Sveglia alle 7.20: abbiamo in progrqamma una gita treno
+ bici a Sainkt Moritz con rientro a Milano in Mtb scendendo dal Maloja.
Dovremmo prendere il treno che dalla stazione centrale di Milano arriva
a Tirano alle 10.42. Stranamente noto che il trenino rosso del Bernina
parte alle 10.40 e mi sembra strano che per soli 2 minuti non sia possibile
avere la coincidenza con due treni in un paese così piccolo con
le 2 stazioni praticamente attaccate. Penso che gli svizzeri, conoscendo
i ritardi dei treni italiani, abbiano fatto apposta ad evitare la coincidenza
per evitare di aspettare sempre treni in ritardo. Cerco di scacciare
questi pensieri dalla mente e il mio ottimismo arriva a sperare che
in realtà il treno italiano sia in leggero anticipo e ci consenta
di prendere il treno delle rerrovie retiche.
In caso contrario dovremmo attendere un'ora per quello successivo.
Pedaliamo velocemente in una Milano ancora deserta e ci lasciamo alle
spalle un ragazzo che sta fotografando i resti della serata di via Vetere.
E' allibito dalla quantità di bicchieri e bottiglie rotte che
hanno invaso la zona. Fotografa le macchine coperte di bicchieri. Gli
sembra uno scenario da terzo mondo e ci chiede cosa è successo:
purtroppo non possiamo fare altro che confermargli che tutte le mattine
la situazione è questa.
Arriviamo in stazione centrale alle 8.00 e ci imbattiamo in una coda
mostruosa per le uniche due biglietterie aperte. Ieri sera abbiamo provato
a fare i biglietti online ma non c'è possibilità di richiedere
il supplemento per le bici. Non abbiamo tempo di fare tutta la coda
e facciamo una coda più breve per uno sportello automatico che
però non accetta carte di credito e non dà resto ed anche
questo non stampa i supplementi per le bici. Facciamo almeno i biglietti
per Tirano e cerchiamo in tutte le edicole e tabaccherie due biglietti
chilometrici che potrebbero sostituire il supplemento bici ma che non
troviamo.
Rinunciamo al notro proposito e andiamo a cercare il treno che è
in ritardo e non è ancora sul binario. Arriva con un quarto d'ora
di ritardo e finalmente carichiamo le biciclette nell'apposito scomparto.
Ci sediamo e finalmente ci rilassiamo pronti a goderci il viaggio. Guardando
fuori dal finestrino mi accorgo che siamo sul ponte in ferro di Paderno
d'Adda e mi godo lo spettacolo del fiume che scorre decine di metri
sotto il treno. Non ho fatto molte volte questa tratta ma non mi ricordo
di essere mai passato da qui. Sempre distrattamente scorgo sulla sinistra
del treno i ripetitori di Valcava e mi sento davvero confuso: avremo
sbagliato treno? Le montagne sono dalla parte opposta di dove dovrebbero
essere. Attribuisco l'equivoco alla stanchezza e non ci penso. Nel frattempo
il treno si ferma alla stazione di Ponte San Pietro e il capotreno scende.
Sono ancora addormentato e sento gente che si lamenta e inveisce contro
i ferrovieri.
Dopo una lunga attesa il treno riparte però in direzione conrtaria:
a questo punto mi alzo e chiedo informazioni ai passeggeri più
adirati che dicono che la linea è interrotta e dobbiamo tornare
indietro. Sono allarmato ma non c'è nessuno che ci informi di
cosa sta succedendo. Il treno fa una'altra lunga sosta nei pressi di
un passaggio a livello: le auto ferme iniziano a suonare e alcuni fanno
inversione. Un passeggero del treno inveisce ed esce dal finestrino.
Da indiscrezioni che raccogliamo parrebbe che sia interrotta la linea
Milano Lecco e che stiamo facendo un percorso alternativo. Finalmente
il treno riparte, arrivando a Lecco con oltre un'ora di ritardo. Dagli
altoparlanti della stazione ascoltiamo i messaggi che avvisano i passeggeri
dell'interruzione e fanno presente che per andare a milano è
necessario fare il trasbordo su un pullman e poi nuovamente su un altro
treno. In fondo continuo a sperare che il treno possa recuperare perte
del ritardo permettendoci almeno di prendere il trenino rosso delle
11.40.
Il treno prosegue risalendo lentamente il lago di Lecco per immettersi
pigramente nella Valtellina.
A questo punto il ritardo accumulato è mostruoso
e le speranze di recuperare sono quasi svanite del tutto quando ci appare
un miraggio: il controllore. Sentiamo dal fondo del vagone i passeggeri
che si lamentano ma non sappiamo ancora cosa ci aspetta: quando arriva
il nostro turno ci controlla i biglietti e ci informa che l'ultima stazione
sarà Sondrio. Anche la linea fino a Tirano è interrotta
e ci sarà un bus sostitutivo. Secondo l'improbabile controllore
dovremmo comunque arrivare a Tirano alle 11.45, con solo un'ora di ritardo.
Alla nostra obiezione che perderemmo la coincidenza dice senza troppa
convinzione che potrebbero chiamare la stazione svizzera dicendo di
aspettare. Fantascienza. Mentre cerca di giustificarsi sto già
pensando ad un programma alternativo. Potremmo rientrare a casa valicando
le Prealpi Orobiche.
Sendiamo alla stazione di Sondrio alle 11.30 e vediamo lo spettacolo
agghiacciante del pullman della speranza: decine di persone si sono
accalcate dentro un pullman che non riesce a portare tutti, nemmeno
in piedi e leggiamo la disperazione di quelli che sono rimasti a terra.
Tra questi le nostre vicine di viaggio che dovrebbero arrivare a Santa
Caterina. Probabilmente il viaggio gli impegherà tutta la giornata.
Andiamo a cercare informazioni sulla percorribilità della sentieristica
di un passo che ho individuato sulla Kompass di Sondrio. Purtroppo all'ufficio
informazioni che c'è davanti alla stazione non sanno nulla e
non hanno cartine dei sentieri. Sarebbero disponibili a fare ricerche
su internet ma ce ne andiamo alla ricerca della Kompass confinante con
quella di Sondrio. Giriamo diverse edicole chiedendo anche informazioni
sui passi che collegano le due valli ma nessuno li conosce.
Finalmente troviamo la cartina giusta ed individuo un itinerario percorribile
con un rifugio nei pressi del passo. Mentre sorseggiamo una birra con
un aperitivo chiamo l'892424 per avere il numero di telefono del rifugio
Beniamino ma non riescono a trovarlo. E pensare che pasterebbe cercarlo
su Google per trovarlo come primo risultato. Provo a collegarmi con
il mio velocissimo LG Umts ma non riesce a caricare la pagina. Cechiamo
informazioni anche nei bar ed infine torniamo all'ufficio informazioni
che nel frattempo ha chiuso. Decidiamo di partire comunque per l'itinerario
scelto anche senza sapere se il rifugio sarà aperto. Con le bici
eventualmente potremmo scendere a valle velocemente in caso di chiusura.
Percorriamo la ciclabile accanto all'Adda fino a Colorina. Oservo alla
mia destra l'alpe Scermandone e mi vengono
in mente i voli in parapendio che ho fatto nella zona. Qui la ciclabile
si interrompe e ci immettiamo su una strada asfaltata che però
risulta essere chiusa.
Ci vengono in mente le alluvioni delle scorse settimane
e decidiamo di proseguire comunque pensando che un'ostacolo per un'autovettura
potrebbe non essere un problema per una mountain bike. Percorriamo la
strada che è già stata liberata completamente dai residui
dell'alluvione ed arriviamo ad imboccare la strada che sale verso la
Val Tartano. Risaliamo pigramente gli 11 tornanti, osservando la Valtellina
e l'Adda che si tuffa nel lago di Como. Superiamo l'abitato di Bormino
e ci fermiamo a Campo per abbondanti libagioni accompagnate da un ottimo
panino. Abbiamo trovato un albergo molto carino appena ristrutturato
e avrebbero posto per dormire. Ci sconsigliano vivamente l'itinerario
da noi scelto perchè ci sarebbero diverse ore da fare con la
bici in spalla.
Gentilissimi ci trovano il numero di telefono del rifugio
che è aperto e avrebbe posto per stanotte. Ripartiamo scoraggiati
pensando ad eventuali itinerari alternativi. Risaliamo la Val Tartano,
passando per l'omonimo paese ed imbocchiamo lo sterrato che, risalendo
la Val Piana, ci porta a quota 1500 metri slm dove troviamo il rifugio.
I gestori ci tranquillizzano sulla fattibilità del tragitto e
decidiamo di fermarci. Ci pesa rinunciare alle comodità del bellissimo
albergo dove siamo stati prima ma la fatica di dover rifare questa salita
ci porta ad accettare di pernottate in questo rifugio attrezzato come
un vero bivacco d'alta quota. Dobbiamo rinunciare anche alla doccia
non avendo ne asciugamani ne ciabatte, e non ci resta che goderci un'ottima
cena a base di minestrone e arrosto.
Ci svegliamo la mattina successiva pigramente e andiamo a fare colazione.
Il cielo è molto nuvoloso, specialmente nella direzioni in cui
dobbiamo andare noi. Facciamo una colazione con pane e marmellata e
ci prepariamo a spingere le bici sul sentiero ripido e in meno di due
ore siamo sullo spartiacque tra Valtellina e Val Seriana. Da qui ci
aspetta una discesa di oltre 2000 metri, su una lunghezza di circa 70
chilometri.
Respiriamo una libertà infinita, e ci rendiamo
conto di essere usciti non solo dalle strade asfaltate ma anche da uno
schema di vita che ci ha ingabbiati nelle automobili. Siamo prigionieri
tutti i giorni delle città, delle strade asfaltate, dei combustibili
fossili, dei tram e dei treni. Non siamo disposti a fare un minimo di
fatica per guadagnarci un posto come questo. Fino a pochi anni fa frequentato
dai soldati, che salivano in trincea con pesanti carichi di armi e munizioni,
rischiando la vita in guerra per difendere il paese e la propria pelle.
E quando non c'era la guerra questi posti erano popolati da orsi, lupi
e briganti. I primi due li abbiamo sterminati e i briganti adesso preferiscono
anche loro muoversi tra le comodità della città. Solo
adesso possiamo respirare la libertà e la pace che ci regalano
queste montagne solitarie.
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