo secco, al netto
del sale aggiunto, non sia inferiore al 36%;
5. “Sestuplo concentrato di pomodoro ” è riservata al succo di
pomodoro sottoposto a processo di concentrazione ed il cui residuo
secco, al netto del sale aggiunto, non sia inferiore al 55%;
Ai soli fini del D.P.R. 428/75, deve intendersi per “succo di
pomodoro” il liquido polposo, convenientemente separato da bucce e semi,
50
ottenuto per triturazione e setacciamento dei frutti freschi di pomodoro. E’
vietato diluire con acqua i concentrati di pomodoro per ottenere succo di
pomodoro ricostituito, salvo quanto disposto dalla circolare Ministero dell’
Attività Produttive n. 167 del 2/08/2001, la quale dispone che ciò si può
effettuare ma deve essere espressamente dichiarato in etichetta.
Altre definizioni più specifiche sono riportate nel Regolamento (CE)
n.504/97 del 19.03.1997 in G.U.R.I. n.42, serie speciale del 5-6-1997.
Il concentrato (nell’ ultimo decennio ha registrato un certo
ridimensionamento) è prodotto nella Pianura Padana ed è destinato ai Paesi
del Nord Europa; ed il suo collocamento è reso sempre più difficile per l’
elevata concorrenza internazionale per il minor costo della manodopera
(Turchia, Europa Orientale, Cina, Nord e Sud America). E’ utilizzato per
successive produzioni (salse, ketchup, condimenti).
Il regolamento CE 1764/86 stabilisce che possono essere impiegati,
nella preparazione dei pomodori pelati acqua, succo di pomodoro, concentrato
di pomodoro, spezie naturali, erbe aromatiche e relativi estratti, aromi naturali,
cloruro di sodio, cloruro calcio, acido citrico. Le dosi di NaCl non devono
superare il 3% del peso netto. Le bucce non devono superare i 300 cm2 di
superficie complessiva per 10 kg. di peso netto. Il peso netto dello sgocciolato
deve essere non inferiore al 56% della capacità in acqua del recipiente. Tutta
la massa deve occupare almeno il 90% della capacità in acqua del recipiente.
Il D.P.R. 428/1975 dispone che:
- I pomodori pelati debbono essere ottenuti da frutto fresco,sano, maturo e
ben lavato e devono avere, tra gli altri, i seguenti requisiti minimi:
a) presentare colore rosso caratteristico del pomodoro sano e maturo;
b) avere odore e sapore caratteristici del pomodoro ed essere privi di odori
e sapori estranei;
c) essere privi di larve di parassiti e di alterazioni di natura parassitaria;
d) il peso dello sgocciolato non deve essere inferiore al 60% del peso
netto;
e) il residuo secco, al netto del sale aggiunto, non inferiore al 4%;
f) il contenuto in bucce non superiore a 3 cm2 per 100 g di contenuto. In
ogni recipiente il contenuto in bucce non deve superare il quadruplo di
tale limite;
Ai pomodori pelati e ai pomodori di qualità superiore è consentita l’
aggiunta di succo di pomodoro parzialmente concentrato, avente residuo
secco non inferiore all’ 8%.
Sono di qualità superiore i prodotti con sgocciolato non inferiore al 70%, con
contenuto in bucce non superiore a 1,5 cm2 per ogni 100 g di prodotto.
Il Ketchup (di origine malese) è una salsa piccante per condimento, a base di
succo di pomodoro addizionato di aceto, erbe aromatiche, farine di semi vari,
zucchero ecc.; si prepara o direttamente dal pomodoro maturo, preferibilmente
di colore rosso vivo, o dal concentrato di pomodoro.
51
I fiocchi di pomodoro essiccati sono una variante dei pomodori essiccati;
sono in genere utilizzati come componenti di miscele di verdure essiccate per
minestroni.
Il succo di pomodoro in polvere ha avuto la medesima evoluzione del latte
in polvere; per entrambi fino a circa venti anni fa venivano impiegati essiccatori
a cilindro, attualmente si usa il metodo spray-drying o si ricorre alla
liofilizzazione. Il succo per la sua rilevante igroscopicità e raffinatezza di gusto
deve essere subito confezionato in contenitori ermetici, sotto gas inerte (azoto
o anidride carbonica) .
Il più recente derivato del pomodoro è costituito dai cubetti surgelati,
previa000000 eliminazione del liquido e dei semi, che costituiscono il
contenuto delle logge. Tale produzione è smerciata in sacchetti di film plastici.
CONSERVE DI PISELLO FRESCO E CONSERVE DI FAGIOLI FRESCHI
In entrambe, vengono utilizzate come materie prime sia legumi
freschi che secchi reidratati (piselli, ceci, fagioli e lenticchie); nel primo caso
all’ atto della raccolta, i legumi in campo vengono sottoposti a lavaggio e
calibratura e poi destinati o alla surgelazione oppure alla produzione di
conserve. Nel secondo caso i legumi vengono sottoposti a scottatura, per
causarne il rigonfiamento prima dell’ inscatolamento, a lavaggio, a un celere
raffreddamento cui segue una cernita, per allontanare i legumi avariati e l’
aggiunta di liquido di governo, costituito da una soluzione di NaCl al 2%, aromi
naturali e la sterilizzazione (116°C).
CONSERVE DI ORTAGGI OTTENUTE CON ALTRI SISTEMI
TRADIZIONALI:
· Cetrioli all’ aceto;
· Peperoni rossi e gialli all’ aceto o in salamoia;
· Olive verdi e nere in salamoia;
· Carciofini all’ olio;
· Melanzane arrostite all’ olio;
· Asparagi sott’olio;
· Giardiniera;
· Conserve di funghi coltivati;
· Cipolline all’ aceto;
· Antipasti misti;
· Capperi all’ aceto e al sale;
· Pasta di olive verdi e nere all’ olio;
52
· Pasta di tartufo bianco;
· Zucchini sott’olio;
· Cime di rape sott’olio;
· Brovada;
· Caponata siciliana;
· Crauti;
· Fave sott’olio;
· Funghi essiccati;
· Melanzane,peperoni e pomodori essiccati;
· Ketchup;
· Minestre di ortaggi disidratati;
Minestre e creme di ortaggi.
LE FRODI NELLE CONSERVE DI POMODORO
1) Aggiunta di glucosio e zucchero complesso (si impiegano nei preparati da
pomodoro maturi e/o di scarsa qualità per abbassare l’ indice di acidità);
2) aggiunta di addensanti ( gelatine, agar-agar, farina di fecola ) per
migliorare lo stato di stabilità e consistenza del prodotto e/o per
nascondere gli effetti dell’ impiego di materie prime difettose ovvero di
tecniche di produzioni indesiderate o non conformi nella normale
produzione.Nel caso specifico produzione di passata mediante l’ impiego
del solo concentrato non dichiarato in etichetta;
3) aggiunta di coloranti naturali ed artificiali, utilizzati principalmente quando
la materia prima non è ancora del tutto matura, o nella produzione di succo
ottenuto con miscelazione alle bacche di pomodoro di polpa di altri vegetali;
4) aggiunta di sostanze antisettiche ( acido benzoico, acido salicilico , acido
borico, formaldeide, acetato di calcio, cloruro di calcio, acido citrico, )
utilizzati per garantire la conservabilità dei prodotti quando la materia prima
non è idonea o quando è affetta da malattie parassitarie e batteriosi, ( es.
blephorospora terrestris, phytoptara infestans ecc) oppure per il non
corretto processo produttivo e di confezionamento;.
5) aggiunta di prodotti vegetali diversi dal pomodoro quali polpa e/o succo di:
carote, zucche, barbabietole rosse, fichi d’india, prugne secche ( nelle
conserve nere );
6) aggiunta ai prodotti derivanti dal pomodoro, passata e sughi a base di
pomodoro,notevoli quantitativi di concentrato non dichiarato in etichetta;
7) dichiarazioni in etichetta difformi da quello che viene riscontrato nelle
confezioni, relativamente a peso netto, peso sgocciolato, residuo ottico,
valori nutrizionali, ingredienti;
8) reimpiego di prodotti scaduti, apportando alle singole confezioni modifiche
della data di scadenza;
53
9) nessuna indicazione in etichetta sull’ origine del prodotto, indicazione in
etichetta dell’ origine diversa da quella reale.
Tutte le semiconserve possono essere oggetto di sofisticazioni, per quanto
riguarda la non rispondenza rispetto al dichiarato del tipo di olio utilizzato per
la conservazione, nonché la non conformità del peso sgocciolato dichiarato.
Per quanto riguarda le semiconserve a base di funghi, vengono spacciati per
funghi coltivati in Italia funghi di provenienza extracomunitaria.
Altri problemi riguardano l’ etichettatura e precisamente;
- la mancata dichiarazione dell’ utilizzo di additivi chimici (coloranti,
conservanti, antiossidanti, emulsionanti e stabilizzanti, addensanti e
gelificanti ed aromi) oppure la loro dichiarazione in modo errato senza
indicare la categoria di appartenenza.
- l’ omissione dell’ indicazione della sede dello stabilimento di produzione
quando è presente la sigla rilasciata dal Ministero dell’ Industria, prevista dall’
art.27 del Decreto Leg.vo 109/92 .
54
SETTORE DEI CEREALI (FRUMENTO) E DEI PRODOTTI
DERIVATI (PANE E PASTA)
Riferimenti normativi:
- Legge 4/7/1967 n.580; legge 8/6/1971 n.440; D.M. 5/11/1971
- D.P.R. 30 novembre 1998, n. 502 (revisione della normativa in materia di
lavorazione e di commercio del pane).
- D.P.R. 23 giugno 1993, n. 283 relativo alle denominazioni legali di alcuni
prodotti da forno;
- D.P.R. 9 febbraio 2001, n. 187 (revisione della normativa nazionale sulla
produzione e commercializzazione di sfarinati e paste alimentari);
I PRODOTTI
I cereali sono un gruppo di piante monocotiledoni, appartenenti alla
famiglia delle graminacee, i cui frutti (cariossidi) sono usati sin dall’ antichità
per l’ alimentazione umana ed animale in tutto il mondo. I più comuni sono: il
frumento o grano, il riso, l’ orzo, il mais l’ avena, la segale.
Dalla macinazione dei cereali si ottengono farine, semole e semolati,
distinti in relazione al diametro dei granuli; tali prodotti della macinazione dei
cereali sono la base per la produzione di molti derivati, quali il pane, la pasta
ed i prodotti da forno, caratteristici dell’ alimentazione italiana. La lavorazione
industriale dei cereali avviene attraverso la macinazione e la successiva
separazione per setacciamento (abburattamento) del germe e dei tegumenti
della cariosside (crusca).
Il grado di abburattamento di una farina è il numero di Kg. di farina
ottenuti da 100 kg. di cereale in cariosside e, pertanto, il grado di
abburattamento è una misura della finezza di una farina (più è basso e più la
farina è fine).
La farina di grano tenero è il prodotto che si ottiene dalla
macinazione e dal successivo abburattamento del grano tenero, liberato dalle
sostanze estranee e dalle impurità.
La farina integrale di grano tenero è il prodotto che si ottiene
direttamente dalla macinazione del grano tenero, liberato dalle sostanze
estranee e dalle impurità.
55
Le farine di grano tenero esistono nei seguenti tipi, differenti tra loro
per il grado di abburattamento, il contenuto in ceneri e in proteine: farina 00;
farina tipo 0; farina tipo 1; farina tipo 2; farina integrale di grano tenero.
La farina tipo "00" può essere prodotta sotto forma di sfarinato
granulare (granito).
Generalmente gli sfarinati di grano tenero vengono impiegati per la
produzione di pane e dolci.
La farina integrale è il prodotto della semplice macinazione delle
cariossidi, senza setacciatura ed eliminazione della crusca. Essa ha un più
alto contenuto di sostanze minerali, fibra e grassi provenienti dagli strati
esterni della cariosside (crusca).
Dalla macinazione di grano duro si ottengono, oltre alla crusca,
composta dal germe e dai tegumenti della cariosside, i seguenti prodotti
commerciali:
- semola di grano duro, o semplicemente semola: prodotto granulare a
spigolo vivo ottenuto dalla macinazione e conseguente abburattamento del
grano duro, liberato dalle sostanze estranee e dalle impurità (utilizzata per la
produzione di paste secche);
- semolato di grano duro o semplicemente semolato: prodotto ottenuto
dalla macinazione e conseguente abburattamento del grano duro, liberato
dalle sostanze estranee e dalle impurità, dopo l’ estrazione della semola;
- semola integrale di grano duro o semplicemente semola integrale:
prodotto granulare a spigolo vivo ottenuto direttamente dalla macinazione del
grano duro, liberato dalle sostanze estranee e dalle impurità;
- farina di grano duro: prodotto non granulare ottenuto dalla macinazione e
conseguente abburattamento del grano duro, liberato dalle sostanze
estranee e dalle impurità.
Tali sfarinati di grano duro differiscono per il contenuto in ceneri e in
proteine. L’ umidità massima per tutti i tipi di sfarinati è il 14,50%, anche se è
tollerata l’ immissione al consumo di sfarinati di grano duro e di farine di grano
tenero con umidità fino al 15,50%, a condizione che tale valore di umidità
massima figuri in etichetta.
Pane: E' il prodotto ottenuto dalla cottura, totale o parziale, di una
pasta convenientemente lievitata, preparata o con sfarinati di grano (duro o
tenero) acqua e lievito.
Il pane ottenuto mediante completamento di cottura da pane
parzialmente cotto, surgelato o non surgelato, deve essere distribuito e messo
56
in vendita in comparti separati dal pane fresco e in imballaggi preconfezionati
riportanti, oltre alle indicazioni previste dal D.Lgs. 109/92, anche la seguente:
“ottenuto da pane parzialmente cotto”, oppure, in caso di provenienza da
prodotto surgelato, “ottenuto da pane parzialmente cotto surgelato”.
Il pane ottenuto dalla miscelazione di diversi tipi di sfarinati è
denominato “pane al…”, seguito dal nome dello sfarinato caratterizzante
utilizzato; gli sfarinati impiegati figurano nell’ elenco degli ingredienti.
Quando nella produzione di pane sono impiegati altri ingredienti
alimentari consentiti (art. 14 della L.580/67, artt. 3 e 4 del D.P.R. 502/98) la
denominazione di vendita deve essere completata dalla menzione dell’
ingrediente utilizzato e , nel caso di più ingredienti, da quello o da quelli
caratterizzanti.
La legge fissa il contenuto massimo di acqua del pane a cottura
completa (sottoforma di percentuale di umidità), qualunque sia il tipo di
sfarinato impiegato per la sua produzione, che varia aumentando in funzione
della pezzatura del prodotto ( es. da 100 g. a 250 g. massimo 31%, oltre 1 Kg.
massimo 40%), così come alcune caratteristiche di composizione del pane
ottenuto con l’ aggiunta di
ingredienti particolari (es. il pane con aggiunta di sostanze grasse deve
contenere non meno del 3% di materia grassa totale riferito alla sostanza
secca).
Con D.P.R. 283/93 sono state dettate le denominazioni legali di
alcuni prodotti italiani da forno, quali i crackers, le fette biscottate, i crostini e
ne è stato fissato il tenore massimo di umidità (7% in peso del prodotto finito
con una tolleranza del 2% in valore assoluto per i crackers e le fette biscottate
e 10% in peso del prodotto finito con una tolleranza del 2% in valore assoluto
per i crostini).
La pasta destinata al commercio è il prodotto ottenuto dalla
trafilazione, laminazione e conseguente essiccamento di un impasto preparato
con semola di grano duro ed acqua, o con semolato di grano duro ed acqua,
o con semola integrale di grano duro ed acqua. I vari tipi di pasta, denominati,
in relazione al tipo di semola utilizzato (semola, semolato, semola integrale di
grano duro), “pasta di semola di grano duro, o pasta di semolato di grano
duro, o pasta di semola integrale di grano duro, hanno un’umidità massima
percentuale di 12,50% e differiscono per altre caratteristiche compositive
(contenuto in ceneri, in proteine, acidità massima in gradi).
La legge italiana (D.P.R. 187/2001) fissa per tutti i tipi di pasta secca,
ottenute da grano duro, una tolleranza massima del 3% di farina di grano
tenero.
57
E’ consentita la produzione di paste speciali, ottenute oltre che dal
grano duro, con l’ impiego di ingredienti alimentari rispondenti alle norme
igienico-sanitarie e diversi dagli sfarinati di grano tenero. Le paste speciali
sono vendute con la denominazione pasta di semola di grano duro,
completata dalla menzione dell’ ingrediente utilizzato e, nel caso di più
ingredienti, di quello o di quelli caratterizzanti.
La pasta all’ uovo deve essere prodotta esclusivamente con semola
e almeno 4 uova intere di gallina, prive di guscio, di peso complessivo non
inferiore a 200 g di uovo per ogni chilogrammo di semola. Le uova possono
essere sostituite da ovoprodotto liquido fabbricato esclusivamente con uova
intere di gallina rispondente ai requisiti prescritti dal D. L.gs. 4 febbraio
1993/65. Tale pasta deve essere posta in vendita con la denominazione di
pasta all’ uovo e deve avere le seguenti caratteristiche: umidità massima
12,50 per cento, contenuto in ceneri non superiore a 1,10 su cento parti di
sostanza secca, proteine (azoto X 5,70) in quantità non inferiore a 12,50 su
cento parti di sostanza secca, acidità massima pari a 5 gradi, estratto etereo e
contenuto in steroli non inferiori, rispettivamente, a 2,80 grammi e 0,145
grammi, riferiti a cento parti di sostanza secca.
E’ consentita la produzione di paste alimentari fresche e
stabilizzate, nelle quali è possibile impiegare farine di grano tenero. Le paste
fresche possono essere commercializzate allo stato sfuso o in imballaggi
preconfezionati; se commercializzate allo stato sfuso, devono essere
conservate, dalla produzione alla vendita, a temperatura non superiore a 4°C
ed hanno durabilità non superiore a 5 giorni dalla data di produzione; le paste
fresche vendute in imballaggi preconfezionati devono avere determinati
requisiti fissati dalla legge (tenore in umidità non inferiore al 24 per cento,
attività dell’ acqua libera compresa tra 0,92 e 0,97, essere state sottoposte a
trattamento termico equivalente almeno alla pastorizzazione ed essere
conservate, dalla produzione alla vendita, a temperatura non superiore a 4°C.
Sono denominate paste stabilizzate le paste alimentari fresche con
umidità non inferiore al 20 per cento ed attività dell’ acqua libera non superiore
a 0,92, sottoposte a trattamenti termici e a tecnologie di produzione che
consentono il trasporto e la conservazione a temperatura ambiente.
Il D.P.R. 187/2001 consente la produzione di sfarinati e paste
alimentari, destinati alla spedizione verso altri Paesi, con requisiti diversi da
quelli previsti dalla legislazione nazionale, (ad esempio ottenuti con l’ impiego
di grano tenero) purché si tratti di prodotti non nocivi alla salute, previa
autorizzazione concessa, di concerto, dai Ministeri delle Politiche agricole e
forestali, delle attività produttive e della salute. Per tali produzioni è
58
obbligatorio tenere un registro di carico e scarico, vidimato dall’ Ufficio dell’
I.C.R.F. competente per territorio.
LE FRODI PIÙ COMUNI
- produzione di pasta denominata di semola di grano duro con semolato
anziché con semola;
- produzione di pasta di semola di grano duro con sfarinati di grano tenero
(questo tipo di sofisticazione da qualche anno è meno frequente perché il
prezzo dei grani duri è uguale o addirittura inferiore a quello dei grani teneri).
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SETTORE MIELE
Riferimenti normativi
- Legge 12/10/982 n. 753;
- Legge 19/2/1992 n. 142;
- Legge 29/12/1990 n. 428;
- legge comunitaria 24/4/1998 n. 128;
- D.M. 25/10/1985;
- D.M. 31/12/1985;
- Direttiva CE/110/2001 da recepire.
I PRODOTTI
Per miele si intende il prodotto alimentare che le api domestiche
producono dal nettare dei fiori o dalle secrezioni provenienti da parti vive di
piante, o dalle sostanze secrete da insetti succhiatori presenti su parti vive di
piante, che esse bottinano, trasformano, combinano con sostanze specifiche
proprie, immagazzinano e lasciano maturare nei favi dell’ alveare.
Si tratta di una sostanza zuccherina elaborata dalle api, per le quali
rappresenta una riserva alimentare ricca di energia. Il miele contiene
prevalentemente gli zuccheri semplici fruttosio e glucosio, ma anche vitamine,
sali minerali e piccole quantità di altre sostanze (pigmenti, aromi, enzimi e
sostanze ad azione antibiotica). Il colore del miele può variare da una tinta
quasi incolore al marrone scuro; può avere consistenza fluida, densa o
cristallizzata, con sapore ed aroma che variano in relazione alle piante di
origine.
La legislazione vigente distingue il miele a seconda dell’ origine in:
1) miele di nettare, ovvero ottenuto principalmente dal nettare dei fiori;
2) miele di melata, ovvero ottenuto principalmente dalle secrezioni
provenienti da parti vive di piante o dalle sostanze secrete da insetti
succhiatori presenti su parti vive di piante; a seconda del metodo di
produzione in: miele di favo, miele con pezzi di favo, miele scolato , miele
centrifugato, miele torchiato.
Il miele non deve avere sapore o odore anomalo, non deve aver
iniziato un processo di fermentazione, non deve essere sottoposto a
trattamento termico che distrugga o inattivi gli enzimi in esso contenuti, né
presentare un’acidità modificata artificialmente.
60
Alcune caratteristiche di composizione del miele hanno intervalli di
variazione legalmente prefissati - tenore d’acqua: in genere non più del 21%,
per alcuni mieli particolari: non più del 23%; tenore apparente di zuccheri
riduttori: nel miele di nettare non meno del 65%, nel miele di melata: (solo o in
miscela con miele di nettare) non meno del 60%; tenore apparente di
saccarosio: in genere non più del 5%, per il miele di melata: (solo o in miscela
con miele di nettare) e per alcuni mieli particolari: non più del 10%; tenore di
sostanze insolubili in acqua:non più dello 0,1%, nel miele torchiato: non più
dello 0,5%; tenori in sostanze minerali: non più dello 0,6%, nel miele di
melata:(solo o in miscela con miele di nettare) non più dell’ 1%; acidità: non
più di 40 milliequivalenti per kg; indice diastasico: in genere non meno di 8, per
alcuni tipi di miele:( come ad esempio quello di agrumi) non meno di 3; tenore
in idrossimetilfurfurale: non più di 40 mg/Kg -.
Al miele commercializzato non può essere aggiunto nessun altro
prodotto o additivo.
La direttiva CE/110/2001, cui gli Stati membri dovranno conformarsi
entro il 1° agosto 2008, riporta negli allegati le nuove definizioni merceologiche
per il miele e le caratteristiche legalmente fissate di composizione, in linea con
le più recenti metodologie analitiche. I principi fondamentali introdotti da tale
normativa sono:1) la previsione del miele filtrato, ovvero ottenuto eliminando
sostanze organiche o inorganiche estranee e in modo significativo dei pollini, il
filtraggio spinto del miele o ultrafiltrazione dovrà essere comunque essere
chiaramente indicato sui contenitori, gli imballaggi ed i documenti commerciali;
2) l’ etichettatura del prodotto in relazione all’ origine geografica, in particolare
i mieli miscelati si divideranno, a seconda dei paesi d’origine in “miscele di
mieli originari della CE”, “miscele di mieli non originari della CE”, “miscele di
mieli originari e non originari della CE”; 3) la possibilità, ad esclusione del
miele filtrato e di quello per uso industriale ( che può avere difetti, quali gusto
ed odore anomali, essere effervescente, essere stato surriscaldato), di
completare la denominazione del prodotto con indicazioni riferite all’ origine
botanica (miele ottenuto integralmente o principalmente dalla pianta indicata)
o geografica ( miele proveniente interamente dalla zona indicata) o a criteri di
qualità specifica.
LE FRODI PIÙ COMUNI
- miele etichettato come monoflorale (es. di castagno) che è in realtà miele
millefiori, cioè con origine botanica diversa dal dichiarato;
- miele extracomunitario venduto come italiano o come miele prodotto in un
altro Paese della Comunità, cioè di origine geografica diversa dal dichiarato;
61
- miele prodotto con illecita aggiunta di acqua, zuccheri (soprattutto glucosio)
o melasse.
62
SETTORE UOVA
Riferimenti normativi
- LEGGE 03/05/1971 n. 419;
- Reg. CE n. 1907/90; Legge 10/04/1991 n. 137;
- Reg. CE 1274/91; D.M. 16/12/1991 n. 434;
- Decisione del Consiglio n. 94/371 del 20/06/1994;
- Direttiva n.1999/74/CE del 19/07/1999;
- D.Leg.vo n. 146 del 26/03/2001;
- Direttiva n. 2002/4/CE del 30/01/2002;
- D.M. 19/06/2002.
I PRODOTTI
Per uova si intendono: le uova di gallina in guscio, adatte al consumo umano
diretto o all’ utilizzazione nell’ industria alimentare, escluse le uova rotte, le
uova incubate e le uova cotte.
La classificazione delle uova può essere effettuata da ditte obbligatoriamente
autorizzate, dal MIPAF
La classificazione delle uova per categoria di qualità
Sino al 31 Dicembre 2008 le uova sono classificate in tre categorie di qualità
:
Categoria A o uova fresche destinate al consumo umano diretto;
Categoria B o uova di seconda qualità o conservate;
Categoria C o uova declassate, destinate alla produzione di derivati dell’
uovo.
Dal 1° gennaio 2004 è stata prevista l’ unificazione delle categorie “B” e “C” in
una nuova categoria “B”, di uova destinate alla trasformazione. Pertanto da
tale data le uova saranno classificate come segue:
- Categoria “A” o uova fresche;
- Categoria “B” o uova di seconda qualità o declassate, destinate alla
trasformazione in ovoprodotti o all’ industria non alimentare.
Classificazione delle uova per categoria di peso
- XL - grandissime: da 73 grammi ed oltre;
63
- L - grandi : da 63 grammi a 73 grammi
- M - medie : da 53 grammi a 63 grammi;
- S - piccole : meno di 53 grammi.
Le uova possono essere commercializzate soltanto se
preventivamente classificate per categoria di qualità e di peso presso centri di
imballaggio appositamente autorizzati. Sono escluse da tale obbligo le uova
vendute dal produttore ai consumatori per il proprio fabbisogno personale:
- direttamente nella propria azienda;
- in un mercato pubblico;
- consegnate direttamente al domicilio dei consumatori;
- uova trasportate direttamente dal luogo di produzione ad un centro di
imballaggio;
- uova trasportate dal luogo di produzione ad un mercato il cui accesso è
riservato ai commercianti all’ ingrosso, la cui impresa è riconosciuta come
centro di imballaggio;
- uova consegnate per la trasformazione, ad imprese dell’ industria
alimentare riconosciute per la preparazione di ovoprodotti;
- uova consegnate all’ industria alimentare.
L’ etichettatura delle uova, data l’ importanza che riveste per il
consumatore, si realizza attraverso un insieme di informazioni (obbligatorie e
facoltative) che devono figurare sugli imballaggi o essere stampigliate sulle
uova.
Dal 1° gennaio 2004 entreranno in vigore anche le norme che impongono di
riportare sull’ imballaggio il riferimento all’ allevamento, nonché il codice
distintivo dell’ unità di provenienza da stampigliare sulle singole uova della
categoria A.
Le indicazioni obbligatorie da riportare sugli imballaggi, piccoli o
grandi, delle uova sono:
- il contrassegno ufficiale;
- il cognome e nome, l’ indirizzo e la ragione sociale dell’ impresa che ha
imballato o fatto imballare le uova;
- il numero distintivo del centro di imballaggio;
- la categoria di qualità;
- la categoria di peso;
- il numero delle uova imballate;
- l’ indicazione della data di durata minima (non può superare i 28 giorni
dalla data di deposizione delle uova);
- l’ avvertenza a conservare le uova in frigorifero;
64
- l’ indicazione di riferimento al metodo di allevamento (obbligatoria dal
1//1/2004);
- l’ indicazione della data di imballaggio (obbligatoria per le uova della
categoria B, facoltativa per quelle di categoria A);
da riportare sulle confezioni o sulle uova
- la data di deposizione;
- la data di vendita raccomandata (ovverosia il termine ultimo per la
vendita al consumatore). Questa data corrisponde al massimo a 21
giorni dalla data di deposizione delle uova, calcolata sottraendo una
settimana dalla data di durata minima;
- l’ origine delle uova;
- il tipo di alimentazione;
- per la categoria “A” la dicitura “EXTRA”. In questo caso le uova
debbono essere confezionate in piccoli imballaggi recanti una fascetta
con la scritta EXTRA fino …. seguita dalla data corrispondente al nono
giorno dalla deposizione o al settimo giorno dalla data di imballaggio.
Indicazioni facoltative da apporre sugli imballaggi o sulle uova per le
quali è necessario chiedere l’ autorizzazioni al Ministero delle politiche agricole
e forestali per il tramite l’ Ufficio periferico dell’ Ispettorato centrale repressione
frodi, per poter indicare:
- Sistema di allevamento all’ ”aperto e a terra”;
- tipo di alimentazione;
- data di deposizione;
- origine delle uova.
Le ditte sono tenute ad annotare in apposito registro,
preventivamente vidimato dal competente Ufficio periferico dell’ ICRF tutti i
dati e gli elementi relativi alle indicazioni per le quali è stata richiesta l’
autorizzazione.
LE FRODI PIÙ COMUNI
- Commercializzazione di uova sfuse e prive dei prescritti sistemi di
etichettatura, indicanti, tra l’ altro, il numero del centro di imballaggio, la
categoria di peso e di qualità, la data di durata minima (che non deve
superare i 28 giorni dalla deposizione);
- apposizione delle "fascette" sugli imballaggi in giorni successivi a quello
della classificazione e selezione delle uova o la data di vendita
raccomandata che corrisponde a 21 giorni dalla data di deposizione;
65
- commercializzazione di uova appartenenti a categorie di peso diverse da
quella dichiarata;
- utilizzazione di imballaggi e fascette (etichette) riportanti il numero di
identificazione del centro di imballaggio di pertinenza di altra impresa
regolarmente autorizzata dal M.I.P.A.F.;
- commercializzazione di uova della categoria "A" denominate extra oltre il
nono giorno dalla deposizione o il settimo giorno dall’ imballaggio;
- commercializzazione di uova riportanti stampigliata una data di deposizione,
successiva a quella reale;
- indicazione sugli imballaggi del sistema di allevamento delle galline (all’
aperto o a terra) diverso da quello realmente adottato nell’ allevamento da
cui provengono le uova;
- vendita di uova rotte consegnate direttamente all’ industria alimentare.
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SETTORE DELLA TRASFORMAZIONE AGRUMARIA
Riferimenti normativi:
- D.P.R. 18/5/1982 n. 489;
- Direttiva CE n. 93/77 del 21/9/1993;
- D.M. 31/3/1965 Art. 13 Bis,
- D.M. 27/2/1996 n. 209;
- Reg. CE n. 2202/96
- Reg. CE n. 1902/2001
- D.M. 10/8/2001.
I PRODOTTI
Il frutto degli agrumi è costituito da tre parti:
Esocarpo o flavedo: parte esterna pigmentata;
mesocarpo o albedo: parte intermedia di colore bianco;
endocarpo: parte interna (spicchi).
SUCCHI DI AGRUMI
Succo di agrume:
a) è il prodotto ottenuto dall’ endocarpo del frutto mediante procedimento
meccanico, fermentescibile ma non fermentato, avente il colore, l’ aroma
ed il gusto caratteristici del succo dei frutti da cui deriva;
b) è il prodotto ottenuto con succo concentrato mediante restituzione della
porzione di acqua estratta dal succo al momento della concentrazione
con aggiunta di acqua e restituzione di aromi recuperati all’ atto della
concentrazione del succo.
Succo concentrato di agrume: é il prodotto ottenuto dal succo di agrume
mediante eliminazione fisica di una parte dell’ acqua di costituzione.
LE FRODI PIÙ COMUNI
L’ industria di trasformazione agrumaria nazionale, opera quasi
esclusivamente in Sicilia e Calabria, produce sostanzialmente succhi di agrumi
concentrati, soprattutto da limoni ed arance bionde, che costituiscono sia in
ambito nazionale che estero, la materia prima nelle successive preparazioni di
67
bibite analcoliche, succhi di agrumi bevibili (soprattutto dalle arance rosse) e
bevande a base di succhi di frutta.
E' immaginabile che tale orientamento produttivo sia stato
influenzato, oltre che da una precisa tendenza del mercato a privilegiare più il
consumo del succo che del frutto allo stato fresco, anche soprattutto dalla
possibilità di beneficiare degli aiuti comunitari previsti per la trasformazione
industriale degli agrumi.
L’ attuale normativa comunitaria prevede, infatti, per le trasformazioni
stesse limiti di resa in succo generalmente compresi tra il 20 ed il 30%,
secondo i frutti di agrumi da trasformare; i prezzi minimi comunitari di acquisto
di questi ultimi sono tendenzialmente più favorevoli a quelli correnti di mercato
per i frutti destinabili al consumo fresco.
Per raggiungere rese elevate e giustificare fittizie trasformazioni di
quantitativi di agrumi, le ditte poco scrupolose mettono in atto illecitamente
diversi sistemi, tra i quali:
- la spremitura spinta dei frutti;
- la preparazione di succhi sintetici;
- la contraffazione del succo di arancia, tramite un prodotto ottenuto dalla
miscela, non dichiarata, tra succhi di varie specie agrumarie.
Sostanze e additivi illecitamente detenuti negli stabilimenti di
trasformazione agrumaria:
- Coloranti;
- Acido malico;
- Amminoacidi.
Le frodi più gravi nel settore comportano, pertanto, la commissione di
illeciti sia relativi alla genuinità dei prodotti, sia all’ indebita percezione di
contributi finanziari, a danno del bilancio comunitario.
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SETTORE PRODOTTI BIOLOGICI
Riferimenti normativi:
- Reg. CE 2091/92 e successive modifiche;
- Reg. CE 94/92 e successive modifiche;
- Reg. CE 529/95;
- D.L.vo 220/95 e relative leggi regionali di attuazione;
- D.M. 4/08/2000
- Circolari MIPAF n. 8 del 13/09/1999,e n. 3 del 6/08/2001;
- Direttiva CE 2002/63/CE dell’ 11/07/2002.
I PRODOTTI E IL LORO REGIME DI PRODUZIONE
Sono considerati prodotti biologici le derrate alimentari e le
produzioni agricole ottenute (nel rispetto degli equilibri biologici, della salute
umana, animale e della salvaguardia delle risorse ambientali), impiegando
mezzi tecnici naturali escludendo, quindi, l’ impiego di prodotti chimici ed
evitando lo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali.
Tutte le aziende di produzione, trasformazione, preparazione ed importazione
di prodotti agricoli o derrate alimentari che vogliono produrre e
commercializzare prodotti da agricoltura biologica (Operatori biologici) devono
assoggettarsi ad un sistema di controllo che in Italia è effettuato da Organismi
privati, meglio noti come “ORGANISMI DI CONTROLLO” riconosciuti dal
Mipaf.
Per il riconoscimento di un Organismo di controllo è necessario che lo
stesso si impegni a:
- presentare istanza al Ministro delle Politiche Agricole e Forestali, che si
pronuncia entro novanta giorni dal ricevimento della stessa, completa
della seguente documentazione:
a) piano tipo di controllo, contenente una descrizione particolareggiata
delle misure di controllo e delle misure precauzionali che detto
Organismo si impegna ad imporre agli operatori che controlla;
b) indicazione delle sanzioni che l’ organismo prevede di imporre nei
casi in cui si accertino irregolarità,
c) disponibilità di risorse adeguate di personale qualificato e di
attrezzature di carattere amministrativo e tecnico, nonché l’
esperienza in materia di controllo e affidabilità;
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d) l’ obiettività dell’ organismo di controllo nei confronti degli operatori da
esso controllati.
e) impegno ad utilizzare, ai fini delle indagini analitiche, laboratori
accreditati da Amministrazioni pubbliche o da enti privati all’ uopo
autorizzati;
f) impegno ad applicare le sanzioni stabilite dal Reg (CE) 2092/91 e
successive modifiche ed integrazioni.
Riconoscimento di un operatore biologico
Gli operatori che producono o preparano i prodotti biologici (sia di natura
vegetale che di natura animale), sono tenuti a notificare tale attività, a mezzo
lettera raccomandata con avviso di ricevimento, alle Regioni e alle province
autonome nel cui territorio ricadono le aziende, utilizzando apposito modello
già predisposto. Copia della notifica è trasmessa, in pari data, all’ organismo di
controllo autorizzato indicato dall’ operatore, nel citato modello.
Gli Operatori che svolgono attività di importazione sono tenuti a notificare
tale attività al Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, con le stesse
modalità previste per i produttori o preparatori biologici;
Norme per la produzione biologica a livello nazionale
1) periodo di conversione per le produzioni vegetali almeno due anni
prima della semina o, nel caso di colture perenni diverse dai prati, da almeno
tre anni prima del primo raccolto dei prodotti biologici;
2) periodo di conversione per le produzioni animali:
a) 12 mesi per bovini, bufali ed equini;
b) 6 mesi per gli animali da latte;
c) 6 mesi per i piccoli ruminanti ed i suini;
d) 10 settimane per il pollame introdotto prima di tre giorni di età e
destinato alla produzione di carne;
e) 6 settimane per le ovaiole.
AREE DI CONTROLLO
Le aree di controllo sono individuate nel modo seguente:
1. Area delle norme di produzione;
2. Area delle norme per la preparazione dei prodotti;
3. Area delle norme di importazione;
4. Area delle norme per l’ etichettatura;
5. Area degli obblighi precauzionali e documentali.
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Sulla base della normativa comunitaria, sono previsti due livelli di “non
conformità”e cioè IRREGOLARITA’ ed INFRAZIONE, alle quali fanno seguito
adeguati provvedimenti.
IRREGOLARITÀ
Le irregolarità principali consistono:
a) nel mancato rispetto degli aspetti formali della documentazione
prevista in materia di agricoltura biologica, nonché dalla mancata
applicazione delle disposizioni delle norme riguardanti la produzione, il
magazzinaggio ed il condizionamento dei prodotti biologici, che
prevedono la netta separazione dalle unità che producono o lavorano
prodotti provenienti da agricoltura convenzionale;
b) irregolare tenuta dei registri o dei documenti che consentono di
identificare la natura e l’ origine dei prodotti controllati;
c) detenzione di mezzi tecnici non consentiti;
d) mancata comunicazione annuale, all’ organismo di controllo, del
programma di produzione dei prodotti vegetali con una descrizione
analitica dei singoli appezzamenti;
INFRAZIONE
Consiste in una inadempienza, manifesta o avente effetti prolungati,
degli obblighi prescritti dalla normativa comunitaria, concernenti, tra l’ altro, la
mancanza di alcuni documenti, il mancato rispetto degli obblighi contrattuali
assunti, il mancato rispetto delle disposizioni in materia di etichettatura, delle
norme di produzione, preparazione ed importazione, che implichino effetti
prolungati tali da indurre a variazioni sostanziali dello “status” di affidabilità
dell’ azienda e/o di conformi tà dei prodotti.
GESTIONE DELLE NON CONFORMITA’
Gli organismi di controllo, nell’ ambito delle due categorie di non
conformità, potranno individuare più livelli di gravità ai fini dell’ applicazione dei
relativi provvedimenti.
I provvedimenti da adottare sono i seguenti:
a) soppressione delle indicazioni sul metodo biologico;
b) ritiro della certificazione di non conformità;
c) sospensione della certificazione;
d) esclusione dell’ operatore
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In caso di applicazione dei provvedimenti di cui sopra, è vietata all’
azienda l’ iscrizione ad altro organismo di controllo, fino a che la
medesima non avrà soddisfatto le condizioni che hanno determinato il
provvedimento stesso.
L’ attività di vigilanza dell’ ICRF, proprio in virtù dei compiti
istituzionali, è rivolta al controllo di questi prodotti ed a quello dei mezzi tecnici
impiegati. Purtroppo l’ attuale normativa sia nazionale che comunitaria non
stabilisce specifiche sanzioni amministrative e/o penali.
Ovviamente le violazioni accertate, a parte quelle applicabili soltanto
dagli organismi di controllo, sono sanzionate da disposizioni di carattere
generale riguardanti tutti i prodotti alimentari (D.L.vo 109/92 per violazioni in
materia di etichettatura, ed artt. 515 e 517 del C.P. rispettivamente per frode in
commercio o vendita di prodotti industriali con segni mendaci).
IRREGOLARITA’ PIÙ FREQUENTI
1) Produzione di prodotti e derrate biologiche ottenuti con l’ impiego di
mezzi tecnici (fertilizzanti, sementi ed antiparassitari) non consentiti;
2) commercio di prodotti agricoli dichiarati come provenienti da agricoltura
biologica, riportanti in etichetta la certificazione e la sigla di un
organismo di controllo, mentre provengono esclusivamente da
agricoltura convenzionale;
3) importazione, confezionamento o vendita di prodotti da “agricoltura
biologica” privi dell’ obbligatorio certificato di importazione”;
4) produzione e manipolazione di prodotti commercializzati come
“biologici” senza che l’ operatore si sia sottoposto al previsto regime di
controllo;
5) utilizzo improprio di diciture quali “naturale”, “bio”, “eco”…..evocanti
impropriamente il metodo di produzione biologico in prodotti
convenzionali.
6) accertamento di infrazioni concernenti la carenza di documentazione, la
impossibilità di distinguere con esattezza i magazzini di
confezionamento e di conservazione dei prodotti biologici da quelli
dove si confezionano e si conservano prodotti convenzionali.
Queste ultime irregolarità debbono essere segnalate dall’ Ufficio dell’ ICRF
che le ha accertate, sia all’ organismo di controllo, sia alla regione o provincia
autonoma interessata sia all’ ufficio competente del Ministero delle Politiche
Agricole e Forestali.
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SETTORE OGM
Riferimenti normativi
§ Direttiva 2001/18/CE del 12/03/2001;
§ Decreto Leg.vo 3/03/1993 n. 92, recante attuazione della Direttiva
90/220/CE;
§ Reg. CE 258/97 del 27/01/1997, sui nuovi prodotti e i nuovi ingredienti
alimentari;
§ Reg. CE 1139/98 del 26/05/1998 e successive modifiche, concernente l’
obbligo di indicare nell’ etichettatura di alcuni prodotti alimentari derivati da
OGM;
§ Reg. CE 50/2000 del 10/01/2000, concernente l’ etichettatura dei prodotti
alimentari e degli ingredienti alimentari contenenti additivi e aromi da OGM;
§ D.Leg.vo 24/04/2001 n. 212, d’attuazione di norme comunitarie concernenti
la commercializzazione di prodotti sementieri.
I PRODOTTI E LE NORME DI PRODUZIONE
I prodotti derivanti da OGM comprendono più settori del comparto
agro-alimentare e dei mezzi tecnici impiegabili in agricoltura, con particolare
riferimento alle sementi.
La normativa comunitaria e conseguentemente quella di recepimento
in ambito nazionale ha inteso disporre concretamente una serie di procedure
ispirate al principio di precauzione, ai fini della tutela della salute umana e dell’
ambiente.
La Direttiva 2001/18/CE ha definito OGM:
1) OGM : un organismo, diverso da un essere umano, il cui materiale genetico
è stato modificato in modo diverso da quanto avviene in natura con l’
accoppiamento e/o la ricombinazione genetica naturale.
Le tecniche di modificazione genetica comprendono, tra l’ altro,
quelle di ricombinazione dell’ acido nucleico che comportano:
- la formazione di nuove combinazioni di materiale genetico, tramite un
qualsiasi vettore;
- l’ inserimento di un segmento di acido nucleico, replicabile in maniera
continua, dall’ esterno all’ interno di un ospite nel quale non è presente
naturalmente;
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- l’ inserimento di materiale genetico ereditabile preparato all’ esterno
(microiniezioni);…
- fusioni cellulari, anche a livello di protoplasmi e ibridazioni, che consentono
di ottenere cellule vive e nuove combinazioni di materiale genetico
ereditabile, utilizzando metodi non naturali.
Non sono considerate tecniche di modificazione genetica la
fecondazione in vitro, i processi naturali come la coniugazione, la traduzione e
la trasformazione, nonché l’ introduzione alla poliploidia;
2) Emissione deliberata: si realizza attraverso qualsiasi introduzione nell’
ambiente di un OGM o di una combinazione di OGM per la quale non siano
adottate specifiche misure di contenimento e di controllo;
3) Immissione in commercio: la messa a disposizione di terzi, dietro
compenso o gratuitamente di OGM o combinazioni di OGM (con l’ eccezione
di microrganismi geneticamente modificati (MGM) di cui alla Direttiva
90/219/CE, di organismi a scopi scientifici in ambiente sicuramente confinato e
controllato e della possibilità di disporre di OGM a seguito di specifica
autorizzazione).
Al fine di evitare una illecita emissione deliberata o immissione in
commercio di OGM, è stata prevista una rigorosa procedura autorizzatoria che
inizia con la notifica a Organismi Nazionali. L’ autorizzazione concessa ha
validità dieci anni.
A livello comunitario, sono pubblicati, con cadenza triennale, studi
sugli OGM ed sul loro impatto sul sistema socio-economico della UE, grazie
anche ai contributi che i singoli Paesi sono tenuti a dare in merito agli studi
sull’ etica dell’ uso di biotecnologie.
In sede nazionale (ha competenza primaria il Ministero della Salute)
il D.Leg.vo 92/1993, oltre ad attuare le disposizioni della precedente Direttiva
90/220, ha previsto anche specifiche sanzioni, tutte di natura penale, da
irrogare in caso di accertata violazione alle norme sulla deliberata emissione
nell’ ambiente, sulla immissione in commercio e sui pericoli alla salute ed all’
ambiente derivanti da OGM.
Per tutti gli OGM sono obbligatoriamente pubblicizzati gli specifici marcatori
che ne permettono il riconoscimento.
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ETICHETTATURA DEI PRODOTTI ALIMENTARI “NUOVI”
L’ etichettatura dei prodotti alimentari “nuovi” e degli ingredienti
alimentari contenenti additivi ed aromi da OGM, oltre a rispettare le norme
specifiche previste in materia di etichettatura, deve riportare ulteriori
indicazioni che comprendono:
- caratteristiche o proprietà alimentari quali la composizione, il valore
nutritivo o gli effetti nutritivi e l’ uso al quale è destinato il prodotto con la
specificazione che lo stesso non è assimilabile a quelli già presenti in
commercio, menzionando, se del caso, anche le caratteristiche e le
proprietà modificate con l’ indicazione del metodo con il quale esse sono
state ottenute;
- eventuale presenza di sostanze non riscontrabili nei prodotti tradizionali e
che possono avere ripercussioni sulla salute e sull’ etica di alcuni gruppi di
popolazione.;
- indicazione della presenza di un OGM (non obbligatoria nel caso di semi di
soia e mais contenenti OGM in quantità inferiore all’ 1%) con la dicitura
“prodotto con soia / granturco geneticamente modificato”, se invece
contiene derivati di tali pr odotti specificare “prodotto con derivati di soia /
mais geneticamente modificato”. Le stesse diciture si applicano pure
nell’ indicazione di additivi e di aromi geneticamente modificati.
SEMENTI OGM
Con le Direttive 98/95 e 98/96 l’ UE ha provveduto a riscrivere alcune
norme relative alla commercializzazione dei prodotti sementieri, al loro
inserimento nel catalogo comune delle varietà delle specie botaniche ed ai
relativi controlli.
Tali norme sono state recepite con D.Leg.vo 212/2001 che prevede:
- la coltivazione di sementi geneticamente modificate è consentita se
preventivamente autorizzata dal MIPAF e dal Ministero dell’ ambiente;
- è istituita una speciale commissione tecnica che ha il compito di
esprimersi sulle condizioni tecniche di coltivazione, sull’ eventuale
iscrizione nel catalogo comune e di esercitare un costante monitoraggio
sulle colture OGM;
- chi impiega sementi GM e coltiva piante OGM senza la prescritta
autorizzazione interministeriale o in difformità delle prescrizioni in essa
contenute soggiace a specifiche sanzioni;
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- i cartellini applicati agli imballaggi di sementi OGM devono recare,
sempre, una chiara dicitura che la varietà è stata geneticamente
modificata;
- non è consentita la presenza di sementi OGM , anche per contaminazione
accidentale, nelle sementi convenzionali. L’ eventuale traccia, cioè
inferiore all’ 1%, implica la dichiarazione “contiene sementi derivate da
varietà geneticamente modificate in misura dell’ 1%”;
- uno Stato membro può richiedere il divieto di commercializzare nel suo
territorio sementi nocive per la flora o che presentino rischi per l’ ambiente
e per l’ uomo;
- i produttori possono essere autorizzati al commercio e all’ impiego di
piccoli quantitativi di sementi OGM allo scopo di miglioramento genetico o
ad altri scopi scientifici validamente documentati.
CONTROLLI NEL SETTORE DELLE SEMENTI OGM
Per quanto concerne le ispezioni, bisogna distinguere il caso delle
sementi confezionate da quello delle sementi da sottoporre ancora a
lavorazione e confezionamento.
Nel primo caso deve essere effettuata una verifica delle indicazioni
riportate in etichetta, con particolare riguardo alla varietà; nel secondo deve
essere verificata tutta la documentazione riguardante l’ introduzione di sementi
(origine, fornitori ecc), il loro stoccaggio ed ogni altro indizio che possa indurre
sospetti circa la qualità del prodotto.
RILEVAZIONE DELLA PRESENZA DI OGM
La determinazione della presenza di organismi geneticamente
modificati viene effettuata mediante l’ analisi del DNA. In particolare viene
ricercato il frammento tipico dell’ evento transgenico da analizzare.
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SETTORE MANGIMI
Riferimenti normativi
- Legge 15/02/1963 n. 281 modificata ed integrata da ultimo con la legge
9/03/2001,n.49 e con il D.L.vo 17/08/1999 n. 360;
- D.L.vo 23/11/1998, n.460;
- D.M.14/10/1999;
- D.M. 20/04/1978;
- Ordinanza del Ministero della Salute 28/7/1994 e successive modif. e
decisione del 4/12/2000, n.766/CE del 4/12/2000 e n. 2001/9/CE del
29/12/2000 in materia di misure di protezione dalla BSE;
- D.L.vo 13/4/1999 n. 123;
- D.P.R. 2/11/2001 n.433.
I PRODOTTI
a) mangimi: sono i prodotti di origine vegetale o animale allo stato naturale,
freschi o conservati, nonché i derivati della loro trasformazione industriale,
come pure le sostanze organiche o inorganiche, semplici o in miscela,
comprendenti o no additivi, destinati all’ alimentazione degli animali per via
orale;
b) materie prime per mangimi: i diversi prodotti di origine vegetale o
animale, allo stato naturale, freschi o conservati, nonché i derivati della loro
trasformazione industriale, come pure le sostanze organiche o inorganiche,
comprendenti o no additivi, destinati ad essere impiegati per l’
alimentazione degli animali per via orale, direttamente come tali o previa
trasformazione, per la preparazione di mangimi composti oppure come
supporto delle premiscele;
c) mangimi composti: le miscele di materie prime per mangimi,
comprendenti o no additivi, destinati all’ alimentazione degli animali per via
orale, sotto forma di mangimi completi o di mangimi complementari;
d) mangimi completi: le miscele di materie prime per mangimi, che, per la
loro composizione, bastano ad assicurare una razione giornaliera;
e) mangimi complementari: le miscele di materie prime per mangimi che
contengono tassi elevati di alcune sostanze e che, per la loro
composizione, assicurano la razione giornaliera soltanto se sono associati
ad altri mangimi;
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f) mangimi minerali: sono mangimi complementari costituiti principalmente
da minerali e contenenti almeno il 40% di ceneri gregge;
g) mangimi melassati: sono mangimi complementari preparati a base di
melasso e contenenti almeno il 14% di zuccheri totali espressi in
saccarosio;
h) mangimi d'allattamento: sono i mangimi composti somministrati allo
stato secco o diluiti in una determinata quantità di liquido, destinati all’
alimentazione dei giovani animali come complemento o in sostituzione del
latte materno o destinati a vitelli da macellazione;
i) mangimi medicati: sono i mangimi contenenti premiscele per alimenti
medicamentosi.
l) additivi: le sostanze o le preparazioni utilizzate nell’ alimentazione degli
animali che hanno una o più delle seguenti finalità:
a) influenzare favorevolmente le caratteristiche delle materie prime
per mangimi o dei mangimi composti o dei prodotti di origine
animale;
b) soddisfare le esigenze nutrizionali degli animali o migliorare la
produzione animale influendo, in particolare, sulla flora
gastrointestinale o sulla digeribilità dei mangimi;
c) introdurre elementi favorevoli per raggiungere obiettivi nutrizionali
particolari o per rispondere a esigenze nutrizionali specifiche
temporanee degli animali;
d) prevenire o ridurre gli effetti nocivi provocati dalle deiezioni
animali oppure migliorare l’ ambiente in cui si trovano gli animali;
m) premiscele: le miscele di additivi, (uno o più additivi) con sostanze che
costituiscono un supporto, destinate alla fabbricazione di mangimi. Il
termine “premiscela” sostituisce il termine “integratore”;
n) microrganismi: i microrganismi che for mano colonie.
Autorizzazioni e riconoscimenti di stabilimenti di produzione dei
mangimi
1) La produzione a scopo di vendita di materie prime per mangimi
semplici di origine animale è soggetta a preventiva autorizzazione
della PROVINCIA dove ha sede lo stabilimento. Per tale autorizzazione,
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qualora non sia comunicato alla ditta interessata il provvedimento di
diniego entro il termine di novanta giorni, si applica il silenzio-assenso
previsto dall’ art. 20 della legge 241/1990;
2) la produzione a scopo di vendita di mangimi composti, completi o
complementari, senza integratori o integratori medicati è soggetta a
preventiva autorizzazione della PROVINCIA competente per territorio
(D. L.vo n. 112/98, art. 19 comma 9). Anche per tale autorizzazione si
applica il silenzio-assenso come per il precedente punto 1);
3) gli stabilimenti di fabbricazione, per l’ immissione in commercio, di
additivi (antibiotici, vitamine, fattori di crescita, enzimi, ecc.), di
premiscele con impiego di additivi, di mangimi composti contenenti
additivi e/o di mangimi composti ottenuti da materie prime
contenenti elevati tenori di sostanze o di prodotti indesiderabili, sono
soggetti a preventivo riconoscimento e registrazione da parte della
competente autorità sanitaria regionale (D.L.vo 13/04/1999 n. 123).
Tale riconoscimento è obbligatorio anche per le aziende zootecniche che
producono per il loro fabbisogno mangimi composti contenenti premiscele
con additivi e/o che utilizzano materie prime contenenti sostanze
indesiderabili superiori ai limiti consentiti;
4) gli additivi per essere immessi in circolazione debbono essere
autorizzati dalla Comunità Europea cui compete anche l’ eventuale
revoca dell’ autorizzazione concessa (DPR 2/11/2001, n. 433).
ETICHETTATURA
Tutti i mangimi, gli additivi e le premiscele posti in commercio
debbono riportare, se confezionati in imballaggi, le denominazioni ed
indicazioni obbligatorie; la vigente normativa prevede anche una serie di
dichiarazioni ed indicazioni facoltative.
In particolare l’ etichetta deve indicare:
1) Per le materie prime per mangimi
- l’ espressione “Materia prima per mangimi” o “mangime semplice”;
- la denominazione della materia prima;
- il quantitativo netto;
- il nome o la ragione sociale e la sede dello stabilimento del produttore, il
numero di riconoscimento nonché il numero della partita;
- per i quantitativi di materie prime per mangimi inferiore a 10 Kg. e
destinati
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all’ utilizzatore finale le suddette indicazioni possono essere fornite all’
acquirente mediante adeguato cartello esposto nel punto vendita.
2) Per i mangimi composti:
- la denominazione del mangime secondo la definizione dell’ allegato I:
“mangime completo”, “mangime complementare”, “mangime
minerale”, “mangime melassato”, mangime completo da
allattamento”, “mangime complementare da allattamento”;
- la specie o la categoria animale alla quale il mangime è destinato e le
modalità di impiego che indichino l’ esatta destinazione del mangime e
ne consentano un’utilizzazione adeguata;
- il nome o la ragione sociale e l’ indirizzo o la sede sociale del
responsabile delle indicazioni;
- il nome o la ragione sociale e l’ indirizzo o la sede del produttore per i
prodotti preparati per conto terzi o su formula del committente. Per i
prodotti preparati per conto terzi o su formula del committente e
destinati ad essere posti in commercio, è consentito indicare sugli
imballaggi, recipienti o confezioni o sui cartellini, anziché il nome o la
ragione sociale e la sede dello stabilimento della ditta produttrice o
confezionatrice, il nome o la ragione sociale e la sede del committente,
nonché il numero e la data dell’ autorizzazione rilasciata per lo
stabilimento in cui i prodotti stessi siano stati preparati;
- per i mangimi composti per animali diversi da quelli familiari è richiesta l’
elencazione delle materie prime per mangimi, ivi compresi i prodotti
chimico-industriali, designati con il loro nome specifico nell’ ordine
decrescente. L’ indicazione del nome specifico delle materie prime per
mangimi può essere sostituita con quella delle categorie elencate nell’
allegato III lett. B punto 7) della legge 281/63 e successive modifiche.
La Direttiva CE 2002/2/CE, se applicata senza modifiche, non
consentirebbe più l’ indicazione delle materie prime per categorie. Tale
direttiva, se non modificata, prevede a partire dal 6/11/2008 l’ indicazione di:
- ingredienti, titoli analitici dei principi nutritivi contenuti ed eventuale
integrazione con additivi;
- data di produzione o il numero di riferimento della partita;
- quantità netta;
- dosi e modalità di impiego e se è sufficiente al fabbisogno dell’
animale ai fini della somministrazione o della sospensione;
- altre eventuali avvertenze legate alla presenza di additivi o di presidi
veterinari,
- eventuali autorizzazioni;
- data di durabilità minima che deve essere espressa con le seguenti
indicazioni:
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a) per i mangimi molto deperibili sotto l’ aspetto microbiologico:
“da consumarsi entro”, seguita dall’ indicazione del giorno,
mese ed anno;
b) per gli altri mangimi:“da consumarsi preferibilmente
entro”, seguita dall’ indicazione del mese ed anno;qualora le
disposizioni concernenti i mangimi composti prescrivano l’
indicazione della data di durabilità minima o un data limite di
garanzia, deve essere indicata quella più vicina alla
scadenza.
Le stesse indicazioni debbono essere riportate, nel caso di mangimi
commercializzati alla rinfusa, nei documenti ufficiali di trasporto o di vendita.
Nell’ allegato IV della legge n. 281/63 sono riportate le indicazioni
facoltative che possono essere impiegate nell’ etichettatura dei mangimi, quali
ad esempio: il marchio commerciale di identificazione, il numero di riferimento
della partita, il prezzo del prodotto, ulteriori istruzioni d’uso ove non siano già
prescritte, l’ indicazione dello stato fisico del mangime,e gli eventuali
trattamenti specifici subiti, ecc..
3) Per gli additivi:
- il nome specifico attribuito all’ additivo all’ atto dell’ autorizzazione, il
numero di registrazione CE dell’ additivo e, nel caso di additivi oggetto
di autorizzazione associata al responsabile dell’ immissione in
commercio, la denominazione commerciale ed il numero di
immatricolazione del responsabile dell’ immissione in commercio, il
nome o la ragione sociale di quest’ultimo, l’ indirizzo o la sede sociale;
- il peso netto;
- a seconda dei casi, il numero di riconoscimento CE o il numero di
registrazione attribuiti allo stabilimento o all’ intermediario, ai sensi degli
artt. 4 e 9 del D.L.vo 14/04/1999 n. 123;
- altre indicazioni sono previste per gli antibiotici, i fattori di crescita, i
coccidiostatici e le altre sostanze medicamentose, la vitamina E, l’ alfatocoferolo,
gli oligoelementi ed enzimi (art. 16 D.L.vo n. 123/1999).
Anche per gli additivi sono previste indicazioni facoltative.
Gli additivi e le premiscele devono essere custoditi e contenuti in
recipienti particolarmente idonei alla loro conservazione che possono essere
facilmente identificati.
Tutti gli additivi e le premiscele debbono essere commercializzati in
imballaggi o recipienti con dispositivo di chiusura non riutilizzabile dopo l’
apertura.
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I CONTROLLI
Ispezioni e prelievo di campioni
I controlli riguardano tutte le fasi della produzione, della
fabbricazione, precedenti l’ immissione in commercio, inclusa la
commercializzazione, l’ importazione e l’ utilizzazione dei prodotti. Pertanto i
controlli debbono essere effettuati presso mangimifici, depositi, rivenditori di
mangimi ed allevamenti.
Vengono effettuati “controlli documentali”, relativi agli acquisti di
materia prima e di altri prodotti indicati in etichetta e/o di quelli indicati nella
documentazione ufficiale di trasporto o di vendita. Nei mangimifici si devono
controllare le varie autorizzazioni e la corrispondenza tra i mangimi prodotti e
quelli detenuti.
Vengono verificate le materie prime detenute ed il loro stato di
conservazione. Relativamente agli additivi, premiscele ecc.., particolare
attenzione deve essere rivolta alla presenza di eventuali prodotti non
consentiti o scaduti.
Il campionamento deve essere svolto con molta meticolosità, poiché
irregolari prelievi possono causare riscontri analitici non corretti. La normativa
di riferimento è il D.M. 20/04/1978 e le circolari relative, che recano modalità
ufficiali di prelevamento per il controllo degli alimenti per animali. L’ uso delle
sonde e di altri strumenti previsti dalla normativa è indispensabile per ottenere
campioni finali rappresentativi della composizione media dell’ intera partita.
Divieto di utilizzo di proteine derivanti da tessuti animali
Con Ordinanza del Ministro della Salute è stato vietato l’ impiego di
proteine derivanti da tessuti animali (farine animali e farine di pesci) nell’
alimentazione degli erbivori, divieto esteso successivamente a tutti gli animali
d’allevamento della Comunità. Tale divieto rappresenta una necessaria misura
di protezione contro il possibile rischio di trasmissione all’ uomo del rione dell’
encefalopatia spongiforme bovina (BSE)
Da tale divieto sono escluse le farine di pesce impiegabili per la
produzione di mangimi destinati ad animali diversi dai mammiferi e che
vengono prodotte in stabilimenti autorizzati a tale scopo dall’ autorità
competente (Dec. 2001/9/CE). Alcune deroghe sono stabilite dalla stessa
direttiva. Nelle etichette applicate agli imballaggi di tali mangimi, oltre alle
prescritte indicazioni è necessario riportare in modo chiaro l’ indicazione
“CONTIENE FARINA DI PESCE – DA NON SOMMINISTRARE A
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RUMINANTI”.
LE FRODI PIÙ COMUNI
1) commercializzazione di mangimi con integrazione vitaminica sottotitolata
rispetto al valore dichiarato;
2) commercializzazione di mangimi aventi una composizione chimica in
proteine, lipidi e ceneri, quantitativamente difforme dai rispettivi tenori
dichiarati;
3) etichettatura dei mangimi non conforme ai requisiti di legge e detenzione
di mangimi scaduti;
4) produzione di mangimi senza le prescritte autorizzazioni;
5) impiego di materie prime diverse e di minor valore commerciale rispetto
a quelle dichiarate;
6) impiego di additivi non dichiarati, oppure se dichiarati, presenti in
quantità superiore od inferiore ai limiti previsti dalla normativa vigente o
comunque difforme da quanto indicato in etichetta.
SANZIONI
Con la legge 689/81 e successivamente col D.L.vo 507/99 l’ intera
normativa sui mangimi era stata depenalizzata. A seguito dell’ emergenza
BSE, il D.L.11/01/2001, convertito con la legge 9/03/2001 n. 49, ha ripristinato
alcune sanzioni penali . In particolare è stato sostituito l’ art. 22 della legge
281/1963 che prevede sanzioni di carattere penale in tutti i casi di mangimi
non corrispondenti alle prescrizioni di legge o di composizione non conforme
al dichiarato o contenenti sostanze non ammesse.
Le principali violazioni sono punite dagli artt. 20, 21,23 della legge
283/63, dall’ art. 15 del D.L.vo 123/99 ed art, 16 del D.L.vo n. 90/93.
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SETTORE FERTILIZZANTI
Riferimenti normativi:
§ Legge 19/10/1984 n. 748;
§ D.M. 19/07/1989 (metodi di analisi e di prelievo di campioni).
I PRODOTTI
Per fertilizzante si intende qualsiasi sostanza che, per il contenuto in
elementi nutritivi oppure per le peculiari caratteristiche chimiche, fisiche e
biologiche contribuisce al miglioramento della fertilità del terreno oppure al
nutrimento delle specie vegetali coltivate o, comunque, al loro migliore
sviluppo. Il termine fertilizzante non può essere impiegato sugli imballaggi,
sulle etichette e sui documenti.
Elementi della fertilità: sono considerati elementi chimici della fertilità:
a) gli elementi principali: azoto, fosforo e potassio;
b) gli elementi secondari: calcio, magnesio,zolfo e sodio;
c) i microelementi o oligoelementi: boro, cobalto, rame, ferro, manganese,
molibdeno e zinco.
Carbonio organico di origine biologica: è il carbonio organico costituente
dei prodotti di origine vegetale od animale;
I fertilizzanti comprendono:
1) concimi;
2) ammendanti e correttivi.
1) CONCIMI: sono tutte le sostanze di origine naturale o sintetica, minerale o
organica, idonee a fornire alle piante gli elementi chimici della fertilità.
I concimi possono essere solidi e liquidi e si classificano in:
A) concimi minerali semplici:
1) “concimi minerali semplici fosfatici"
2) " concimi minerali semplici potassici"
3) “concimi minerali semplici NP” contenenti azoto e fosforo
B) concimi minerali composti:
1) “concimi minerali composti NK " contenenti azoto e potassio
2) “concimi minerali composti PK " contenenti fosforo e potassio
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3) “concimi minerali composti NPK " contenenti azoto,fosforo e
potassio
4) concimi organici azotati
C) concimi organici:
1) “ concimi organici NP” contenenti azoto e fosforo
2) “concimi organominerali azotati”
D) concimi organominerali:
1) “concimi organominerali NP” contenenti azoto e fosforo
2) “concimi organominerali NPK” contenenti azoto, fosforo e potassio
I concimi comunitari o CE devono appartenere ai tipi riportati nell’
allegato 1A delle legge n. 748/1984 e sono soltanto minerali.
I concimi nazionali devono appartenere ad uno dei tipi elencati nell’
allegato 1B della stessa legge n. 748/84.
2) AMMENDANTI E CORRETTIVI: per ammendante e correttivo si intende
qualsiasi sostanza, naturale o sintetica, minerale od organica, capace di
modificare e migliorare le proprietà e le caratteristiche chimiche, fisiche,
biologiche e meccaniche del terreno. Sono riportati nell’ allegato 1C della
legge 748/84.
LE FRODI PIÙ COMUNI
- contenuto in elementi della fertilità inferiore ai valori dichiarati in etichetta;
- presenza di matrice organica e/o minerale diversa da quella dichiarata;
- contenuto in sostanze attive (ormoni o antiparassitari) non dichiarate in
etichetta.
Altre irregolarità riguardano soprattutto l’ etichettatura. In particolare
vengono spesso immessi in commercio concimi, ammendanti e/o correttivi con
denominazioni non previste negli allegati della legge n. 748/84.
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SETTORE SEMENTI
Riferimenti normativi:
- Legge 25/11/1971 n. 1096
- D.P.R. 8/10/1973 n. 1065;
- Legge 20/04/1976 n. 195 (sementi ortive);
- D.Lgs. del 24 aprile 2001, n. 212;
- D.P.R. 9 maggio 2001 n. 322.
I PRODOTTI
Prodotti sementieri sono considerati: le sementi, i tuberi, i bulbi, i rizomi e
simili, destinati alla riproduzione e alla moltiplicazione delle piante.
Agricoltori moltiplicatori di sementi (AMS) sono considerati le aziende o
imprese agricole, che svolgono, anche in forma non esclusiva, attività di
coltivazione finalizzata alla moltiplicazione di sementi per conto di imprese
sementiere, sulla base di specifici contratti di coltivazione stabiliti direttamente
o tramite le rispettive organizzazioni di produttori.
Produttori sementieri sono considerati le imprese legalmente costituite in
possesso di apposita licenza rilasciata dal Presidente della competente
Camera di commercio, agricoltura e artigianato della provincia dove ha sede lo
stabilimento di produzione e selezione sementi, che svolgono in proprio o
mediante appositi contratti di coltivazione, l’ attività di produzione, lavorazione
e commercializzazione di sementi.
Per produrre sementi “certificate" le imprese sementiere stipulano
contratti con gli agricoltori con l’ obbligo da parte di questi ultimi di seminare
sementi certificate e consentire l’ effettuazione di controlli, in campo e nella
fase di coltivazione, dal personale dell’ ENSE, cioè dall’ Organismo Ufficiale
riconosciuto dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali.
L’ ENSE ultimati i controlli in campo, se non riscontra irregolarità,
soprattutto relativamente alla varietà seminata, redige un modulo a ricalco,
prestampato, riportante, tra gli altri, il quantitativo di semente che può ottenersi
dal campo oggetto di controllo.
Le sementi prodotte devono essere successivamente consegnate
alle imprese sementiere che hanno l’ obbligo di procedere alle selezione delle
stesse, nonché alla determinazione della germinabilità e della purezza
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specifica e di richiedere all’ ENSE i cartellini ufficiali da applicare agli
imballaggi destinati a contenere le sementi.
Ultimate le operazioni di imballaggio dei vari lotti di sementi l’
impresa sementiera informa l’ ENSE per l’ effettuazione dei controlli
principalmente sulla germinabilità e sulla purezza specifica. Se il valore della
germinabilità è inferiore al limite minimo prescritto dalla normativa per
ciascuna specie vegetale, l’ ENSE boccia l’ intero lotto e ritira i cartellini già
consegnati e pertinenti al lotto stesso. Se invece la purezza specifica (che
diminuisce in relazione alla presenza di semi estranei o di altre impurità) è
inferiore al limite minimo previsto, l’ ENSE obbliga l’ impresa sementiera a
rilavorare la/le partita/e risultata/e irregolare/i. In caso di conferma delle
irregolarità il lotto viene bocciato.
Tutti i prodotti sementieri, in entrata ed in uscita debbono essere
annotati in un prescritto registro di carico e scarico preventivamente vidimato.
I prodotti sementieri per essere commercializzati debbono:
- appartenere a varietà iscritte in appositi cataloghi nazionali o comunitari;
- essere stati ufficialmente controllati in campo dall’ ENSE;
- essere confezionati in involucri chiusi, in modo che l’ apertura dell’
imballaggio, munito di due cartellini, comporti il deterioramento del sistema
di chiusura. I due cartellini, uno del produttore e l’ altro dell’ ENSE, sono
sempre di colore diverso.
Classificazione dei prodotti sementieri
I prodotti sementieri sono distinti nei seguenti gruppi:
1) sementi per colture erbacee da pieno campo;
2) sementi per colture erbacee ortive, ornamentali e da fiore;
3) sementi di piante agrarie arboree ed arbustive;
4) materiali di moltiplicazione costituiti da tuberi, bulbi, rizomi e simili;
5) miscugli.
Le sementi del 1°, 2° e 4° gruppo si suddividono nelle seguenti
categorie ed i colori dei cartellini dell’ Organismo ufficiale ENSE sono:
1) bianco categoria di base (elite) devono essere prodotti dal costitutore o
avente causa, secondo norme che assicurino la conservazione in
purezza delle varietà. Tali sementi e materiali di moltiplicazione
debbono essere ufficialmente controllati e certificati.
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2) azzurro per le sementi di I° riproduzione, rosso per le sementi
certificate di II° riproduzione devono derivare da prodotto
appartenente alla categoria di base, in prima e seconda riproduzione e
devono essere ufficialmente controllati e certificati.
3) bruno per le sementi che non appartengono alle due suddette categorie.
Devono avere provenienza determinata (almeno in quanto a regione o
provincia di coltivazione).
4) verde per i miscugli.
5) giallo per le sementi ortive della categoria "Standard"
Anno di produzione è quello relativo alla prima lavorazione,
selezione e confezione delle sementi e degli altri materiali di moltiplicazione.
Piccoli imballaggi si intendono quelli contenenti sementi ed organi
riproduttivi, rispettivamente non superiori nel peso o nel numero dei pezzi (es.
cereali fino a 25 Kg; mais fino a 10 Kg; miscugli fino a 2 Kg. ecc.)
I CONTROLLI
Controlli nello stabilimento sementiero
1) Verifica della corrispondenza tra i quantitativi di semente appartenente alla
stessa specie e varietà già confezionati e/o ancora da selezionare con i
quantitativi introdotti nello stabilimento e/o venduti, annotati nel registro ed
indicati anche nella prescritta documentazione ufficiale di trasporto e nei
documenti compilati dall’ ENSE all’ atto dei controlli in campo;
2) verifica della corrispondenza, nel numero di lotto, dei quantitativi di semente
acquistata e/o prodotta con quella venduta;
3) nel caso di importatori di semente, verificare i certificati fitosanitari e di
importazione, soprattutto per le sementi foraggere;
4) accertare, ove possibile, l’ eventuale destinazione delle sementi foraggere,
illecitamente detenute come mangimi, ma commercializzate come sementi;
5) accertare l’ eventuale detenzione di sementi di varietà geneticamente
modificate che siano, tra l’ altro, poste in scaffali o locali diversi da quelli ove
vengono detenute altre sementi.
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LE FRODI PIÙ COMUNI
1) Specie appartenenti a varietà diverse da quelle dichiarate in etichetta. Tali
irregolarità sono molto frequenti soprattutto nelle sementi ortive ed in quelle
foraggere;
2) sementi di foraggere detenute come "mangimi semplici" ma
commercializzate come materiale da riproduzione;
3) illecita etichettatura degli imballaggi con casi di contraffazione dei cartellini
Ufficiali;
4) commercializzazione di sementi non iscritte nei prescritti registri varietali;
5) sementi con requisiti di purezza specifica, varietale e di germinabilità diversi
da quelli prescritti dalla legge o da quelli dichiarati in etichetta.
6) detenzione e commercializzazione di sementi di varietà geneticamente
modificate, non riportate nell’ apposito conto del registro di carico e scarico
per prodotti sementieri.
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SETTORE FITOSANITARIO
Riferimenti normativi:
- Legge 30/4/1962 n. 283 Art. 6 ;
- D.P.R. 3/8/1968 n. 1255;
- D.P.R. 24/5/1988 n. 223;
- Legge 16/4/1987 n. 183 art. 15;
- Legge 29/5/1974 n. 256;
- D.L.vo 17/3/1995 n. 194;
- D.P.R. 21/4/01 n. 290.
I PRODOTTI
Prodotti fitosanitari o fitofarmaci: sostanze attive ed i preparati contenenti
una o più sostanze attive, di varia composizione chimica (composti inorganici,
organici naturali e di sintesi) destinati attraverso diversi meccanismi d’azione
(che dipendono dalle caratteristiche delle molecole chimiche impiegate e dal
bersaglio che si intende raggiungere) a:
1) proteggere i vegetali o i prodotti vegetali dalle infezioni causate da
organismi nocivi, (quali funghi o crittogame, batteri, insetti, acari, nematodi,
virus, micoplasmi, molluschi, roditori, licheni, microalghe patogene);
2) favorire o regolare i processi vitali dei vegetali, con esclusione dei
fertilizzanti;
3) conservare i prodotti vegetali, con esclusione degli additivi disciplinati da
particolari disposizioni;
4) eliminare parti vegetali o impedire e frenarne un indesiderato
accrescimento.
I prodotti fitosanitari vengono usati sia in pieno campo, sia nella
conservazione, sia come fisiofarmaci, per influire positivamente (fitoregolatori
o biostimolanti) sui processi vitali dei vegetali.
Tutti i prodotti fitosanitari, ad eccezione di quelli destinati alla
sperimentazione, possono essere immessi in commercio ed utilizzati soltanto
se autorizzati dal Ministero della Salute. Inoltre devono essere confezionati in
involucri o imballaggi chiusi non manomissibili.
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La classificazione comunitaria prevede due classi tossicologiche:
“prodotti molto tossici o tossici” e “prodotti nocivi”. L’ acquisto e l’ impiego di
tali prodotti è consentito esclusivamente a personale munito del patentino di
cui all’ art. 23 del D.P.R. 1255/68. I prodotti di tossicità non rilevante sono
esenti da classificazione e recano in etichetta la dizione “irritante “ e “non
classificato”.
Etichettatura
Le indicazioni obbligatorie da riportare in etichetta sono le seguenti:
- numero e data di registrazione del Ministero della salute ed eventuale
data di scadenza dell’ autorizzazione;
- sede legale della ditta produttrice con la relativa denominazione o del
titolare della registrazione;
- quantità netta del preparato;
- numero di partita;
- indicazione che il contenitore non può essere più riutilizzato;
- indicazione della classe tossicologica secondo la normativa comunitaria.
Altre notizie importanti presenti in etichetta riguardano:
- il prezzo di vendita, i consigli di prudenza (es. conservare fuori della
portata dei bambini, evitare il contatto con gli occhi e con la pelle.) e le
norme precauzionali (es. non operare controvento…);
- l’ intervallo di sicurezza e di carenza, ovvero il periodo di tempo, espresso
in giorni, di sospensione del trattamento necessario per garantire che il
raccolto non contenga il principio attivo o i suoi metaboliti o al massimo
li contenga in tracce inferiori al limite di tolleranza;
- le norme per lo smaltimento del prodotto e del suo imballaggio.
LE FRODI PIÙ COMUNI
- commercializzazione, soprattutto nelle zone dove sono diffuse le colture
orticole e frutticole, di prodotti ad azione preventiva delle malattie
crittogamiche o repellenti per determinati insetti, o biostimolanti della
produzione vegetale, dichiarati in etichetta di origine naturale, costituiti
invece da fitofarmaci contenenti sostanze attive, per le quali è obbligatoria
l’ autorizzazione e la registrazione del Ministero della Salute;
- detenzione ed impiego di prodotti fitosanitari introdotti da altri Paesi della
Comunità non autorizzati dal Ministero della Salute e quindi senza l’
indicazione, sulle confezioni, del prescritto numero di registrazione;
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- accertamento all’ analisi della presenza di una quantità di principio attivo
inferiore o diversa dal dichiarato;
- vendita a privati utilizzatori di prodotti fitosanitari, confezionati in
imballaggi anonimi, contenenti principi attivi altamente tossici e comunque
non autorizzati;
- prodotti commercializzati come concimi, ammendanti o correttivi, ma in
realtà costituiti da fitofarmaci contenenti specifici principi attivi,
obbligatoriamente soggetti, ai fini della produzione e dell’ utilizzo, a
preventiva autorizzazione del Ministero della Salute;
- prodotti fitosanitari classificati tossici e molto tossici non detenuti in locali
chiusi a chiave o venduti a persone non autorizzate.
92
CAPITOLO III
PROCEDURE PER L’ ACCERTAMENTO DI ILLECITI
AMMINISTRATIVI E PENALI
Le violazioni rilevate dagli ispettori dell’ ICRF nel corso degli
accertamenti ispettivi o analitici sono sia di carattere amministrativo, che di
carattere penale. Le procedure da seguire sono diverse nei due casi.
VIOLAZIONI AMMINISTRATIVE
La sanzione amministrativa è applicata da un’Autorità amministrativa
a seguito dell’ accertamento di una violazione.
A seguito della depenalizzazione dei reati minori, introdotta dal D.L.gs 30
dicembre 1999, n.507 anche nel settore agroalimentare, la maggior parte
delle violazioni previste come reati sono state trasformate in illeciti
amministrativi.
La disciplina dettata dalla legge 24 novembre 1981, n. 689
costituisce il quadro normativo di riferimento, applicabile alle violazioni
amministrative sanzionabili con il pagamento di una somma di denaro.
Tipologie
-A) Pecuniaria
-B) Interdittiva
-C) Confisca
A) La legge n. 689/1981 distingue tre tipologie di sanzione pecuniaria con
riferimento al suo ammontare:
1) importo fissato tra un minimo ed un massimo della somma da pagare,
prevista dalle singole norme violate. Il legislatore ha rimesso alla
discrezionalità dell’ Autorità amministrativa la determinazione dell’ entità
della somma da pagare;
2) importo fissato in misura proporzionale al danno provocato;
3) importo definito con una somma fissa.
93
B) Sanzione interdittiva: il trasgressore di un precetto viene privato di un
diritto o di una capacità (es. chiusura temporanea di un esercizio commerciale
o di un'attività produttiva). E' disposta esclusivamente dall’ Autorità
amministrativa.
C) Confisca amministrativa: consiste nell’ espropriazione dei beni che sono
strettamente collegati con il fatto illecito. E' ordinata esclusivamente dall’
Autorità amministrativa. La merce confiscata, se non dannosa o scaduta,
viene venduta ed i proventi sono incamerati dall’ Erario, diversamente viene
distrutta.
Prescrizione dell’ illecito
L’ illecito amministrativo si prescrive:
1) se la notifica della violazione al trasgressore non viene effettuata entro 90 o
180 giorni per i residenti in Italia, 360 giorni per i residenti all’ estero dalla
data del suo accertamento;
2) se l’ Autorità amministrativa non ha emesso l’ ordinanza di ingiunzione di
pagamento entro 5 anni (prescrizione ordinaria) dalla data dell’
accertamento;
3) in caso di morte del trasgressore.
Accertamento e contestazione
L’ accertamento di una violazione è il presupposto del procedimento
sanzionatorio: se durante un'ispezione si rileva un’ infrazione amministrativa, è
necessario riportarla immediatamente in un verbale di accertamento.
Quando possibile, la violazione deve essere immediatamente
contestata al trasgressore all’ atto del controllo, diversamente deve essere
notificata entro i termini suddetti.
L’ oggetto della contestazione è l’ enunciazione del fatto accertato e
la sua qualificazione come violazione amministrativa.
Contenuto del verbale di accertamento:
- intestazione dell’ ufficio verbalizzante;
94
- data e luogo dell’ accertamento;
- ditta con generalità complete del titolare o legale rappresentante e, se del
caso, anche del direttore della produzione;
- nel caso di assenza del titolare o del legale rappresentante, le generalità
complete della persona che assiste ai controlli;
- descrizione dell’ illecito accertato;
- normativa violata;
- minimo ed il massimo edittale (o la somma proporzionale o la somma
fissa);
- indicazione della facoltà (art. 16 della legge n.689/1981) del pagamento in
misura ridotta entro 60 giorni, o dell’ esclusione di tale facoltà (art.4 lett. b
della legge 23/12/1986 n.898) per violazioni della legge n.460/1987 e del
D.L.vo n.260/2000 (sanzioni per diverse violazioni del settore vitivinicolo) o
della legge 898/1986 (indebita percezione di aiuti comunitari nel settore
agricolo);
- importo da pagare;
- Autorità amministrativa competente a ricevere il rapporto e ad emettere
eventuale ordinanza di ingiunzione di pagamento, a cui l’ interessato,
entro 30 giorni dalla notifica della contestazione, può presentare scritti
difensivi, documenti e chiedere di essere sentito;
- in caso di assenza del trasgressore, debbono essere riportate le
generalità della persona a cui viene consegnato il p.v. di contestazione
con la specificazione ”da valere quale notifica al Sig.... (trasgressore/i)”;
- firma degli intervenuti.
Accertamento di irregolarità a seguito di analisi di laboratorio
Nel caso in cui a seguito analisi di campioni di prodotto prelevati nel
corso dell’ attività ispettiva, si accertano violazioni amministrative, si deve
procedere a darne comunicazione al trasgressore/i, a mezzo lettera
raccomandata AR. Con la stessa comunicazione si deve:
a) contestare la violazione amministrativa accertata;
b) indicare la norma violata;
c) ammettere l’ interessato, entro 60 giorni dalla ricezione della
comunicazione, al pagamento in misura ridotta della sanzione edittale
prevista, comunque di quella più favorevole al trasgressore, con effetto
liberatorio;
d) segnalare la possibilità di richiedere la revisione di analisi con la
partecipazione di un proprio consulente tecnico;
e) indicare la somma da pagare per eventuale richiesta di revisione;
f) indicare l’ Autorità amministrativa competente.
95
La richiesta di revisione di analisi deve essere presentata entro 15
giorni dalla data di ricevimento della comunicazione all’ Organo che ha
eseguito le analisi; essa interrompe i termini per il pagamento succitati.
L’ Istituto che effettua la revisione, ne dà preventiva comunicazione
(almeno 10 giorni prima dell’ esecuzione dell’ analisi) all’ interessato.
I risultati della revisione sono comunicati, a mezzo lettera
raccomandata A.R., sia all’ interessato che al laboratorio che ha eseguito le
analisi di I° istanza. In caso di conferma dell’ esito irregolare accertato, i
termini per il pagamento in misura ridotta (60 gg.) decorrono dalla data di
ricevimento della comunicazione. Se, invece, le analisi di revisione danno
esito regolare, il procedimento si archivia e l’ interessato potrà chiedere il
rimborso delle spese sostenute per l’ analisi di revisione.
Redazione del verbale di prelevamento campione
Gli elementi indispensabili che il verbale di prelevamento deve contenere
sono:
- intestazione dell’ Ufficio operante;
- data e luogo dell’ ispezione;
- denominazione della ditta presso la quale si svolge il controllo;
- generalità complete:
a) del legale rappresentante o del titolare della ditta;
b) se esiste, del direttore di produzione del prodotto da campionare;
c) della persona che assiste alle operazioni di campionamento;
- descrizione dei locali e dei contenitori ove è condizionato il prodotto da
campionare;
- stato fisico del prodotto da campionare ed eventualmente ditta che lo ha
fabbricato e/o consegnato;
- descrizione delle etichette applicate ai contenitori;
- modalità seguite nel prelevamento del campione, che devono essere quelle
stabilite dalla normativa vigente ed in caso di prodotti fermentescibili o
deperibili, modalità di conservazione durante il trasporto;
- dichiarazioni e/o osservazioni eventualmente fatte dalla parte;
- indicazione del numero degli esemplari prelevati e delle modalità di
sugellamento degli stessi e descrizione dei sigilli;
- firma degli intervenuti.
- nel caso in cui il rappresentante della ditta si rifiuta di firmare, bisogna farne
menzione nel verbale.
96
Copia del verbale, unitamente ad un esemplare del campione, deve
essere consegnata alla parte.
Il campione deve essere costituito da almeno 5 esemplari, dei quali 2
sono necessari per le analisi di I° istanza, 1 viene consegnato alla parte e 2,
necessari per l’ eventuale revisione di analisi e/o perizia, restano presso il
laboratorio inc aricato degli accertamenti.
Gli esemplari del campione devono essere trasferiti tempestivamente al
laboratorio per l’ esecuzione delle analisi.
Obbligo del rapporto
Se il trasgressore non effettua il pagamento della sanzione entro i
termini prescritti, l’ Ufficio che ha accertato la violazione, anche se a seguito di
analisi, deve presentare rapporto all’ Autorità amministrativa competente. Per
le violazioni accertate dall’ ICRF, l’ Autorità amministrativa competente è:
- il Prefetto nella maggior parte dei casi;
- il Direttore dell’ Ufficio periferico dell’ ICRF, per somme fino ad Euro
51.645,69; per somme superiori l’ Ispettore Generale Capo dell’
ICRF per violazioni del settore vitivinicolo, punite dalla legge n.
460/1987 e dal D.L.vo 260/2000 e per le violazioni punite dalla legge n.
898/1986.
Il rapporto deve contenere in sintesi i fatti accertati ed i provvedimenti
adottati dall’ Organo accertatore. All’ Autorità competente a ricevere il rapporto
devono essere inviati, in originale, tutti gli atti conseguenti all’ accertamento
della violazione, completi dalla documentazione che attesti inequivocabilmente
la data dell’ avvenuta notifica.
Ordinanza di ingiunzione
Conclusa la fase dell’ accertamento e della contestazione della
violazione, l’ Autorità amministrativa competente a ricevere il rapporto deve:
1) sentire gli interessati, se ne avevano fatto richiesta, entro 30 giorni dalla
notifica della contestazione o dalla comunicazione dell’ esito di analisi;
2) esaminare tutta la documentazione inviata dall’ Organo accertatore,
comprese le eventuali controdeduzioni agli scritti difensivi presentati dall’
interessato.
97
Se dagli atti e da quanto riferisce l’ interessato nel corso dell’
audizione viene ritenuto fondato l’ accertamento della violazione, l’ Autorità
amministrativa competente determina, con motivata ordinanza, la somma da
pagare, unitamente alle spese procedurali sostenute (spese postali, di analisi)
ed emette al massimo entro i cinque anni dalla contestazione l’ ”ORDINANZA
DI INGIUNZIONE" di pagamento.
Se invece dagli atti risulta infondato l’ accertamento della violazione,
o nel caso di irregolare notifica (oltre i termini), viene emessa “ORDINANZA DI
ARCHIVIAZIONE” della contestazione, che deve essere comunicata, oltre che
all’ interessato, anche all’ Organo accertatore.
L’ ordinanza di ingiunzione deve essere motivata con elementi
specifici e concreti, anche allo scopo di consentire al trasgressore di
organizzare la propria difesa nell’ eventuale opposizione giudiziale.
Entro 30 giorni dalla notifica, l’ interessato può presentare opposizione all’
ordinanza ingiunzione inviandola chiedendo nel contempo un provvedimento
urgente di sospensione cautelare del pagamento della sanzione stessa:
- al giudice di pace per somme fino ad euro 15.493;
- al giudice ordinario del Tribunale civile per somme superiori e per violazioni
relative all’ igiene degli alimenti e bevande.
Le suddette Autorità possono:
- sospendere in via cautelare il pagamento della sanzione;
- accogliere completamente l’ opposizione ed annullare l’ O.I.;
- accogliere parzialmente il ricorso e modificare l’ importo della sanzione;
- non accogliere l’ opposizione.
Redazione del verbale di sequestro amministrativo
Il verbale di sequestro deve riportare:
- l’ intestazione dell’ Ufficio verbalizzante;
- la data ed il luogo del sequestro;
- il nome della ditta e le generalità complete del titolare o del suo legale
rappresentante;
- le generalità della persona che assiste alle operazioni di sequestro;
- le generalità della persona a cui vengono affidate le cose sequestrate;
- la descrizione dettagliata della merce oggetto di sequestro;
- i motivi che hanno determinato il sequestro e, ove possibile, l’ indicazione
delle norme violate, anche generica;
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-il numero dei sigilli utilizzati e la loro descrizione;
- la giustificazione che la merce non può essere custodita nei locali dell’ Ufficio
operante;
- il luogo dove saranno custodite le cose sequestrate;
- l’ Autorità amministrativa a cui sarà inviato il verbale di sequestro;
- la facoltà dell’ interessato di presentare alla competente Autorità
amministrativa motivi di opposizione al sequestro;
- la firma degli intervenuti.
Copia originale del verbale di sequestro deve essere inviata, con
sollecitudine, all’ Autorità amministrativa competente la quale, in caso di
presentazione da parte dell’ interessato di motivi di opposizione al sequestro,
dovrà emettere, entro 10 giorni, parere motivato di nullità del sequestro o
rigetto della richiesta.
ILLECITI PENALI
Gli illeciti penali accer tati dal personale ispettivo e/o chimico dell’
ICRF si riferiscono generalmente a violazioni degli artt. 56, 440, 515, 516, 517,
517 bis e 640 del C.P. e degli artt. 5, 6 e 12 della legge 30/4/1962 n. 283.
Gli Ispettori dell’ I.C.R.F., addetti ai controlli agroalimentari, a norma
dell’ art. 57 comma 3 del C.P.P. sono ufficiali di Polizia giudiziaria nel
momento in cui rilevano, nel corso della istituzionale attività di servizio un
illecito di natura penale.
Pertanto se nello svolgimento di un controllo viene acquisita una
notizia di reato, gli ufficiali di P.G. devono riferire per iscritto al P.M. di turno,
competente territorialmente, ai sensi dell’ art. 347 C.P.P. La Comunicazione di
reato e tutte le comunicazioni connesse sono formulate dal dirigente dell’
Ufficio periferico dell’ ICRF al quale appartiene organicamente l’ ispettore che
ha effettuato l’ ispezione e rilevato l’ illecito penale. La comunicazione è
sottoscritta dall’ Ispettore nella sua qualità di responsabile dell’ ispezione ed
estensore del verbale di contestazione.
Se gli ispettori accertano la detenzione illegale di determinati
prodotti, possono procedere immediatamente al loro sequestro, in deroga all’
art. 253 C.P.P. e ai sensi dell’ art. 354 C.P.P. In questo caso gli ispettori
informano, se presenti, il titolare della ditta o il suo legale rappresentante della
facoltà di farsi assistere da un proprio consulente o difensore di fiducia, ma
non sono tenuti ad attendere il loro arrivo.
99
Il verbale di sequestro viene trasmesso, entro le successive 48 ore al
Pubblico Ministero per l’ eventuale convalida e copia dello stesso verbale
viene consegnato all’ interessato.
Contenuto della comunicazione della notizia di reato
1) indicazione del/dei soggetto/i che ha/hanno commesso il reato, con le
esatte generalità (ove possibile);
2) indicazione delle violazioni commesse;
3) descrizione del fatto;
4) proposte di adozione di ulteriori provvedimenti da parte dell’ A.G. (come
perquisizione od altro) ritenuti necessari.
Contenuto del verbale di sequestro
1) intestazione dell’ ufficio verbalizzante;
2) data, luogo, ora, denominazione della ditta e generalità del titolare o del
legale rappresentante;
3) esatte generalità della persona che assiste alle operazioni di sequestro;
4) descrizione dettagliata dei beni sequestrati e dei motivi che hanno
determinato il sequestro;
5) generalità della persona incaricata della custodia dei beni sequestrati;
6) indicazione del luogo dove i beni sequestrati vengono custoditi;
7) indicazione dei sigilli apposti;
8) firma degli intervenuti.
Perquisizioni
Gli ispettori dell’ ICRF sia nello svolgimento dell’ attività ispettiva che
in quella di ufficiali di Polizia Giudiziaria non effettuano perquisizioni, le quali
pertanto possono essere effettuate solo ed esclusivamente su specifico
mandato emesso dall’ Autorità giudiziaria, ai sensi dell’ art. 247 C.P.P.
100
INDICE
PRESENTAZIONE 2
PREMESSA 5
CAPITOLO I 7
LE FRODI E GLI ORGANI DI CONTROLLO 7
1. CLASSIFICAZIONE DELLE FRODI ALIMENTARI 7
2. ORGANI PREPOSTI ALLA REPRESSIONE DELLE FRODI AGRO-ALIMENTARI IN ITALIA 8
2.1 MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE E FORESTALI: 9
2.1.1 ISPETTORATO CENTRALE REPRESSIONE FRODI: I.C.R.F. 9
2.1.2 DIREZIONE GENERALE PER LE POLITICHE AGROALIMENTARI 11
2.1.3 DIREZIONE GENERALE DELLA PESCA 12
2.1.4 CORPO FORESTALE DELLO STATO (C.F.S.) 12
2.1.5 COMANDO CARABINIERI POLITICHE AGRICOLE 13
2.2 MINISTERO DELL’ ECONOMIA E DELLE FINANZE: 15
2.2.1 AGENZIA DELLE DOGANE 15
2.2.2 GUARDIA DI FINANZA 16
2.3 MINISTERO DELLA SALUTE : 13
2.3.1 DIPARTIMENTO DEGLI ALIMENTI, NUTRIZIONE E SANITÀ PUBBLICA VETERINARIA 13
2.3.2 ISTITUTO SUPERIORE DI SANITÀ (I.S.S.): 14
2.3.3 UFFICI PERIFERICI DI SANITÀ MARITTIMA ED AEREA ED UFFICI DI CONFINE
TERRESTRE: 14
2.3.4 POSTI DI ISPEZIONE FRONTALIERA (P.I.F.): 14
2.3.5 UFFICI VETERINARI PER GLI ADEMPIMENTI COMUNITARI (U.V.A.C.): 15
2.3.6 COMANDO CARABINIERI PER LA SANITÀ (N.A.S.) 15
2.4 GLI ORGANI REGIONALI E LOCALI DI CONTROLLO 17
2.4.1 AZIENDE SANITARIE LOCALI (AA.SS.LL.): SERVIZI DI IGIENE PUBBLICA E SERVIZI
VETERINARI 17
2.4.2 OSSERVATORI FITOSANITARI REGIONALI 17
2.4.3 STRUTTURE REGIONALI INCARICATE DI ESERCITARE LA VIGILANZA SUGLI
ORGANISMI DI CONTROLLO 17
2.4.4 SERVIZI DI REPRESSIONE FRODI IN MATERIA VITIVINICOLA 18
2.4.5 ISPETTORI ANNONARI 18
2.4.6 VIGILI SANITARI 18
2.5 AGECONTROL S.P.A. 18
CAPITOLO II 19
I CONTROLLI E LE FRODI PIÙ FREQUENTI NEI PRINCIPALI SETTORI AGROALIMENTARI 19
SETTORE VITIVINICOLO 19
I PRODOTTI 19
I CONTROLLI 23
LE FRODI PIÙ COMUNI 26
DESCRIZIONE DELLE FRODI 27
PRATICHE E TRATTAMENTI ENOLOGICI 30
SOTTOPRODOTTI DELLA VINIFICAZIONE 31
ATTESTATO PRESTAZIONI OBBLIGATORIE 31
101
ETICHETTATURA VINI 32
INDICAZIONI OBBLIGATORIE 33
INDICAZIONI FACOLTATIVE REGOLAMENTATE 33
INDICAZIONI FACOLTATIVE LIBERE (esempi) 34
SETTORE CASEARIO 35
I PRODOTTI 35
LE FRODI PIÙ COMUNI RELATIVE AI FORMAGGI E AL BURRO 38
ISPEZIONE NELLO STABILIMENTO CASEARIO 39
SETTORE OLEARIO 40
I PRODOTTI:OLI DI OLIVA 40
I CONTROLLI 43
CAMPIONAMENTO DEGLI OLI DI OLIVA E DI OLIO DI SANSA DI OLIVA CONFEZIONATI IN
IMBALLAGGI NON SUPERIORE A 100 LITRI 44
LE FRODI PIÙ COMUNI 45
SETTORE CONSERVE VEGETALI 47
I PRODOTTI 48
CONSERVE DI POMODORO 49
CONSERVE DI PISELLO FRESCO E CONSERVE DI FAGIOLI FRESCHI 51
CONSERVE DI ORTAGGI OTTENUTE CON ALTRI SISTEMI TRADIZIONALI: 51
LE FRODI NELLE CONSERVE DI POMODORO 52
SETTORE DEI CEREALI (FRUMENTO) E DEI PRODOTTI DERIVATI (PANE E PASTA) 54
I PRODOTTI 54
LE FRODI PIÙ’ COMUNI 58
SETTORE MIELE 59
I PRODOTTI 59
LE FRODI PIÙ COMUNI 60
SETTORE UOVA 62
I PRODOTTI 62
LE FRODI PIÙ COMUNI 64
SETTORE DELLA TRASFORMAZIONE AGRUMARIA 66
I PRODOTTI 66
LE FRODI PIÙ COMUNI 66
SETTORE PRODOTTI BIOLOGICI 68
I PRODOTTI E IL LORO REGIME DI PRODUZIONE 68
IRREGOLARITA’ PIÙ FREQUENTI 71
SETTORE OGM 72
I PRODOTTI E LE NORME DI PRODUZIONE 72
ETICHETTATURA DEI PRODOTTI ALIMENTARI “NUOVI” 74
SEMENTI OGM 74
SETTORE MANGIMI 76
I PRODOTTI 76
Autorizzazioni e riconoscimenti di stabilimenti di produzione dei mangimi 77
ETICHETTATURA 78
I CONTROLLI 81
Ispezioni e prelievo di campioni 81
Divieto di utilizzo di proteine derivanti da tessuti animali 81
LE FRODI PIÙ COMUNI 82
SANZIONI 82
SETTORE FERTILIZZANTI 83
I PRODOTTI 83
LE FRODI PIU' COMUNI 83
102
SETTORE SEMENTI 85
I PRODOTTI 85
I CONTROLLI 87
LE FRODI PIÙ COMUNI 88
SETTORE FITOSANITARIO 89
I PRODOTTI 89
LE FRODI PIÙ COMUNI 90
CAPITOLO III 92
PROCEDURE PER L’ ACCERTAMENTO DI ILLECITI AMMINISTRATIVI E PENALI 92
VIOLAZIONI AMMINISTRATIVE 92
Tipologie 92
Prescrizione dell’ illecito 93
Accertamento e contestazione 93
Contenuto del verbale di accertamento: 93
Accertamento di irregolarità a seguito di analisi di laboratorio 94
Redazione del verbale di prelevamento campione 95
Obbligo del rapporto 96
Ordinanza di ingiunzione 96
Redazione del verbale di sequestro amministrativo 97
ILLECITI PENALI 98
Contenuto della comunicazione della notizia di reato 99
Contenuto del verbale di sequestro 99
Perquisizioni 99
 

"Il sapore delicato che si ripropone fino al pasto successivo"

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