MONTAGNA di LOMBARDIAMONTAGNA di LOMBARDIA

 

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Perché un parapendio vola



I fondamenti dell'aviazione
Gli aeroplani sono sostenuti in volo dalla pressione dell'aria che si riconfigura quando l'aria fluisce sopra l'ala dell'aeroplano.
Ogni oggetto immerso in fluido (per esempio in aria o in acqua) è soggetto a una pressione su tutte le sue superfici, una forza su ciacuna unità di area dovuta al peso dell'aria o dell'acqua che si trova al di sopra (anche se alcune superfici sono orientate verso il basso o lateralmente). In assenza di moto -- per esempio, quando l'aeroplano sta fermo sulla pista -- un'ala è soggetta a una pressione uguale sia sul lato superiore che sul lato inferiore, e quindi non tende a muoversi né verso l'alto né verso il basso.

Quando l'aeroplano è in volo, l'aria fluisce al di sopra dell'ala, e la forma della sezione dell'ala -- curva nella parte superiore e piatta o quasi piatta nella parte inferiore -- riduce la pressione sul lato superiore, causando un aumento di pressione dal basso, che esercita quindi una forza di sostentamento ("portanza"). La portanza aumenta se la parte anteriore dell'ala è leggermente sollevata, in modo che così l'ala "morde" l'aria in movimento con un angolo minore ("angolo di attacco"), e, per una data portanza, questo tipo di ala incontra una resistenza dell'aria ("attrito atmosferico") molto minore di un aquilone piatto.


Sistemi di riferimento
Ma, un momento -- è l'aeroplano che si muove o l'aria?
Dipende dal sistema di riferimento! Nel sistema di riferimento dell'aria o del suolo, l'aeroplano effettivamente si muove. Ma si può anche calcolare ogni cosa rispetto al sistema di riferimento solidale con l'aeroplano, dove è l'aria che si muove. Fintanto che l'aereo vola in linea retta a velocità costante, valgono le stesse leggi.
(Nelle prossime sezioni verrà mostrato che si può anche estendere tutto questo a un volo su traiettoria curva, purché si includano la forza centrifuga e la forza di Coriolis, forze "inerziali" che si manifestano soltanto nei calcoli in un sistema di riferimento in moto).
Lavorando nel sistema di riferimento dell'aereo, per esempio, diventa facile includere gli effetti del vento, la cui velocità viene semplicemente sommata (somma di vettori!) alla velocità dell'aria come percepita dall'aeroplano.
Per valutare come un'ala si comporti in volo, invece di farla muovere nell'aria ferma, si può, in modo equivalente, montarla in un laboratorio e investirla con un getto di aria. I due processi fisici sono identici. È questo il principio della galleria del vento -- un ambiente con un grosso ventilatore che soffia un getto di aria (o meglio, che la aspira, in modo che il flusso prodotto sia più regolare), e all'interno le sezioni di ala possono essere montate e collaudate.

La galleria del vento costruita da Orville e Wilbur Wright, inventori del primo aeroplano funzionante, non era stata la prima -- già ne esistevano delle altre a quel tempo -- ma fu la prima ad essere usata per progettare realmente una macchina volante. I fratelli Wright usarono delle repliche a scala ridotta delle ali e misurarono la loro portanza e il relativo attrito atmosferico per mezzo di delicate bilance (esiste una teoria sul comportamento delle repliche a scala ridotta). Una ricostruzione della loro galleria del vento originale, oltre a un'esposizione delle bilance con cui essi misurarono la portanza e la resistenza dell'aria, sono in mostra al pubblico presso l'Istituto Franklin del Museo di Filadelfia. Facendo clic qui si può visitare un sito Web che descrive quella mostra, con ulteriori collegamenti ipertestuali che possono aiutarvi a costruire una vostra propria galleria del vento.

Ali a freccia
Le ali dei piccoli aeroplani, i quali volano a basse velocità, sono in genere ortogonali alla fusoliera, una configurazione che offre la migliore efficienza. Sui grandi aerei di linea, o sui veloci aviogetti militari, d'altra parte, le ali sono spesso configurate a freccia; alcuni aviogetti militari possono addirittura variare l'orientamento delle ali -- ortogonali per la migliore efficienza al decollo e all'atterraggio, e orientate a freccia per il volo prossimo alla velocità del suono.

Alla velocità del suono, la resistenza dell'aria ("attrito atmosferico") aumenta fortemente, poiché l'aria non riesce a togliersi in tempo dal muso del velivolo, per cui viene compressa e riscaldata. Il calore è una forma di energia, e per produrla qualcos'altro deve cedere la sua energia -- in questo caso, è il moto, che così causa un crescente attrito; la "portanza" delle ali quindi ne soffre. In effetti, questi problemi cominciano parecchio prima che venga raggiunta la velocità del suono, poiché una parte del flusso d'aria al di sopra delle ali ha una velocità più alta e può quindi raggiungere la velocità del suono prima che sia l'aeroplano a raggiungerla.

Però si può un po' "giocare d'astuzia" piegando le ali all'indietro, di un certo angolo s. In questo modo, anche se l'aria colpisce l'aeroplano con velocità v, il vettore velocità può essere scomposto in due componenti perpendicolari tra loro -- una velocità del flusso v sin s diretta lungo l'ala, e una velocità del flusso v cos s diretta perpendicolarmente ad essa. Entrambe queste componenti sono minori di v, poiché entrambi (sin s) e (cos s) sono sempre minori di 1.

Si può ora dire che il flusso d'aria lungo l'ala non causa alcun effetto di accumulo, e non influisce sulla portanza né sull'attrito atmosferico, e si può quindi ignorare. Soltanto il flusso perpendicolare v cos s ha tali effetti, e, in una teoria grossolana, l'efficienza delle ali dipende solo da quanto è prossima alla velocità del suono la velocità della componente perpendicolare. In questo modo le ali a freccia permettono all'aereo di volare a una velocità un po' più prossima a quella del suono, senza subire gli effetti negativi. L'Airbus 320, per esempio, ha le ali piegate all'indietro di circa 25 gradi. Per visitare un sito Web con una discussione dettagliata sulle ali a freccia, si può fare clic qui.


Le eliche
Le eliche di un aeroplano funzionano come delle piccole ali rotanti, il cui effetto è quello di "tirare" l'aereo in avanti (questa forza di trazione è nota come spinta). Probabilmente il maggior vantaggio ottenuto dai fratelli Wright dalla loro galleria del vento non è stato quello del progetto delle ali (un progetto grossolano, limitato dalla tecnologia disponibile), ma del progetto delle eliche, che erano il doppio più efficienti delle altre eliche del loro tempo.
Di nuovo, è più conveniente considerare l'elica statica e considerare invece l'aria in moto. Possiamo anche ignorare il fatto che l'elica si muova circolarmente, considerando soltanto un piccolo segmento di quel moto circolare, lungo il quale il moto si svolge quasi in linea retta.

(Va notato tuttavia che ogni parte della pala dell'elica si muove a una diversa velocità. Occorre suddividere l'elica in sezioni, ciascuna a una diversa distanza dall'asse centrale, e poi studiare separatamente le forze su ciascuna sezione. Qui ci concentreremo sulle sezioni terminali delle pale, la cui velocità v1 è la più alta e che quindi generano la spinta maggiore).
Ciò che complica la situazione è il fatto che anche l'aeroplano stesso si muove. Anche in questo caso, il fenomeno può essere studiato nel sistema di riferimento dell'aeroplano, che vede l'aria arrivargli contro con una velocità v2. Nel sistema di riferimento della punta della pala dell'elica (ved. il disegno), l'aria vi arriva contro con una velocità costituita da due componenti perpendicolari tra loro, v1 dovuta al suo moto e v2 dovuta al moto in avanti dell'aeroplano.
Consideriamo l'azione dell'elica prima che l'aeroplano cominci a muoversi (v2=0). La forza L sulla pala dell'elica, che fornisce la spinta all'aeroplano, è perpendicolare al moto delle pala (o quasi perpendicolare), e tira l'aereo in avanti, come è richiesto.

Ora supponiamo che l'aereo voli a una velocità moderata v2. L'elica non percepisce più una velocità frontale v1, ma una velocità v che colpisce la pala a un angolo inclinato rispetto alla direzione frontale (ved. disegno superiore). Questo non era un problema grave per i primi aerei, poiché la loro velocità era piuttosto bassa. Per tali aerei v2 era sempre molto più piccola di v1, e un'elica in legno o in metallo, con le pale leggermente inclinate per adattarsi a v alla normale velocità di crociera dell'aereo (o un po' più inclinate, per fornire un piccolo angolo di attacco), funzionavano altrettanto bene anche a velocità diverse. Molti piccoli aeroplani, ancora al giorno d'oggi, usano questo tipo di eliche.

Gli aeroplani più veloci, tuttavia, hanno bisogno di eliche con le pale orientabili, in grado di aumentare l'angolo ("passo") a cui esse "mordono" l'aria all'aumentare della velocità, in modo che siano sempre orientate frontalmente rispetto alla velocità combinata v dovuta al loro moto e a quello dell'aeroplano. Non si può ottenere una compensazione aumentando la velocità di rotazione v1 dell'elica, poiché se la punta delle pale raggiunge la velocità del suono, l'efficienza dell'elica cala bruscamente (e il rumore prodotto aumenta!).

Le pale orientabili ("eliche a passo variabile"), più costose e più complicate delle eliche tutte d'un pezzo, sono ormai da tempo una dotazione comune degli aerei ad elica più veloci. Ma anche in questo modo c'è un limite. Supponiamo che l'aeroplano si muova alla stessa velocità della punta dell'elica, cioè v2 = v1. In tal caso la punta della pala dell'elica deve essere orientata di 45 gradi verso la direzione del moto (ved. disegno inferiore). Diventa allora evidente una tendenza destabilizzatrice.

Prima di tutto, come si è visto dal "triangolo per la somma di vettori" e dal teorema di Pitagora, la velocità totale v percepita dalla pale dell'elica è notevolmente più alta (di circa il 41%) di entrambe le due componenti della velocità, per cui ci si avvicina ancora di più alla velocità del suono e ai problemi connessi. E inoltre, come seconda cosa, la forza di sostentamento L sulla pala è anch'essa ruotata di 45 gradi! Pertanto solo la componente L1 tira in avanti l'aeroplano, mentre l'altra componente, L2, in effetti si oppone alla rotazione dell'elica e richiede una maggior potenza al motore, potenza che non è utilizzata in alcun modo utile.

A causa di questi problemi, gli aeroplani ad elica non hanno mai raggiunto velocità paragonabili a quelle degli aviogetti. I più veloci aeroplani militari ad elica della Seconda Guerra Mondiale volavano a circa 600 km/ora. Il primato di velocità per un aeroplano con una propulsione puramente ad elica, pari a 745 km/ora, fu ottenuto in Germania prima della guerra (nel 1939) ed è rimasto insuperato per decenni. Il primato attuale è di 528,33 miglia/ora (pari a 850 km/ora), ed è stato ottenuto nel 1989 dall'aereo "Rare Bear", un aereo militare della Marina degli Stati Uniti della Seconda Guerra Mondiale (tipo 8F8 "Bearcat"), modificato per raggiungere le più alte velocità. L'aereo era precipitato nel 1962 ed era rimasto su un campo di granturco nello stato dell'Indiana, vicino a una pista di volo, prima che Lyle Shelton nel 1969 lo trovasse e lo restaurasse. In seguito egli sostituì il suo motore da 2400 cavalli con uno da 4000 cavalli (che faceva meno di un miglio con un gallone di benzina, alla sua velocità massima), sostituì l'elica e ridusse il suo peso. L'aereo è tutt'ora in efficienza di volo. (Grazie al Dott. Eddie Irani per queste informazioni).


Le ali degli aerei a reazione sono piegate all'indietro, per ridurre la componente della velocità del flusso perpendicolare all'ala. Non potrebbe lo stesso effetto essere prodotto piegando le ali in avanti? In effetti è possibile ed è stato fatto sull'aereo sperimentale della NASA X-29 (ved. immagine qui sotto, altre notizie su tale aereo qui). Tuttavia, il flusso dell'aria che agisce su un'ala flessibile piegata in avanti tende a torcerla in modo da ridurre la sua stabilità, e per tale motivo si preferisce in genere la configurazione delle ali piegate all'indietro.



Aerei ad ali basculanti
Un ingegnere della NASA, Robert T. Jones, ha fatto degli esperimenti con un'idea simile -- un'ala piegata in avanti e l'altra piegata all'indietro. Quest'ala può venire adattata all'aereo mediante un asse girevole. Al decollo e all'atterraggio, l'ala è perpendicolare alla fusoliera, funziona alla massima efficienza e dà all'aereo l'aspetto convenzionale. Successivamente, alla quota di crociera, quando l'aeroplano guadagna velocità, l'ala viene fatta ruotare attorno all'asse girevole, in modo che una estremità sia piegata in avanti e l'altra all'indietro. Funzionerà?

Esperimenti effettuati con un modello radiocomandato hanno dimostrato che il sistema in effetti funziona. Il modello (qui a destra), insieme ad altri cimeli, è ora in mostra al pubblico presso il Museo dell'Aria e dello Spazio presso lo "Smithsonian Institute" a Washington. Questo tipo di aereo è stato poi seguito da un piccolo bireattore con pilota, il modello AD-1 (immagine qui sotto), progettato dalla "Rutan Aircraft Factory" e fatto volare dalla NASA negli anni 1979-1982 dal Centro di Ricerche Aeronautiche "Dryden" a Edwards, in California. Per ulteriori dettagli, ved. la pagina "Dryden" dedicata all'AD-1. Collegamenti ipertestuali in fondo a quella pagina forniscono ulteriori informazioni qui, e anche un breve filmato dell'AD-1 in volo.

Purtroppo, la configurazione con le ali basculanti funziona bene soltanto se l'aereo vola in linea retta -- tentativi di far virare l'aeroplano lo portano in avvitamento orizzontale. Inoltre, i vantaggi non controbilanciano il rischio che il movimento dell'ala si blocchi rendendo impossibile all'aereo di atterrare, per cui il progetto fu abbandonato.

Perché un aereo vola:
-- Quanto in alto? Quanto veloce?
(Sezione facoltativa sui principi del volo degli aeroplani)

Un aeroplano si regge in volo a causa del flusso dell'aria che scorre al di sopra e al di sotto delle sue ali. Questo flusso genera una "portanza", cioè una forza verso l'alto che si oppone alla gravità, impedendo che l'aereo cada.

Profilo aerodinamico e attrito atmosferico
La sezione trasversale ("profilo") dell'ala di un aeroplano deve soddisfare due requisiti. Primo, la sua parte posteriore si deve restringere verso il basso con un bordo sottile, come un cuneo. Questa è la zona dove i due flussi d'aria, quello proveniente dalla parte superiore dell'ala e quello dalla parte inferiore, si ricongiungono, e questo "profilo aerodinamico" assicura che i flussi si incontrino in modo graduale, senza effetti di turbolenza che aumenterebbero la resistenza dell'aria. Al contrario, un paracadute aperto, la cui parte posteriore è una semisfera, genera una forte turbolenza e quindi offre una grande resistenza al moto. I grossi autocarri, la cui parte posteriore termina bruscamente con un piano verticale, incontrano similmente una resistenza dell'aria relativamente alta.

[Contrariamente a quanto si potrebbe credere, la forma della parte anteriore è meno critica. Forse intuitivamente ci viene da pensare alla prua di una nave, che deve avere un profilo anteriore aguzzo per tagliare le onde superficiali. I sommergibili nucleari di profondità hanno una parte frontale semplicemente sferica, così come i dirigibili].
Il profilo aerodinamico riduce la resistenza dell'aria (cioè "l'attrito atmosferico"). Gli esperimenti hanno mostrato che la forza resistente D (il carattere in grassetto non è usato qui per indicare i vettori) aumenta con la velocità v -- in effetti, aumenta come v2. È anche proporzionale alla densità dell'aria d. Tutti gli altri fattori vengono raggruppati in un coefficiente A che è proporzionale all'area dell'ala e dipende dalla forma della sua sezione trasversale (ed è qui che entra in gioco l'aerodinamicità) e dall'angolo di attacco con cui l'ala incontra il flusso d'aria (angolo = zero quando l'ala è allineata con il flusso dell'aria).

D = A d v2
La proporzionalità dell'attrito atmosferico su un'ala con v2 è stata ricavata da osservazioni sperimentali, ma si può anche dedurre dal seguente ragionamento approssimativo. Seguitelo lentamente!

L'ala di un aeroplano investita da un flusso d'aria perde energia soprattutto per scansare lateralmente l'aria che si trova sul suo percorso. Se la configurazione delle linee di flusso attorno all'ala è la stessa, sia a bassa che ad alta velocità (il che è ragionevolmente vero), quando v raddoppia, la velocità dell'aria spostata lateralmente raddoppia anch'essa, e da questo processo l'energia (cinetica) ceduta all'aria, che è proporzionale a mv2, dovrebbe aumentare di 4 volte.

Che cosa succede alla massa? Raddoppiando la velocità, l'ala avanza di una distanza doppia ogni secondo, rispetto a quello che avveniva prima, per cui la massa m di aria scansata dal suo percorso raddoppia anch'essa. La rapidità complessiva con cui l'energia è ceduta dall'ala all'aria circostante, quindi, aumenta di 8 volte.

Questa rapidità con cui l'energia viene ceduta deve corrispondere al lavoro meccanico compiuto ogni secondo dalla forza D (cioè la potenza richiesta): anche questa potenza deve quindi aumentare di 8 volte. Poiché la distanza percorsa ogni secondo è v, il lavoro compiuto ogni secondo è Dv. Se v raddoppia e Dv aumenta di 8 volte, allora D deve crescere di 4 volte -- un aumento proporzionale a v2.

Portanza
Il secondo requisito è che l'ala generi una portanza, un forza cioè verso l'alto sufficiente a tenere l'aeroplano sollevato. Per generare una portanza, l'ala deve essere non-simmetrica -- piatta sulla parte inferiore, ma incurvata sulla parte superiore. Questa forma accelera il flusso d'aria sopra l'ala, riducendo in tale zona la pressione, per cui la pressione sulla parte inferiore dell'ala è maggiore di quella sulla parte superiore, e il risultato è una forza verso l'alto. [Un'ala simmetrica da entrambe le facce, ma che incontra l'aria con un leggero angolo d'attacco, soddisfa ugualmente questa condizione di non-simmetria].
I progettisti, dai fratelli Wright in poi, hanno usato la galleria del vento per collaudare le ali con differenti profili, e hanno così individuato delle sezioni trasversali adatte a vari tipi di volo. Essi hanno anche verificato sperimentalmente che la portanza generata da un'ala è approssimativamente proporzionale alla densità d dell'aria e al quadrato della velocità v del flusso d'aria sopra l'ala stessa:


L = B d v2

In questa formula L è la portanza espressa (diciamo) in newton, d la densità dell'aria (circa 1,3 kg/metro3 al livello del mare) e v può essere espressa in metri/sec, km/ora o miglia/ora, comunque si preferisca. Il fattore B dipende dal profilo dell'ala, dalla sua lunghezza e dalla sua larghezza: un'ala più grande ovviamente genera una portanza maggiore. Inoltre la portanza è proporzionale alla resistenza atmosferica: gli aeroplani generalmente volano con un "angolo di attacco" (definito precedentemente) che fornisce la prestazione più economica quando il rapporto portanza/resistenza atmosferica è al suo massimo. Il valore "migliore" dipende dalla configurazione dell'ala e può andare da 10 (o anche meno negli aerei militari) fino a 50 (negli alianti con le massime prestazioni).
Si può aumentare la portanza aumentando l'angolo di attacco (come si fa con un aquilone), ma a prezzo di una maggiore resistenza atmosferica. Inoltre, se l'angolo è troppo ripido, il flusso regolare al di sopra dell'ala diventa perturbato e l'ala va "in stallo", perdendo immediatamente quasi tutta la sua portanza. Si è scoperto che molti incidenti aerei sono stati causati da un improvviso stallo.


Quanto in alto? Quanto veloce?
Supponiamo di voler progettare un aereo di linea che pesi W chilogrammi (circa 10 W newton). In volo orizzontale, naturalmente, la portanza deve controbilanciare il peso dell'aeroplano

L = W
per cui
B d v2 = W

Il valore di W è determinato da B -- in altre parole, l'ala deve essere abbastanza lunga, larga ed efficiente da sostenere il peso W dell'aereo in volo a pieno carico.
Quanto in alto e quanto veloce deve volare l'aereo di linea? I passeggeri vogliono raggiungere la loro destinazione rapidamente, per cui i progettisti devono proporsi un'alta "velocità di crociera". Tuttavia, i passeggeri gradiscono anche un atterraggio senza rischi, e quindi la velocità all'atterraggio deve essere bassa.

La velocità è anche il motivo principale per cui gli aerei di linea volano ad una quota vicina ai 10 mila metri. La densità dell'aria si dimezza per ogni aumento di 5 km di quota, per cui a 10 km, d è circa 1/4 del valore al livello del mare e un aeroplano può raddoppiare la sua velocità per ottenere la stessa portanza, con la stessa resistenza atmosferica D (che, come si è visto, aumenta anch'essa come dv2). La ragione principale per cui gli aerei di linea hanno la cabina pressurizzata è che in tal modo possono volare più in alto, per poter volare più veloci.

Quanto veloce? Il limite pratico sembra essere attorno a 960 km/ora (600 miglia all'ora). Avvicinandosi di più alla velocità del suono (1200 km/ora, ma variabile con la temperatura), il flusso dell'aria sopra le ali genera delle onde d'urto che aumentano l'attrito atmosferico e diminuiscono la portanza. Per ottenere velocità così alte è necessario l'impiego di ali a freccia.


Atterrare senza rischi
Una velocità di 600 miglia all'ora a una quota di 10 km sembra che implichi una velocità all'atterraggio, al livello del mare, di 300 miglia all'ora (d è 4 volte più grande, per cui v deve dimezzarsi). Questa velocità è ancora troppo alta -- anche la Navetta Spaziale sembra che atterri a circa 270 miglia all'ora. Si potrebbe volare a 20 km di quota, come faceva l'aereo da ricognizione U-2, e atterrare (anche senza variare l'angolo di attacco) a 150 miglia all'ora. Tuttavia, per generare la portanza necessaria a sostenere il velivolo nell'aria rarefatta a quella quota, B deve essere molto più grande -- cioè le ali devono essere molto più grandi -- oppure occorre ridurre il peso W (o entrambe le cose). Questo fu ottenuto per l'U-2, un aeroplano leggero con ali molto lunghe ed efficienti, ma una configurazione di tal genere non funzionerebbe per il progetto di un aereo di linea.
Tutti questi accorgimenti consentono a un aereo di linea di atterrare a circa 150 miglia all'ora. L'atterraggio è in effetti una manovra di precisione, in cui l'aereo (idealmente) non ha più velocità rispetto all'aria immediatamente prima che le ruote tocchino terra. Il radar controlla l'angolo di discesa ed altri strumenti di navigazione rendono questa manovra possibile migliaia di volte ogni giorno.

Volare senza scalo attorno al mondo -- Quanto in alto? Quanto veloce?
Una delle più memorabili imprese nella storia dell'aviazione è stato il volo attorno al mondo, senza scalo e senza rifornimento, compiuto dall'aereo Voyager, nel dicembre 1986. Progettato da Burt Rutan e pilotato da suo fratello Dick e da Jeana Yaeger, l'aereo ora è esposto, appeso in aria, all'ingresso del Museo dell'Aria e dello Spazio di Washington.
Inizialmente si sperava di avere una cabina pressurizzata per poter volare a 7500 metri di quota, ma le limitazioni di peso preclusero questo progetto, per cui fu intrapreso un volo più lento e a quota più bassa, che durò 9 giorni. Il peso al decollo del "Voyager" era di 4400 kg, e per far sollevare un aeroplano così pesante, furono usati due motori -- uno che tirava e uno che spingeva -- per raggiungere la velocità anemometrica richiesta di 222 km/ora.

A metà del viaggio, quando il carburante era stato parzialmente consumato, occorreva una portanza minore. Pertanto venne spento uno dei due motori, e la velocità anemometrica fu ridotta a soli 127 km/ora, e, per evitare di doverla ridurre ulteriormente, la quota di volo fu innalzata a 3400-3600 metri. Di conseguenza la seconda metà del volo fu molto più lenta della prima metà, e molto più pesante per i piloti privati del sonno. D'altronde non c'era altra scelta, poiché volare più veloci avrebbe richiesto un angolo di inclinazione delle ali meno efficiente, e il consumo di carburante sarebbe aumentato troppo.


Il Parapendio come macchina volante

Il parapendio è senza alcun dubbio l'apparecchio più leggero che esista: in una sacca dal peso massimo di 8-10 Kg trova posto tutto ciò che serve per osservare il mondo dall'alto: ala, imbrago, strumenti e casco (più l'eventuale paracadute d'emergenza).

Il parapendio è formato dalla vela e dai fasci funicolari che, riunendosi in cavi e nastri di dimensioni sempre maggiori, giungono fino all'imbrago, al quale sono uniti per mezzo di moschettoni con chiusura a vite.

La vela è formata da due strisce di tessuto sovrapposte ed unite tra loro da centine forate nel mezzo. Come in tutte le ali, la superficie superiore è detta estradosso e quella inferiore infradosso.Il bordo di uscita (la cucitura posteriore tra le due strisce di tela) è chiuso, mentre il bordo di entrata presenta sempre delle aperture (dette bocche) attraverso cui, nelle fasi di decollo e durante il volo, l'aria penetra generando il "gonfiaggio" della vela ed il mantenimento della pressione al suo interno.

Le centine hanno il compito di mantenere ad una distanza prefissata estradosso ed infradosso, proprio come accade nei materassini pneumatici da spiaggia che, senza centine, diverrebbero dei "palloni gonfiati" anzichè, appunto, dei materassini.

I fori nelle centine servono per mantenere una pressione uniforme all'interno dell'ala, permettendo all'aria di riequilibrare rapidamente eventuali differenze che si possono generare nei diversi punti della vela.

La parte di vela compresa tra due linee di inserzione dei cordini è detta cassone: questo, a sua volta, può essere suddiviso da una o più centine in due o più infracassoni: in altre parole il numero di cassoni non ci dice quante centine ha la nostra ala, bensì quante linee di inserzione dei cavi esistono. È abbastanza intuitivo che un basso numero di cassoni si traduce in una forma rigonfia e "a tubi paralleli", mentre un elevato numero di cassoni permette di ottenere un'ala dalla sezione più lineare: pochi cassoni (e dunque poche linee di inserzione) significano che ogni cavetto è chiamato a "portare" un carico relativamente elevato e questo si traduce in una sensibile "trazione" sulla vela nel punto di inserzione. Per contro molti cassoni (molte linee di inserzione) distribuiscono il carico in modo più uniforme lungo tutta la superficie velica.

Le estremità alari terminano con bande di vela rivolte verso il basso: gli stabilizzatori.

Mentre un tempo la vela, quasi piatta, formava una angolo deciso con gli stabilizzatori, oggi tale angolo si è molto ammorbidito e, vista da davanti l'ala ricorda una mezzaluna: questa curvatura è detta campanatura e, insieme agli stabilizzatori, gioca un ruolo nel mantenimento dell'apertura della vela stessa (v. oltre).

I cavi si inseriscono nella vela tramite triangolini di tessuto, che hanno il compito di distribuire meglio il carico, rendendo più resistente l'inserzione.

Tutte le funi di una semiala si congiungono, tramite piccoli moschettoni a ghiera, a tre o più larghe fasce di tessuto: gli elevatori anteriori (detti elevatori A), quelli intermedi (B ed eventualmente C) e quelli posteriori; gli elevatori di ogni lato, a loro volta si riuniscono a formare uno dei due punti di aggancio del parapendio all'imbragatura.

Come vedremo, un'eccezione è rappresentata dalle ali (oggi poco utilizzate) per le quali è prevista anche una guida basculante: in questo caso arrivano alla selletta (che viene detta "di pilotaggio") almeno 4 moschettoni indipendenti (spesso 6), due per la semiala destra e due per quella sinistra.

Gli elevatori posteriori hanno un anello nel quale passa il cavo del freno che termina con una maniglia. Il cavo del freno, in prossimità della vela, si sfiocca in una serie di cavetti che si inseriscono nelle parti laterali del bordo di uscita della semiala. Un parapendio è guidabile anche senza freni, utilizzando gli elevatori posteriori, ma i primi rendono molto più preciso e meno faticoso il pilotaggio.

Sempre più diffuso, infine, è lo speed system o acceleratore, costituito da una coppia di cavi che, passando attraverso appositi anelli (già previsti nella maggior parte delle sellette) giungono ad una pedalina. Questi cavi sono studiati per trazionare verso il basso (quando il pilota spinge sulla pedalina) sia gli elevatori anteriori che quelli intermedi (B), anche se in misura differente: in genere gli elevatori A sono sollecitati al 100% dell'escursione mentre gli elevatori B al 50%.
In tal modo, azionando l'acceleratore, si modifica l'assetto della vela, riducendo l'angolo di incidenza lungo tutto l'ala.

Proprio per le sue caratteristiche di "apparecchio minimale" il parapendio deve essere perfettamente integro (non esistendo nulla di superfluo non ci si può permettere di averne alcune parti deteriorate).

Inoltre la struttura non è adatta a sopportare in sicurezza condizioni meteorologiche meno che ottimali: ecco l'importanza letteralmente "vitale" dello studio della meteorologia.


Figura 6-1. Il parapendio e la corretta denominazione delle sue parti.


CENNI SUI MATERIALI UTILIZZATI E SUL TIPO DI LAVORO CUI SONO SOTTOPOSTI
A differenza di quanto visto per il deltaplano, il parapendio, non ha parti rigide: ovviamente, quindi, sia i cavi che la vela sono sollecitati soltanto in trazione (e mai in compressione).


VELA
Vengono utilizzati numerosi e sofisticati materiali sintetici (fra i quali ricordiamo Mylar, Dacron e Trilam): i tessuti leggeri e porosi, tipici dei primi modelli derivati dai paracadute da lancio, hanno lasciato il posto a tele più rigide a porosità molto bassa; questa caratteristica li rende poco idonei a sostenere lo shock di apertura ad alte velocità.

Il tessuto, inoltre, mostra sempre una fitta trama a reticolo quadrangolare che ha lo scopo di distribuire uniformemente il carico e di impedire la propagazione di piccoli tagli.

Il principale nemico della vela è il sole, o meglio le radiazioni ultraviolette (U.V.) che esso emana. Per questo motivo non è consigliabile lasciare il parapendio esposto ai raggi solari più di quanto richiesto dalle normali operazione di volo: le lesioni da U.V. si esprimono, nelle fasi iniziali, con una perdita di consistenza ed un "impallidimento" dei colori. Un eccessivo invecchiamento si traduce, inoltre, in un aumento della porosità che, nei casi estremi, può determinare una tendenza allo stallo paracadutale (vedi); è dunque opportuno verificare o far verificare periodicamente lo stato del tessuto, specie per ali usate.

Più realisticamente i danni alla vela possono derivare dal fatto che essa venga tagliata da rametti, arbusti o rovi durante le operazioni a terra: ecco perchè gli istruttori sottolineano l'importanza di non "trascinarla" mai sul terreno e di adottare misure particolari nei decolli ricchi di tali insidiosi nemici.

CAVI
Si tratta, nella maggior parte dei casi, di cavetti in Kevlar prestirato, in Dyneema od in Vectran, ricoperti da materiale plastico: nei primi modelli, infatti, dopo alcuni voli, i cavetti avevano la tendenza ad "allungarsi" modificando sensibilmente le caratteristiche di sicurezza dell'ala stessa; oggi tale "rischio" è annullato dalla operazione di pre-stiramento, attuata direttamente dai produttori.

Con l'aumentare del numero di cassoni (e quindi di cavetti) la tentazione di ridurre i diametri (minore resistenza in volo!) ha indotto alcuni produttori ad utilizzare cavetti sempre più sottili, il cui vantaggio aerodinamico è spesso superato dal rischio di rottura sequenziale (un cavetto dopo l'altro) in caso di turbolenze che alterino la distribuzione del carico sui cavetti stessi.

Il carico di rottura di ogni cavetto, infatti, viene calcolato e prefissato in relazione al loro numero complessivo: più cavetti ci sono minore è il carico che ognuno di essi è chiamato a sopportare. Come per altre "macchine del cielo", comunque, la caveria deve poter sopportare, nel suo insieme, circa 8 G. Tra le situazioni che possono danneggiare i cavetti ricordiamo i piegamenti troppo drastici (piegamento a V) e la possibilità che subiscano lesioni dirette: calpestati sopra ad una roccia, impigliati durante un decollo, ecc..


FRENI
Due cavi particolari sono i "freni", solitamente in nylon: per il continuo sfregamento all'interno dell'anello che li guida, i freni sono il principale punto di usura di una vela volata bene.

Il loro metodico controllo e la loro periodica sostituzione sono semplicemente indispensabili per evitare di dover "guidare" con gli elevatori posteriori.

TRIM ED ACCELERATORE (Speed system)
Alcuni modelli sono dotati di trim che consentono di modificare la lunghezza degli elevatori posteriori e, quindi, l'incidenza dell'ala in volo. Il loro impiego non ha incontrato grande successo, soprattutto per la impossibilità di "disinserirli" rapidamente in caso di problemi. La esatta posizione dei trim dovrebbe essere sempre controllata, prima del volo, verificandone la simmetria.

Lo speed system (o acceleratore) lavora in trazione ed è importante verificarne la libertà di scorrimento e la assenza di grovigli o nodi che ne renderebbero asimmetrica od impossibile l'azione.

In alcuni modelli, l'acceleratore, agisce su una piccola "barra di distribuzione" che trasmette gli effetti a tutti gli elevatori che il progettista ha ritenuto di poter trazionare in volo. A differenza dei trim, l'acceleratore presenta il vantaggio di poter essere azionato e rilasciato in modo rapido.

MOSCHETTONI
Triangolari od ovali, i moschettoni di acciaio (meglio) o di alluminio che saldano l'ala alla selletta devono potersi chiudere e bloccare per mezzo di una ghiera a vite. Sono di gran lunga la parte più sovradimensionata di tutta la nostra attrezzatura e, se controllati prima di ogni volo, non daranno mai problemi.

Essi devono, tuttavia, venire sostituiti se presentano segno di ossidazione (patina bianca o nerastra) o se si osservano difficoltà all'avvitamento (indice di una possibile deformazione).


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