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Il Forte Venini
Il Forte Venini è collocato a 1.730 metri
di quota alle falde del Monte Masucco, in località Dossaccio,
e viene comunemente chiamato Forte di Oga o Forte Dossaccio.
La denominazione Dossaccio, riportata anche nelle cronache di
guerra, è riferita alla sua panoramica localizzazione dominante
sulla conca di Bormio mentre la dizione Forte di Oga è
relativa alla sua vicinanza con la frazione omonima. La giusta
denominazione di Forte Venini è dovuta alla dedicazione
del forte al valtellinese capitano Venini, medaglia d'oro al valor
militare.
La storia del forte inizia nel 1899 quando la Commissione Suprema
di Difesa stabilisce che per il controllo della strada dello Stelvio
deve essere realizzata una struttura fortificata alle Motte di
Oga a protezione di un'eventuale penetrazione austriaca lungo
il passo stesso. Infatti, pur se uniti dal patto di non belligeranza
della triplice alleanza i comandi militari italiani, come del
resto quegli austriaci, avevano da tempo iniziato il rafforzamento
delle linee di confine. Il progetto non venne però realizzato
e solo nel 1911, seguendo il piano generale di difesa dei valichi
alpini, elaborato dal generale del Genio Enrico Rocchi, che prevedeva
la realizzazione di ben 44 forti lungo la linea di demarcazione
tra l'Italia e l'Impero Austro-Ungarico, vennero iniziati i lavori
che si conclusero alle fine di dicembre del 1913.
L'originaria collocazione alle Motte di Oga, ritenuta troppo esposta
ad eventuali tiri avversari e meno favorevole per un controllo
più esteso del territorio, venne sostituita con quella
del Dossaccio, posta più a monte di circa 300 metri. Dalla
dominante ubicazione si potevano battere obiettivi al Passo dello
Stelvio, alla Bocchetta di Pedenolo, al Passo delle Torri di Fraele
e al Passo del Foscagno, controllando in tal modo tutti gli eventuali
valichi potenzialmente sottoposti ad un eventuale attacco avversario.
Prima dello scoppio del conflitto il forte risultava perfettamente
funzionante e dotato di 4 cannoni da 120 mm a lunga gittata i
cui proiettili potevano raggiungere anche i 13 chilometri di distanza.
Il forte è strutturato con blocchi di granito disposti
ad "opus incertus" mentre sono squadrate e finemente
lavorate le pietre di tonalite che riquadrano porte e finestre.
La copertura, di notevole spessore, è in cemento.
L'ingresso al forte avviene per mezzo di un portale ad arco che
immette, attraverso un ponte a scorrimento, nel lungo cortile
interno che contorna tutto il forte con muri alti fino a 5metri
fungendo da fossato.
Quando il ponte era aperto si apriva nello spazio sottostante
un fossato sul fondo del quale erano distribuiti numerosi spuntoni
acuminati, alcuni dei quali sono ancora visibili all'esterno delle
mura di cinta.
Il fortilizio è sviluppato su due piani. Al piano terra
erano collocati: il corpo di guardia, il magazzino, la cucina,
la dispensa, la latrina truppa e la latrina ufficiali, due sale
di caricamento dei proiettili, due caponiere per la difesa ravvicinata
del forte attuata con mitragliatrici tipo Gartner modello 1866
con tiro utile fino a 2 chilometri, un montacarichi, tre magazzini
per proiettili, due camerate, l'infermeria, l'armeria, la sala
del generatore di corrente, la sala batterie, l'alloggio ufficiali,
una latrina supplementare.
Al primo piano erano disposte: la sala comando, 4 riservette per
le munizioni in ognuna delle quali potevano essere collocati 350
proiettili, la quinta riservetta, adiacente la sala comando, conteneva
le cariche di lancio. Sullo stesso piano erano allogati i quattro
cannoni da 120/40 speciali, posti su piattaforme girevoli e ospitati
in cupole corazzate tipo Armstrong prodotte negli stabilimenti
di Pozzuoli. Essi potevano ruotare, solidamente alla piattaforma
e alla cupola, di 360° con un settore di tiro verticale da
-8 a + 42 gradi e una gittata massima intorno ai 13.000 metri.
Sulla copertura sono evidenti le 4 cupole corazzate e le due torrette
da mitraglia rispettivamente sui lati est ed ovest. La polveriera
e il locale caldaia erano esterni alla struttura del forte nel
sottoterra e completamente isolate.
I pezzi in dotazione al forte, pur non rivestendo un ruolo primario
durante tutto il conflitto, contribuirono con le altre artiglierie
dislocate su tutto il territorio bormiese, alla difesa della Valtellina.
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