2007, ODISSEA NELL'ESPACE MONT BLANC.
La funivia del Monte Bianco, inizialmente concepita per
scopi prevalentemente militari, viene inaugurata nell'estate
del 1947. Il primo tronco, dalla località La Palud,
raggiunge il Pavillon di Monte Frety a quota 2175 m; il
secondo tronco parte dal Pavillon ed arriva al rifugio Torino
presso il Colle del Gigante a quota 3330, quasi duemila
metri in undici minuti. E' del 1957 il prolungamento dal
Colle del Gigante fino a Punta Helbronner, quota 3462, nel
cuore del ghiacciaio. Il 22 dicembre 1959 entra in esercizio
la funivia da Punta Helbronner all'Aiguille du Midi, la
cosiddetta liaison, denominata anche "funivia dei ghiacciai";
ma questa è un'altra storia.
In base alla normativa italiana, che per ragioni di sicurezza
impone un limite di sessant'anni alla vita di un impianto
a fune, la funivia dovrà cessare la propria attività
nel 2007; saranno forse possibili brevi deroghe di uno o
due anni, ma il termine sarà comunque di qui a pochi
anni. Il dibattito attualmente verte sull'analisi di un
progetto preliminare per il rifacimento dell'impianto, e
vale la pena di fare due conti.
1- La struttura. Il nuovo progetto prevede una funivia in
due soli tronconi, eliminando la fermata intermedia al rifugio
Torino. La partenza viene spostata da La Palud ad Entreves,
in un'area che verrà certamente raccordata con la
costruenda autostrada che porta all'imbocco del tunnel;
l'analisi progettuale afferma che la stazione di La Palud
è a rischio di movimenti franosi, mentre ad Entreves
ci sarebbe il rischio di una valanga dal Toula, "fenomeno
raro ma possibile" evidentemente sopportabile. Inoltre
la funivia in partenza da Entreves sorvolerà due
volte la statale, però non sarà necessario
realizzare opere di protezione, non siamo mica al Cermis,
che diamine. Il punto è che la partenza da Entreves
può favorire l'allestimento della nuova funivia senza
interrompere il funzionamento di quella vecchia, per consentire
ai turisti di continuare ad usufruire della maggiore attrazione
della zona: ovviamente, quindi, anche la stazione d'arrivo
al Pavillion dovrà essere spostata rispetto a quella
attuale. Infatti, la nuova stazione d'arrivo del primo tronco
si trova in uno stabile che comprende anche la partenza
del secondo tronco, ed è adiacente a quella oggi
in funzione. Il secondo tronco arriva direttamente a Punta
Helbronner, ed è previsto l'utilizzo di un veicolo
panoramico a cabina rotante, per attirare l'interesse del
pubblico: a tale scopo le stazioni dovranno essere di poco
più larghe delle precedenti, "ma perfettamente
inseribili nel contesto ipotizzato". Data la conformazione
del territorio e lo spazio limitato, la stazione di arrivo
non potrà essere affiancata per cui si dovrà
recuperare quella attuale, procedendo però ad "opere
di consolidamento".
2- Le infrastrutture. L'area dismessa di La Palud potrà
essere soggetta a riqualificazione, anche se nel prospetto
economico del progetto non esiste alcuna voce a questo proposito;
tuttavia la Regione promette che se ne occuperà.
La nuova stazione di Entreves necessiterà di ampi
spazi parcheggio; la superficie necessaria per la stazione,
i posteggi sia interrati che a raso e della viabilità
di raccordo è di 17.400 m2. La nuova stazione di
arrivo al Pavillon prevede una sala cinematografica scavata
nella roccia per 150 posti, adibita alle proiezioni di filmati
multimediali sulla montagna e l'alpinismo ma utilizzabile
anche per convegni o intrattenimenti, spazi commerciali,
bar, ristorante, terrazzo panoramico, aree e percorsi museali
(musei in quota, ci ricorda qualcosa: non è meglio
farli in valle, magari a La Palud nell'ambito della riqualificazione?);
è previsto il parziale recupero delle stazioni esistenti,
con abbattimento dei piani superiori. Totale: 2200 m2. La
stazione di Punta Helbronner, come già detto, va
consolidata: si prevede un pozzo in cemento armato del diametro
interno di cinque metri e profondo 80 m, che conterrà
gli ascensori che recano al rifugio Torino. Sono previsti
una grande cupola panoramica ed un ristorante self service,
separati "dallo sperone roccioso dei 3463 m che si
incunea nell'architettura fino a compenetrarsi all'interno
al centro dello spazio coperto, facendo da sfondo alla sala
del ristorante" (sic). Ai piani superiori, un'altra
zona ristorante ed "una esclusiva sala riunioni".
3- Le portate. L'impianto attuale ha una portata massima
nel primo e nel secondo tronco di 300 persone/ora, e di
400 nel terzo tronco; considerando la capacità di
ogni vettura e la velocità delle stesse nei diversi
tratti, il limite funzionale è oggi di 1600 persone/giorno.
Le presenze annuali sono passate dalle 150.000 del 1990
alle 70.000 del 2002, attribuite a diverse cause: la valanga
al Pavillon nel '92, la chiusura dello sci estivo nel '94,
la chiusura del tunnel nel '99. Partendo dal fatto che le
presenze sono calate molto più al Monte Bianco che
non su altre funivie concorrenti (Aiguille du Midi, Jungfrau),
i progettisti ne deducono che le altre funivie offrono un
servizio migliore e che "solo attraverso la sostanziale
riqualificazione dell'offerta è possibile porsi in
concorrenza con le realtà analoghe presenti sull'arco
alpino e riconquistare quote significative di mercato".
Partendo dal presupposto che "il bacino di utenza delle
Funivie del Monte Bianco rinnovate è analogo a quello
delle funivie dell'Aiguille du Midi", dimenticando
per un istante che Courmayeur non è analoga a Chamonix,
il progetto prevede una potenzialità annua di 300.000
persone/anno (più che quadruplicate!), un limite
funzionale di 3000 persone/giorno con una conseguente portata
oraria di almeno 600 persone/ora. Ecco dunque che la nuova
funivia necessita di una portata nel primo tronco di 800
persone/ora, nel secondo di 600 persone/ora. Et voilà!
4- Il prospetto economico. Al febbraio 2003 la spesa stimata
per la realizzazione dell'opera consiste nella ragguardevole
somma di quasi sessanta milioni di euro, che la Regione
Valle d'Aosta ha già provveduto ad accantonare inserendoli
nei propri bilanci di previsione. Con l'eliminazione di
una stazione intermedia è previsto un minor numero
di addetti, che "potrà essere destinato ad attività
integrative e di servizio"; inoltre il nuovo impianto
sarà più flessibile (e con lui dovranno esserlo
anche i dipendenti, ritengo) con la possibilità di
chiusura completa in alcuni periodi dell'anno e di funzionamento
prolungato in alta stagione, per razionalizzare i costi
di gestione.
Alcune considerazioni finali: diverse associazioni ambientaliste
hanno già espresso la propria posizione su questo
progetto, quella di MW la trovate in queste pagine. La risposta
dei politici è, al solito, assai miope: qualcuno
ha parlato addirittura di "rivoluzione copernicana"
per essere andati oltre la retorica della contrarietà
agli impianti, accusando poi gli ambientalisti di cercare
furbescamente di fare proprio un progetto finora avversato
e di teorizzare una forma di turismo elitario.
Chi ha seguito le vicissitudini del Patto per la Marmolada
conosce la propositività di MW, e la capacità
di intervenire nel merito delle questioni. Il nostro atteggiamento
è coerente nel tempo, ricordiamo che durante le prime
manifestazioni i protagonisti utilizzarono la funivia del
Monte Bianco per salire a Punta Helbronner (e furono scherniti
per questo): l'obiettivo prioritario infatti era e resta
lo smantellamento della funivia dei ghiacciai!
La funivia può avere una sua funzione, ma non deve
rappresentare il fulcro delle attrattive del comprensorio.
La Valle d'Aosta, ed il Monte Bianco in particolare, meritano
forme di promozione turistica attente a valorizzare l'unicità
di questo ambiente senza mortificarlo. La presunta elitarietà
delle proposte ambientaliste è una definizione di
comodo, vogliamo invece privilegiare un turismo di qualità
che contrappone al "mordi e fuggi" una formula
che si potrebbe definire "fermati ed assapora".
Turismo di qualità significa non banalizzare la montagna,
non sovraccaricarla di presenze insostenibili, offrire integrazioni
culturali ad alto livello per una maggiore conoscenza e
comprensione di ciò che si presenta alla vista. Per
dirla con il nostro slogan, dunque, in montagna dalla parte
della montagna.
Nel tentativo di conquistare le montagne, non abbiamo ancora
capito che deve essere la montagna a conquistare noi.