MONTAGNA di LOMBARDIAMONTAGNA di LOMBARDIA
Parapendio in Marocco

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25 dicembre 2006 Malpensa - Marakkech

E' in un inverno che sembra non voler mai arrivare, senza neve sulle montagne, che decidiamo di andare in paese più caldo per volare con il parapendio. Arriviamo in aeroporto con leggero ritardo: il parapendio di Giobbe, gentilmente prestato da Alberto, è troppo grande e dobbiamo imbarcarlo a parte. Approfittiamo per imballarlo nel cellophane. Dopo uno scalo a Casablanca ripartiamo per Marrakech dove abbiamo la prima sorpresa. Sul nastro trasportatore non vediamo infatti passare il parapendio di Giobbe. Una ragazza ci chiede informazioni sul nostro volo perchè sono stati smarriti i suoi bagagli e sono tre giorni che lei passa da qui per verificare che siano arrivati.

Mi vengono in mente i racconti di tutti quelli che sono stati in Marocco e hanno avuto gli stessi problemi. Facciamo la coda davanti all'ufficio "lost and found" dove ci dicono solamente di chimare stasera dopo le 22.30. Sconsolati ci portiamo verso l'uscita dove dovremmo trovare una guida, che avevo contattato per email, ad aspettarci. Senza grande sorpresa constatiamo che non c'è nessuno ad attenderci, d'altronde ce lo aspettavamo da uno che ha impiegato un mese a risponderci. Cambiamo 200 Euro in valuta locale e usciamo alla ricerca di un taxi.

Un intraprendente tassista ci carica in auto chiedendoci la destinazione che per ora non abbiamo: spiegato che ci serve un riad, chiede ad un collega e riferendoci che c'è solo una stanza disponibile.

Ci avventuriamo nel centro storico della città fino a parcheggiare all'ingresso di uno stretto vicolo del souk.Da qui procediamo a piedi in strette, inquinatissime e trafficatissime vie infestate da motorini e biciclette . Un denso fumo che sembra quasi nebbia ci offusca la vista. Arriviamo nel riad ed entriamo dall'ingresso secondario. Una signora ci propone per 60 Euro una piccola stanza con bagno al piano terra ed accettiamo visto che non abbiamo alternative.

Ritorniamo al taxi a prendere i voluminosi bagagli e paghiamo i 25 Euro richiesti. Dopo una doccia non troppo calda siamo pronti per uscire. Proviamo ad orientarci da soli nelle anguste viette della medina ma è come girare in un vero labirinto. Sembra di passare sempre per gli stessi punti. Vorremmo raggiungere la piazza principale e riufiutiamo le offerte insistenti dei ragazzini che continuano ad offrirsi per fare da guida fino a che cediamo chiedendo informazioni ad una ragazza gentile che ci accompagna fino alla piazza. Lei lavora in un riad e ci dice che hanno posto.

Segniamo il numero di telefono in caso avessimo bisogno di fermarci ancora a Marrakech. Nella piazza principale provvedo a segnare un waypoint con il gps per poterla ritrovare facilmente. Al centro della piazza si leva una densa colonna di fumo: sono le griglie che dall'imbrunire fino a notte fonda cucinano carne e pesce serviti all'aperto. Numerosi procacciatori di affari ci abbordano in maniere molto aggressiva per convincerci che il loro baracchino è il migliore della piazza. Ci sediamo nel primo che capita mangiando spiedini e verdure per la modica cifra di 30€ comprensivi di macia estorta dal procacciatore. Rientrando passiamo da un Hammam per poi crollare dal sonno, dopo aver constatato che il bagaglio non è ancora arrivato.

26 dicembre Marrakkech - Aguergour

Ci svegliamo dopo una notte al freddo e facciamo colazione con pane burro e marmellata all'aperto. Ci servono anche una specie di crepe tipica. Siamo completamente vestiti con giubbotti e cappello, mancano solo i guanti. Dall'aeroporto ancona nessuna news: dobbiamo cercarci un'auto e un nuovo riad più carino.

Chiamiamo la ragazza di ieri sera che ci conferma la disponibilità e ci passa il suo responsabile che parla qualche parola in inglese. La richiesta è di 80€ e non esitiamo ad uscire dall'imbarazzo lasciando questo riad con i bagagli in spalla. Chiediamo informazioni ma nessuno sa dove si trovi questo nuovo riad: non ci resta che chiamare nuovamente e farci spiegare la stada.

Fortunatamente facciamo capire dove ci troviamo e Baddr ci viene a prendere a piedi. Ci trova mentre trattiamo il noleggio di un fuoristrada con un improbabile ed improvvisato procacciatore d'affari. Il nuovo riad è molto più carino e ci viene subito offerto un tè dolcissimo. Baddr ci accompagna anche a noleggire un'auto. Con una trattativa serrata ci impossessiamo dell'ultima auto disponibile (una clio nuovissima tre volumi con 160.000 km) alla modica cifra di 270 € per 7 giorni. Facciamo il pieno, andiamo a parcheggiare vicino al riad e recuperiamo il parapendio pronti per andare a fare il nostro primo volo in terra africana. Per uscire dalla medina dobbiamo farci largo nelle strettisisme vie tra pedoni, biciclette, carretti trainati da asini e ciclomotori.

In breve lasciamo il caos della città avvicinandoci all'impressionante massiccio dell'Atlas. La strada si srotola tra paesaggi fiabeschi in un ambiente incontaminato, quasi surreale.

Ci orientiamo sempre con il Gps con una cartografia artigianale scaricata da internet e con la mappa Michelin gentilmente omaggiata dal noleggiatore. Arriviamo ad un paese rurale dove la strada sembra finire. Giobbe vorrebbe tornare indietro ma io insisto perchè siamo nella direzione giusta. Chiediamo informazioni ed alcuni braccianti ci indicano di seguire una stretta e sconnessa strada sterrata.

Raggiungiamo una specie di altopiano e imbocchiamo una lunga strada sterrata molto panoramica. La nostra destinazione è sempre più vicina, e ad un certo punto troviamo un cartello che indica una scuola di parapendio. Saliamo sulla strada sempre più stretta, ripida e sconnessa, con la Clio oltre il limite di aderenza. In pochi minuti siamo in un evidente sito di decollo anche se disabitato

.Mi preparo per decollare, c'è una brezza abbastanza sostenuta. Appena decollato viro a destra trovandomi inolontariamente a seguire una specie di volpe terrorizzata che scappa fino a nascondersi dietro ad alcuni sassi. Viro a sinistra cercando ascendenza in dinamica ma il vento non è sufficiente per farmi guadagnare quota. Giro ancora un pò a caccia di qualche termica fino a che decido di portarmi verso la pianura per atterrare.

Sotto di me una carovana di turisti con le Jeep alza un vistoso polverone. Atterro in un campo ai piedi dell'atterraggio e comunico con Giobbe via radio che va tutto bene: lui è già partito per il recupero. Mentre decido se piegare o meno la vela vedo un furgone che si avvicina: spero che non siano i contadini pardoni del campo dove sono atterrato. Si tratta invece di colleghi parapendisti francesi che mi chiedono se ho bisogno di un recupero. Gli spego che posso fare io il recupero del loro furgone visto che adesso devo portare su Giobbe.

Lasciata giù la clio saliamo tutti in decollo che nel frattempo si è popolato di parapendii in volo. Qualcuno è riuscito anche a fare un po di quota. Mentre aiuto Giobbe a decollare appare la guida che avrebbe dovuto organizzarci il viaggio e con un tono irritante ci accusa di non averlo chiamato ieri non avendolo visto in aeroporto. Urla che vorrebbe i soldi della "reservation". Dopo alcuni minuti di discusisone se ne va. Tutti sono decollati e mi accingo a scendere con il furgone dando anche un passaggio ad un indigeno.

Scendo la sconnessa strada fino all'atterraggio e inizio a ripiegare la vela mentre Giobbe recupera l'auto. Quando ho finito di piegare vedo i francesi proccupati che guardano sotto il furgone: sono molto preoccupati perchè pare che si sia rotto un tubo dell'impianto frenante. Arriva Giobbe a velocità sostenuta entrando nel parcheggio in derapata con il freno a mano. Appena si ferma vedo che ha entrambe le gomme di destra bucate. Anche i francesi constatano la nostra avaria (mano male che non hanno visto l'ingresso alla Hazard).

Sostituiamo almeno la gomma anteriore e iniziamo a muoverci lentamente lungo lo sterrato con una gomma completamente sgonfia. Dopo una decina di chilometri di pista arriviamo in una specie di centro abitato dove individuiamo un gommista. E' un tipo strano che continua a ridere mentre noi lo fotografiamo all'opera. Ci ripara entrambe le gomme forate sulla spalla con del mastice alla modica cifra di 2 Euro. In Italia nessun gommista avrebbe mai fatto una riparazione del genere.

Rientriamo verso Marakkech diffidenti sulla riparazione e lasciamo l'auto in un parcheggio a pagamento nei pressi della piazza Djemaa El Fna. Nel riad troviamo l'acqua scarsa e non molto calda ma Baddr ci offre la sua stanza che però rifiutiamo. Decliniamo anche un invito a cena e torniamo in piazza per cenare, cercando di scegliere meglio questa sera. In particolare individuiamo la bancarella 14 dove fanno solo pesce fritto dove non c'è nessun turista e nessun "buttadentro". C'è anche coda per sedersi e quando tocca a noi qualcuno si intrufola sempre rubandoci il posto. Finalmente riusciamo a sederci ed iniziano a portarci piattini di ogni tipo senza chiedere nulla. Anche qui non possiamo bere birra perchè è proibito il commercio in tutte le bancarelle della piazza. Gustiamo questi piatti squisiti che pagandoli 5 volte meno rispetto alla sera prima.

27 dicembre Marrakech - Ouarzazate

Fatta colazione con burro e marmellata al freddo, decidiamo di partire comunque anche senza parapendio, facciamo solo un salto in aeroporto per vedere se è artrivato il bagaglio visto che al telefono non rispondono. Finalmente una buona notizia: il parapendio è arrivato e possiamo partire tranquilli. Ci dirigiamo ancora verso l'Atlante, meta Ait Ourir: un costone roccioso lungo qualche chilometro. Ci avventuriamo con la Clio su una pista accidentata fino a raggiungere alcune rovine. Le descrizioni che abbiamo del sito sono abbastanza precise e lasciamo l'auto sotto la vigilanza del custode delle rovine. Iniziamo a salire sul costone a piedi alla ricerca del decollo che fatichiamo ad individuare. Il vento non è regolare ed è leggermente di traverso. Giobbe decolla con vento al traverso senza riuscire però a fare quota. Un atterraggio brusco gli strappa il nuovo cordino della macchina fotografica che cade danneggiandosi. Io decido di cambiare decollo dopo averne sbagliati un paio visto che il vento è cambiato. Adesso il vento proviene da sud e individuo un decollo più umano. Mentre sto per decollare mi si avvicinano alcuni bambini che chiedono soldi. Decollo e aggancio subito una termica facendo quota. Purtroppo questo mi fa sopravvalutare le condizioni della giornata e lascio la termica per proseguire lungo il costone alla ricerca di altri "ascensori" che non trovo. Provo a rientrare agganciando la termica di prima ma ormai sono troppo basso e vado ad atterrare vicino a Giobbe che è circondato da decine di bambini che corrono subito verso di me impedendomi di ripiegare bene la vela. Lasciamo una piccola mancia e iniziamo il lungo cammino sotto il sole che ci separa dall'auto.

Imbocchiamo la strada che ci porta verso il passo Tiz n Tikka, nei pressi del quale ci mettiamo alla ricerca di un altro decollo, salendo con l'auto su una lunga strada sterrata a tornanti. Mentre il sole sta ormai per tramontare siamo costretti a rinunciare all'ultimo decollo perchè la neve ci rende impossibile l'avanzamento.

Torniamo indietro verso il passo, seguendo la strada che porta a Ouarzazate. E' buio ormai e stiamo per sorpassare l'ennesima auto quando vediamo un posto di blocco.

Giobbe prontamente abortisce il sorpasso ma agli agenti non scappa nulla. Ci fermano contestandoci come infrazione il superamento della doppia linea continua. Ci chiedono l'equivalente di 40 Euro ma per noi questo è un problema vista la scarsità di contanti e visto che fino ad ora nessuno ha mai accettato carte di credito. Giobbe rimane pietrificato e dice che non parla la loro lingua e che non abbiamo i soldi. L'agente prende atto ed inizia a parlare mostrandoci anche i video che ha salvato sul cellulare. Dopo una mezz'ora ci lascia andare con una pacca sulla spalla.

Siamo ormai arrivati a Ouarzazate e dobbiamo cercarci un albergo. Scegliamo il primo indicato dalla Lonely Planet dove si dice che l'acqua è calda e abbondante. Ci aggiudichiamo una camera con doccia (ma non wc) alla modica cifra di 10 € e ci prepariamo a constatare che anche qui l'acqua calda è un miraggio. Andiamo a cena in un ristorante francese amato dagli attori che popolano gli studios cinematografici della città e poi andiamo a dormire. Indispensabili i sacchi a pelo da alta montagna visto che la temperatura in camera è scesa davvero troppo.

28 dicembre Ouarzazate - Tineghir

Dopo una lunga e fredda nottata andiamo alla ricerca di un posto decente dove fare colazione, constatando che la Clio è competamente coperta di ghiaccio.

Un indigeno con fare minaccioso ci chiede soldi dicendo di aver curato l'auto per la notte. E' molto determinato e disposto a farsi titare sotto pur di non cedere.

Giriamo disperatamente scartando bar improbabili finendo nella hall di un grande albergo dove veniamo indirizzati al buffet delle colazioni. Saldiamo il conto e andiamo a visitare il centro storico della città, trattando con le guide che vorrebbero cifre esorbitanti per raccontarci a cosa erano adibite la varie stanze tutte uguali di un palazzo di terra e paglia.

Ci avventuriamo nel borgo dove contrattiamo pesantemente per un tappeto in agnello e un posacenere. Ripartiamo con il nostro bottino decidendo di saltare la visita troppo turistica agli studios.

Facciamo rotta verso Zagora, una delle porte verso il deserto, classificato da una rivista di cross country americana come il sito di volo libero numero uno al mondo. Una suggestiva cresta rocciosa lunga ben 200 chilometri circonda la zona che diventa un lunghissimo sito per volare con il parapendio.

Oggi siamo però davvero scettici sulla possibilità di volare perchè sappiamo che per decollare ci serve una guida e sopratutto qualcuno che prepari il decollo con ampi teloni per proteggere la vela dai sassi. A Zagora cerchiamo di faci spegare dove trovare un accompagnatore ma il problema è che tutti dicono di sapere tutto ma in realtà non sanno nemmeno cosa sia un parapendio. Dopo aver bevuto una spremuta ci avventuriamo con la Clio in una pista che si dirige ad est, in direzione del grosso bacino roccioso.

Il panorama è davvero affascinante, l'occhio si perde per chilometri e chilometri in un deserto di sassi e polvere. Lentamente la pista scorre sotto la povera Renault. Incontriamo un branco di cani randagi che abbaiano e ci fanno paura, ma anche loro sono intimoriti da noi, sopratutto quando scendiamo dall'auto ed iniziamo a rincorrerli.

Veniamo sorpassati da un gruppo di fuoristrada che procede a velocità supersonica. In decine di chilometri abbiamo solo incontrato loro ed un furgone scassato che procedeva in direzione opposta. Ci fermiamo nei pressi di un'oasi popolata da berberi e veniamo circondati da bambini come sempre. Le Jeep che ci precedevano ripartono affrontando un facile guado su sassi che potrebbe però essere letale per la piccola utilitaria senza protezioni per la coppa dell'olio.

Dopo un pò di esitazione affrontiamo il guado con decisione superando il problema. Lasciamo il villaggio su una pista che fortunatamente è segnata sul gps e che dovrebbe sbucare a Tazzarine.

Arriviamo ad un bivio e scegliamo in base alla strada più bella e alle orme dei fuoristrada che ci precedono. Ci accorgiamo immediatamente che non è quella segnata da GPS ma decidiamo di procedere in ogni caso sperando in un ricongiungimento più avanti. Si susseguono una serie di passaggi molto critici su sassi fino a che vediamo le orme delle Jeep piegare a destra su un terreno impossibile per noi.

Visto che il bivio è troppo indietro non ci resta che procedere avanti anche se le speranze in un ricongiungimento stanno ormai per svanire, visto che la strada segnata avrebbe dovuto passare in una vallata ormai fuori dalla nostra portata. Arriviamo ad un guado su una pozza di fango che sembra impossibile per una vettura bassa a due ruote motrici. Chiediamo consiglio ad un contadino con il trattore che ci fa segno di passare in velocità. Ci facciamo coraggio sopratutto perchè sappiamo che potrebbe tirarci fuori in caso di problemi e attraversiamo anche questo ostacolo. La strada peggiora sempre di più ma siamo confortati quando vediamo una città in lontananza.

Speriamo di trovare una strada asfaltata che ponga fine a tutti questi chilometri di piste. L'idea di dover ripercorrere la stessa strada per ritornare ci atterrisce anche perchè non vogliamo chiedere troppo alla fortuna che ci ha già assistito abbondantemente. Finalmente arriviamo nel paese ma di strade non c'è nemmeno l'obra. Anzi quella che stavamo seguendo diventa sempre più stretta e non più percorribile da nessun automobile.

Scendiamo con aria perplessa chiedendo informazioni. Effettivamente non ci sono strade asfaltate ma solo piste. Facciamo retromarcia, mentre un gruppo di bambini fa capannello intorno alla Clio: un bambino ci fa strada intorno al villaggio che superiamo. Ci sentiamo più tranquilli quando vediamo una golf parchegiata, segno che la strada non sarà così terribile come quella già percorsa. Il sole sta per tramontare e una luce calda abbraccia il paese sperduto nel deserto. Ci allontaniamo lentamente dal villaggio incontrando numerose persone che a piedi o a dorso d'asino stanno rientrando. Dopo una decina di chilometri finalmente usciamo da questo deserto e arriviamo nella cittadina di Tineghir dove troviamo alloggio all'albergo Bougafer. Ceniamo con Tajine e birra (finalmente) in una grossa stanza un po fredda con un gruppo di turisti inglesi che stanno girando il Marocco in bicicletta.

29 dicembre Tineghir - Merzuga - Erfoud

Facciamo colazione con marmellata e succo d'arancia (vengo ripreso perchè ci spetta solo un bicchiere a testa), paghiamo le birre e negoziamo per quasi un'ora prima di convicere gli albergatori a farci pagare con carta di credito che a loro detta non funzionerebbe.

Ci rimettiamo in moto osservando il gruppo di ciclisti che si è imposto come meta Marrakech. Ci beviamo i chilometri di strada, recentemente asfaltata, che corre lungo il deserto verso Merzuga, ultimo baluardo prima dell'inizio della sabbia. Arrivati in paese veniamo assaliti dai soliti procacciatori che ci propongono di tutto, dai quad agli alberghi a favolose gite in dromedario.

Scappiamo verso il noleggio dei quad dove iniziamo a trattare. Le cifre richieste sono decisamente troppo europee (75 € all'ora) e insistiamo fino a che non appare un listino più basso del 10% circa. Non riusciamo a convincere il noleggiatore a lasciarci un quad solo perchè minimo ne noleggiano 2.

Ce ne andiamo quindi in auto verso la duna più alta che sembra vicinissima. Diamo la solita mancia alla guardia che ci cura la Clio con i bagagli ed iniziamo ad incamminarci verso la duna, con una vela sola e con la selletta leggera da montagna. Il sole è davvero caldo e la duna non è così vicina come sembrava.

Tre motociclisti stanno cercando di risalirla affrontandola dalla cresta. Solo uno riesce nell'impresa, mentre anche noi a piedi arranchiamo. Dalla cima si vede benissimo il deserto e il panorama è molto suggestivo. Sembra impossibile vedere il deseto coperto di nuvole: si alternano i gialli della sabbia, il blu del cielo e il bianco delle nubi. Una brezza sostenuta soffia da nord e mi preparo a decollare.

In volo la brezza non sembra sufficiente a farmi salire e dopo un pò di galleggiamento sprofondo inesorabilmente verso la base della duna. Con grande fatica ripiego la vela e ricomincio la salita. Un berbero viene fuori da una tenda e mi chiede se voglio un tè, ma è troppo lontano per raggiungerlo sotto questo sole. Riguadagnata la cima è il turno di Giobbe. Lo avverto che il vento è forte e che il parapendio ha già iniziato a riempirsi di sabbia. Ai primi 2 tentativi non riesce ad alzare completamente la vela e viene trascinato dietro la duna dal vento. A l terzo tentativo decolla ed inizia a galleggiare, fino a che gira le spalle al vento. Si dirige in velocità contro la duna e fa una virata secca con relativo pendolamento. Segue una robusta cabrata e conseguente picchiata che lo porta di nuovo sulla sabbia. Scendo a recuperare la vela ed inizio a giocarci provando anche qualche maldestro decollo alla francese. Ultima planata e rientriamo verso l'auto godendoci i giochi di luce sulla sabbia. In tutto abbiamo fatto più di 8 chilometri a piedi.

Ritorniamo verso il noleggio di Quad per farci le ultime 2 ore al tramonto girando nel deserto ma il nolegiatore non c'è. Arriva anche un altro gruppo che ci scambia per noleggiatori e ci chiedono informazioni. Quando rientra ricomincia la trattativa che si rivela poi una grossa perdita di tempo. Dopo una lunga discussione infatti ci dice che i mezzi sono tutti prenotati e che non possiamo averne nemmeno uno.

Ce ne andiamo con l'altro gruppetto con il quale abbiamo familiarizzato. Sono arabi in vacanza con una guida locale che ci dice che ha un albergo a Erfoud. Li seguiamo in auto. Dopo una sosta da un gommista ci portano in un ksaar molto particolare. In un tipico show room ci offrono un tè ed iniziano a mostrarci tappeti su tappeti fino a che decido di comprarne uno dopo una lunga trattativa. Usciamo dal Ksaar, diamo la mancia al solito parcheggiatore e ci dirigiamo verso l'hotel. E' molto carino, sicuramente il più elegante fino ad ora trovato. La guida ci dice di aspettarlo un paio di ore che deve accompagnare delle persone. Nel frattempo facciamo una doccia quasi calda. Alle 21 la guida non si è ancora presentata e la fame si sta facendo sentire. Andiamo a cercare un ristorante seguendo le indicazioni della Lonely Planet ma l'aspetto è terribile e ritorniamo a cenare in albergo.

30 dicembre Erfoud - Ouarzazate

Facciamo um'ottima colazione a bufffet e ripartiamo verso nord. Il deserto scorre di fianco alla strada, la nostra meta è Tadirhoust dove dovremmo risucire a fare un volo.

Ci soffermiamo ad osservare una troupe italiana che sta registrando uno spot pubblicitario per un'auto della Alfa Romeo. Lasciato il set ci avviciniamo nuovamente alle montagne e seguiamo una pista che ci conduce in un piccolo villaggio. Lasciamo l'auto davanti alla casa di un pastore ed iniziamo a salire a piedi.

Sono molto scettico sul volo perchè non vedo nessun decollo evidente. Vorrei quasi lasciare l'attrezzatura in auto, ma poi decido di portarmi almeno la vela con la selletta leggera. Saliamo su un sentiero appena accennato tra sassi e sfasciumi vari fino a che arriviamo in cresta.

Nessun pendio inclinato, di erba nessuna traccia. Raggiungiamo le rovine di una fortezza e poi individuo quello che potrebbe essere un punto per decollare. La brezza è debole e lo spazio ridottissimo. Non c'è margine di errore. I cordini della mia vela continuano ad incastrarsi nei sassi taglienti. Per facilitare Giobbe stende la sua vela sopra la mia e decolla atterrando dopo una planata di pochi minuti. Quando decollo la brezza è calata e la vela fa una picchiata subito dopo facendomi appoggiare i piedi su una cengia pochi metri sotto.

Ho pochi secondi per decidere se saltare e provare a ridecollare: la vela è gonfia sopra di me ma preferisco fermarmi e la lascio cadere davanti a me senza farmi trascinare nel baratro. Il parapendio si avvolge ingarbugliandosi intorno alla cengia e ci metto parecchi minuti prima di recuperarla.

Risalgo in decollo sempre più scettico e accaldato e constato che il vento è girato da dietro adesso. Mi preparo comunque e attendo il momento giusto. Non appena la brezza sembra essere favorevole decollo nuovamente. Piego subito a destra galleggiando in dinamica accanto alle roccie ma una improvvisa discendenza mi convince a mettere i piedi a terra. Vengo circondato da decine di bambini urlanti: sentivo le loro urla fin in decollo!!

Con questo casino non provo nemmeno a piegare la vela e mi avvio sotto un caldo pazzesco alla macchina con la vela in mano a fiocco. Mentre sto cercando di infilare il fagotto sui sedili posteriori esce il proprietario della casa davanti alla nostra auto e ci invita a pranzo.

Sono le 14.30 e vorremmo star fuori a prendere il sole ma un invito da un berbero non si rifiuta. Ci fa accomodare in una stanza riempita da musica locale prodotta da un televisore a tutto volume. Ci chiede se vogliamo della carne e sparisce dopo averci portato un vassoio con tè e frutta secca. La stanza si riempie presto di un fumo denso.

Ricompare il pastore con dei bellissimi e gustosi spedini. Lui non mangia con noi perchè sta seguendo il Ramadam. Quando chiedo di che carne si tratta lui fraintende e mi chiede l'equivalente di 5 Euro per il pranzo. Mi faccio capire meglio e dice che si tratta di carne di montone. Per rafforzare le sue parole va a prendere la testa dell'animale che ci mostra orgoglioso dicendo che lo aveva ammazzato il giorno stesso. Mangiamo qualche mandarino, ringraziamo il padrone offrendogli il doppio della somma richiesta e un orologio in regalo.

Salutiamo la famiglia e ci rimettiamo in marcia verso le suggestive gole del Todra, che ammiriamo però al tramonto.In serata percorriamo la lunga strada che ci separa da Ouarzazate, attraversando affollatissimi paesi dove la gente e gli animali camminano in mezzo alla strada. Arrivati a destinazione troviamo subito posto in un bellissimo hotel Ibis in perfetto stile occidentale. Qui si perde totalmente il gusto del Marocco ma fa davvero piacere trovare una stanza calda, pultita e con acqua calda abbondante. Anche a cena ci fermiamo qui.

31 dicembre Ouarzazate - Marrakech

Dopo un'ottima colazione in albergo ci rimettiamo in viaggio verso il colle Tizi n Test, che ci separa dalla pianura di Marrakech.

Percorriamo decine e decine di chilometri prima di imboccare la lunga strada a tornanti che arriva al colle. Qui vediamo subito una manica a vento nei pressi di un ristorante. Il vento è forte e rafficato e sconsiglio a Giobbe il volo. Io decollo malamente ed inizio ad essere sballottato dalle forti correnti.

Riesco anche ad agganciare una termica e faccio quota, anche se non riesco a superare mai i 2000 metri. Davanti a me c'è un gruppo di montagne che crea turbolenza e il volo non è tranquillo, quindi inizio ad impostare un atterraggio nei pressi del decollo per evitare a Giobbe di rifare tutta la strada a tornanti.

L'atterraggio, sebbene lo spazio non sia ristrettissimo, risulta un'impresa titanica. Le raffiche di vento, la termica che ti rialza non appena inizi ad impostare l'atterraggio sicuramente non aiutano. Dopo tre o quattro tentativi riesco a mettere i piedi a terra.

Ripartiamo verso Marrakech lungo una stretta strada di montagna. Ci fermiamo a metà del passo ad un albergo per mangiare un insalata marocchina e poi ripartiamo. Arriviamo poi al bivio che avevamo preso qualche giorno prima per andare a volare ad Aguergour.

Non ci facciamo scappare l'occasione di un volo al tramonto e ripercorriamo la strada sterrata che porta al decollo. Facciamo una planata suggestiva, che si conclude però con un atterraggio troppo lungo per Giobbe con la sua vela incastrata nei rovi. Ci vorrà almeno un ora, anche con l'aiuto di due francesi molto gentili per districare la situazione. Ormai è buio e tutti i tentetivi fatti di autostop per risalire a recuperare l'auto sono stati vani. Offriamo 2 birre ai francesi che ci raccontano di essere ingegneri nucleari che lavorano in Marocco. Sono gentilissimi e prima di farsi un hammam ci accompagnano a recuperare la nostra Clio.

Rientriamo verso Marrakech dove cerchiamo posto in un Ibis, ma purtroppo è tutto completo. Dopotutto è capodanno e faremo fatica a trovare posto. Ci accontentiamo di un albergo decadente ad un chilometro e mezzo dal centro, facciamo una doccia ed usciamo per raggiungere gli amici con i quali abbiamo appuntamento. Hanno prenotato in un ristorante berbero nella medina dove suonano musica dal vivo ma non servono alcolici di alcun tipo. La serata trascorre lentamente e quando è mezzanotte non abbiamo ancora finito di cenare. La curiosità di vedere come si festeggia l'anno nuovo ci spinge lungo le strade della medina e nella piazza principale che però è quasi deserta e nessuno festeggia. Rientriamo nel ristorante dove beviamo tè e fumiamo un tipico narghilè. Alle 2.00 siamo troppo stanchi per proseguire la serata con gli altri e rientriamo in albergo: alla mattina ci aspetta un'altra tappa.

tracce gps:

Aguergour

Ait Ourir

Erg Chebbi

Tadirhoust

Tizi n Test

Oukaimeden

 

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