Trepalle, Ore 12.30: mi sono fatto lasciare qui dagli amici che sono venuti a sciare a Livigno con l'intenzione di percorrere la Val Vezzola verso Isolaccia con le ciaspole e rientrare a casa con gli sci. Inizio scendendo dalla statale verso l'imbocco della valle ma la neve è profonda e la crosta non è portante. Cerco di mantenermi sulla cresta dove la neve è meno profonda per "galleggiare". Scopro che il percorso che voglio seguire è parzialmente battuto da 2 tracce di sci, anche se da una prima occhiata sembrano solo tracce di discesa. Penso che questo mi risparmierà molta fatica. Purtroppo le tracce erano effettivamente di discesa e provenivano dal vicino monte Rocca, quindi sono costretto ad abbandonarle addentrandomi nel fondovalle dove la neve è più profonda. L'avanzamento è davvero difficoltoso: sprofondo fino al bacino e ogni passo richiede uno sforzo immane. Inizio a preoccuparmi quando vedo che il gps continua a dare oltre otto ore di tempo per arrivare a destinazione, nonostante io sia in movimento da un paio d'ore ormai. Cerco di portarmi sul versante battuto dal sole dove la neve è meno profonda e in alcuni punti si vede la roccia viva, ma anche qui ci sono punti in cui l'accumulo di neve è rilevante. Rifletto se sia opportuno o meno proseguire. Nel frattempo scorgo un segno positivo: anche se vedo Livigno ancora molto vicina, mi sembra di intravedere il colle dal quale dovrei iniziare la discesa. Questo è un percorso che ho già fatto una volta d'estate, ma sono passati ormai diversi anni. Fiducioso proseguo la faticosissima salita. E' la traccia che seguivano anni fa i contrabbandieri. Sono già le 15.30 e il sole ormai è coperto dalla montagna che ho sulla mia destra. Spero che, passando il valico, il sole possa ritornare a scaldarmi: fa molto freddo e sono sferzato da una brezza gelida. Superato il valico l'amara sorpresa: si tratta solo di un passaggio intermedio: per proseguire è necessario scendere e risalire nuovamente verso un altro colle. Ho fame ma ho solo con me un litro di tè caldo e tre arance che con il freddo sono diventate dure come patate. Fa troppo freddo per fermarsi e proseguo scendendo verso le malge di Trela. Il paesaggio è stupendo ma assolutamente desolato: non solo non si vedono tracce umane ma nemmeno passaggi di animali che solitamente si scorgono in queste zone. Da questo punto mi aspetta ancora una salita con una neve profondissima che mi costringe a lottare per ogni passo. Le ciaspole affondano senza pietà. In questi punti sarebbe meglio non averle, ma il freddo è tale che mi impedisce di fermarmi anche per pochi secondi per toglierle. La neve fin dall'inizio si è infiltrata nello nello scarpone e ha ormai ha deformato completamente l'imbottitura: sotto il tallone ho un blocco di ghiaccio di diversi centimentri e anche le caviglie sono strette da una morsa di ghiaccio. Per questo motivo sono costretto a fermarmi e raschiare il ghiaccio con i bastoncini da sci. Approfitto anche per sgranocchiare un'arancia. Squilla il telefono: il sengo è positivo. Anche se sono circondato dalle montagne il cellulare in questo punto riceve il segnale. Riesco così ad avvertire gli amici che va tutto bene e arriverò tardi. Finalmente alle 17.30 sono a quota 2350, dove inizia la discesa. Il sole ormai è tramontato ed iniza a fare buio. la discesa parte su un pendio marcato con crosta portante, ma in breve la neve torna ad essere molle e sprofondo. Cammino con gli sci, è sempre molto faticoso e mancano ancora otto chilometri ma la discesa sicuramente aiuta. Quando ormai è buio raggiungo alcune malghe e qui trovo tracce di passaggi umani. La neve è battuta e gli sci finalmente iniziano a scorrere. Il sentiero è ghiacciato e tortuoso ma ormai sento il profumo dell'arrivo. Da qui conosco bene la strada e potrei seguirla ad occhi chiusi. Non mi preoccupo nemmeno quando finiscono le batterie della torcia frontale, visto che la luna piena illumina tutta la valle. Un piccolo spavento ancora quando vedo l'ombra di un grosso animale che si muove vicino a me. E' solo un cavallo chiuso in un piccolo recinto vicino ad una malga apparentemente disabitata. Il cavallo è più spaventato di me dall'incontro notturno ed inizia a ragliare e scalciare. Proseguo silenzioso scivolando sulla traccia lasciata da alcuni sciatori. A quota 1650 non c'è più neve: mi tolgo gli sci, li ripongo nello zaino e mi incammino verso casa. Sono le 19.00 e mi mancano ancora 3 chilometri. Ci impiego solamente 40 minuti per arrivare a casa, stanco, affamato e bagnato, ma pronto per andare a cena in baita e fare l'ultima sciata notturna...
|
|||
in collaborazione con www.valtline.it - www.valtline.com
|